L’Italia è il paese più vecchio del mondo: dagli anziani alla natalità
L’Italia è il paese più vecchio al mondo. Quante volte abbiamo sentito dire questa frase? E non ci riferiamo, in questo caso, alla lunghissima e famosissima storia che vede protagonista, da sempre, il nostro territorio. Ci riferiamo invece al numero di persone anziane che vive in Italia, e alla natalità sempre più carente.
Nel nostro paese, scoprendo le statistiche, i vecchi sono più dei giovani. Inoltre, non c’è un ricambio generazionale. Questo a causa della scelta, sempre più condivisa, di non avere figli oppure di averli il più tardi possibile.
A questo punto c’è da chiedersi: perché il tasso di natalità in Italia è così basso? Quali sono le cause, sociali ed economiche, che spingono i cittadini a non fare figli o a farne sempre meno? Qual è la situazione degli altri paesi?
La popolazione anziana in Italia
L’Italia è stata classificata come il secondo paese più vecchio al mondo, mentre è primo in Europa per popolazione anziana. Nel nostro paese ci sono, infatti, oltre 14 milioni di persone che superano i sessantacinque anni. Tra queste, 7 milioni superano i settantacinque anni.
Si tratta di numeri impressionanti, che ci fanno rendere conto della qualità della vita e del sistema sanitario italiano. Nel nostro paese ci sono cure, prevenzione e farmaci adeguati a prevenire e curare la vita dei cittadini. L’aspettativa di vita si allunga, di conseguenza. C’è da aggiungere che, per quanto riguarda l’aspettativa di vita, è importante tenere in considerazione anche l’alimentazione, lo stile di vita dell’individuo, la qualità dell’aria e tanti altri fattori.
La popolazione anziana all’estero
Solo un paese ci supera per il numero di anziani, e stiamo parlando del Giappone. In questo caso, una persona giapponese su quattro ha più di sessantacinque anni.
Per arrivare ad una panoramica completa, il terzo paese al mondo per numero di anziani è la Grecia. Tornando alla situazione italiana, possiamo aggiungere che il nostro paese ha un altro primato in Europa. Infatti, l’età media in Italia è la più alta. Si attesta sui 46,7 anni, mentre in Europa è di tre anni inferiore.
Cosa è successo alla natalità in Italia?
In Italia, gli individui che hanno tra zero e i quattro anni raggiungono a malapena il 3,9% della popolazione totale. Per quanto riguarda le persone under 19, si attestano sul 18%. In questo caso ci troviamo di fronte ad un primato negativo, poiché si tratta della percentuale più bassa in tutta Europa.
I dati del 2020 e del 2021
Andando ad analizzare i dati dell’ultimo anno, l’Istat ha calcolato che nel 2021 ci sono state 12 mila e passa nascite in meno, rispetto all’anno precedente. Nel 2020 erano state 15 mila in meno rispetto al 2019, con un incremento notevole negli ultimi mesi dell’anno.
Sicuramente questi dati sono una rappresentazione diretta degli effetti della pandemia. È naturale comprendere come il Covid abbia spazzato via ogni tipo di certezza nella vita di ognuno di noi. In una situazione del genere, specialmente se contiamo i primi mesi drammatici di inizio 2020, appare più che comprensibile la scelta delle coppie di posticipare l’arrivo di un figlio.
Aldilà della pandemia, cosa porta alla scelta di non avere figli?
Tuttavia, la drammatica pandemia che ci troviamo ad affrontare, ormai da tempo, non è la sola responsabile del calo delle nascite. Anche prima del 2020, le persone decidevano di non avere figli.
L’età media di una neomamma, in Italia come in moltissimi altri paesi, è aumentata vertiginosamente rispetto a pochi decenni fa. Questo dato indica come la nostra società sia cambiata.
Dal punto di vista economico, la crisi globale in cui siamo invischiati da anni porta, inevitabilmente, a situazioni di incertezza riguardo il futuro, specialmente lavorativo. La scelta di crescere un figlio è vista come un impegno importante, da prendere solamente nel caso vi sia una stabilità economica e finanziaria, che fatica ad arrivare.
La situazione sociale degli ultimi anni
Dal punto di vista sociale, invece, l’importanza data alla famiglia e alla crescita dei figli è minore rispetto al passato. La retrograda visione della donna, dipinta esclusivamente come madre e moglie, è ormai superata. Le donne sono studentesse, imprenditrici, donne in carriera. Possono raggiungere qualsiasi obiettivo lavorativo, anche scegliendo di rinunciare all’ambito della maternità.
Considerando invece le coppie che, indipendentemente dalla carriera lavorativa, sognano di avere dei figli, la situazione non cambia. In questo caso, come accennato sopra, vengono implicate ragioni economiche. Le coppie si specializzano nell’ambito lavorativo, tramite studi e specializzazioni. Solo una volta raggiunta una situazione lavorativa stabile, decidono di concepire un figlio.
Queste scelte, però, portano inevitabilmente (nel bene e nel male) ad un calo delle nascite e ad un’età media dei genitori sempre più alta.
La natalità nel mondo
I paesi in cui ci sono tassi di natalità più alti sono quelli in via di sviluppo. Tuttavia, anche in questi territori, si sta assistendo ad un calo delle nascite.
Questo a causa dello sviluppo sociale ed economico, che implica forme di prevenzione, sistemi sanitari adeguati, opportunità di lavoro e di studio per le donne. In una società in cui si educano gli adolescenti alla prevenzione riguardo nascite indesiderate, in cui le donne hanno la possibilità di scegliere se lavorare o dedicarsi ai figli, è naturale che le nascite diminuiscano.
C’è quindi da chiedersi se questo sia un male o un bene, anche considerando tematiche come la sovrappopolazione, l’emergenza climatica in corso e l’emancipazione femminile. Le famiglie devono continuare ad allargarsi o siamo veramente troppi al mondo?
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