Come il covid ha influenzato i beni culturali (una prospettiva vista dalla generazione Z)

La morsa della pandemia non ha risparmiato nemmeno i beni culturali. Musei e biblioteche hanno dovuto chiudere al pubblico, segregando al loro interno opere con un valore artistico inestimabile.

Tutte le statue e i dipinti sono stati costretti ad ammirarsi tra loro, immersi nel silenzio di un museo vuoto, senza che nessuno sguardo incantato posasse su di loro la propria meraviglia. E tutti gli scaffali pieni di libri, che conservano tra le pagine le parole e gli odori di un tempo passato, si ritrovano lì, da soli, senza che alcuno studente, passando di fretta, si fermi ad annusare le loro pagine. Tutte queste esperienze sono state imprigionate, come le opere dentro ai musei.

Anche le mostre virtuali causano svenimento?

A fronte di questa situazione le istituzioni museali hanno cercato di far sì che l’arte non restasse reclusa tra le mura dei musei, organizzando visite virtuali.

I Musei Vaticani, per esempio, hanno messo a disposizione vari percorsi per compiere un tour a 360 gradi della Cappella Sistina, degli appartamenti papali affrescati da Raffaello e di alcune delle collezioni più importanti, come il Museo Chiaramonti e il Braccio Nuovo, che espongono sculture, sarcofagi e iscrizioni in pietra. Passando inoltre per il Museo Profano, con opere antiche greche e romane, per la Cappella Niccolina, affrescata da Beato Angelico, e per la Sala dei Chiaroscuri, con opere molto importanti di Raffaello.

Anche gli Uffizi hanno messo a disposizione tour virtuali, permettendo di poter percorrere tutte le sale del museo e di poter attingere, almeno virtualmente, alla bellezza dei suoi capolavori.

Se c’è sulla terra e fra tutti i nulla qualcosa da adorare, se esistesse qualcosa di santo, di puro, di sublime, qualcosa che assecondi questo smisurato desiderio dell’infinito e del vago che chiamiamo anima, questa è l’arte.

Queste sono le parole di Flaubert in Memorie di un pazzo. Ma una domanda sorge spontanea. Queste parole, così pregnanti, o Stendhal, che sviene a Firenze perché “giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti e i sentimenti appassionati”, sarebbero esistiti se le mostre fossero state virtuali? Beh, la risposta penso sia ovvia…no!

Le prime riaperture

Negli ultimi mesi, con la famosa divisione in colori dell’Italia, durate gli sporadici e, purtroppo, brevi periodi di zona gialla, i musei hanno avuto la possibilità di aprire le loro porte. Ovviamente con dei numeri di visitatori limitati, muniti di mascherina e con mani ben disinfettate. Ma l’affluenza non è più la stessa, i visitatori sono calati drasticamente rispetto agli ormai così lontani tempi senza Covid. L’ANSA, il 25 novembre ha infatti dichiarato:

Niente sarà più come prima, nemmeno per mostre e musei. E anche se una volta superato il dramma della pandemia i turisti, anche quelli internazionali, riprenderanno ad affollare monumenti e centri storici, ci vorranno anni, almeno fino al 2023.

Nell’assenza dell’arte

L’arte spazza la nostra anima dalla polvere della quotidianità

Pablo Picasso

Molti studi certificano l’importanza dell’arte in relazione alla salute mentale e alla sua funzione catartica. Anche nella storia è possibile trovare molti pensatori, autori e artisti sulla stessa lunghezza d’onda.

Perché alla fine l’arte è libertà, è bellezza e interpretazione. L’arte è scoprire e scoprirsi. Alle volte non c’è modo migliore che un bel giro al museo per sentirsi capiti. Perché l’arte è anche sofferenza, disperazione, emozioni dipinte su tela o scolpite nella roccia.

Questa pandemia non ci sta solamente privando di costosissime e famosissime opere d’arte, ma anche di noi stessi. Ci sta privando di quel ritratto che in base al nostro umore modifica un’espressione del suo sguardo solo per farci sentire capiti, di quella statua che con la sua solennità ci ricorda quanto siamo piccoli e che forse chiedere scusa è meglio di tenere il broncio tutto il giorno, magari per una litigata in biglietteria. Tutto questo è quello che è rimasto imprigionato dentro ai musei e che ora aleggia nel silenzio delle loro stanze, con ritratti che sono un pochino più nostalgici, perché privati degli sguardi complici di coppie innamorate.

Ma una cosa non rimarrà chiusa dentro ai musei, la voglia di assaporare l’arte in ogni suo dettaglio e di correre tra le opere fino a perdere il fiato, pur di battere i famosissimi nove minuti e quarantacinque secondi della visita più veloce al Louvre.

Fonti:

Gustave Flaubert, Memorie di un pazzo, Passigli, 2007.

Ansa.it

Italia.it


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