Il capitalismo e il consumismo sono subentrati nelle vite di tutti in modo silenzioso: siamo continuamente immersi in queste dinamiche che hanno influenzato il nostro modo di pensare e di essere umani.
Il termine capitalismo
Il termine capitalismo si diffonde intorno alla metà del 19 secolo, per indicare il sistema economico in cui i lavoratori sono esclusi dalla proprietà del capitale.
Nel XX secolo è l’espressione neocapitalismo ad essere diffusa: essa pone l’accento sul progresso tecnologico e sull’automazione, sul prevalere dell’oligopolio e sull’affermarsi delle imprese multinazionali.
Nel corso della storia, il capitalismo è stato visto come il metodo migliore per lo sviluppo economico: ha consentito, infatti, a paesi come gli Stati Uniti di diventare una delle potenze di livello mondiale.
E Consumismo
Il consumismo è un fenomeno economico-sociale, tipico dei paesi ad elevato reddito, ma può essere presente anche nei paesi di via sviluppo.
Possiamo legare il concetto di consumismo a due concetti molto importanti.
Il primo viene descritto da Veblen che definisce il concetto di “consumo vistoso” la propensione ad acquistare beni che in realtà non sono apprezzati per il loro valore intrinseco ma per l’attribuzione di status sociale di classe agiata.
L’altro è di F. Hirsch che ha definito i “beni posizionali” i beni di cui usufruiscono coloro che occupano una posizione sociale di prestigio.
Gli eredi del capitalismo e del consumismo
Una delle conseguenze che interessa di più il consumismo, figlio diretto del capitalismo, riguarda la perdita di valori e la crescita del fast, di qualsiasi natura e forma.
Se da una parte, infatti, ci sono giovani che si interessano maggiormente alla lotta al cambiamento climatico (in Italia nel 2021 erano circa 44%) e alla lotta alle discriminazioni, dall’altra parte c’è ancora molto lavoro da fare, non solo fra le classi meno agiate che hanno avuto più difficolta nell’accedere alla cultura, ma anche fra coloro che hanno avuto più possibilità di formarsi.
Il fast, sia fashion che food, ha modificato le vite di ognuno di noi. Siamo costantemente proiettati alla rapidità con cui possiamo consumare il prodotto e non cogliamo l’attimo, lo distruggiamo ancora prima di averlo creato. Non siamo interessati e forse abbiamo perso la capacità di cogliere ogni dettaglio.
Generazione a confronto
Sono definiti Millennials coloro che sono nati tra il 1981 e il 1996, all’incirca. Questa generazione ha vissuto la trasformazione digitale e gli effetti della nascita di Internet.
I consumatori di questa generazione si identificano in un particolare gruppo e mostrano così la propria identità.
La generazione Z include coloro che sono nati tra il 1997 e il 2012: hanno vissuto in un mondo digitalizzato, una grande parte di essi lotta per i diritti LGBT, l’ambiente e per molti altri temi.
L’era della pandemia Covid-19 ha inciso sulla salute mentale di moltissimi giovani che hanno subito danni quasi irreversibili.
L’aiuto psicologico e il bisogno degli individui è aumentato notevolmente.
E il vintage
Uno degli aspetti più interessanti della nostra società riguarda il mercato del vintage. Come già detto, infatti, di fronte alla celerità del consumismo e del capitalismo, il mercato del vintage rappresenta una delle tante vie di fuga.
Cosa spinge di più al consumo di abbigliamento usato?
Innanzitutto il fatto di poter acquistare ad un prezzo più accessibile, senza però rinunciare alla qualità.
Nella ricerca del prodotto, il prosumer è sempre più coinvolto in processi di collaborazione ma è anche indotto dal fatto di voler trovare una propria identità e del fatto di non voler essere conforme agli altri.
Nei mercati dell’usato e all’interno dei negozi, il consumatore è coinvolto in modo più attivo. L’alienamento che avviene nei centri commerciali trascina le persone all’interno di un mondo passivo, caratterizzato da frenesia.
Il ritorno all’artigianato viene considerato come una necessità sempre più costante così come il trasferimento di masse di popolazione dalla città alla campagna.
Questo fenomeno è nato soprattutto in relazione allo stress post-traumatico dovuto proprio alla pandemia.
Infine
Dobbiamo tutti prendere atto del fatto che il nostro mondo abbia bisogno di un rallentamento, la crisi climatica e sociale che stiamo vivendo è una conseguenza diretta di ciò.
Solo la volontà di ognuno di noi potrà combattere i fenomeni attuali come le guerre e il cambiamento climatico. Non dobbiamo dimenticare che tutte le azioni che esercitiamo sugli altri e sull’ambiente influenzeranno direttamente futuro.
Fonti
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