La cancel culture che rimuove i monumenti

La cancel culture che rimuove i monumenti si collega facilmente a un evento non troppo lontano da noi. Nel novembre del 1989, alzando gli occhi al cielo di Berlino, con un po’ di fortuna si sarebbe potuto osservare Lenin volare appeso ad un elicottero. Il regime comunista della Germania Est stava crollando assieme al suo famoso muro. Le statue celebrative del rivoluzionario russo venivano sistematicamente rimosse come simbolo di oppressione sovietica. L’Occidente celebrava festante questo rito. Quando un regime crolla, le statue cadono. È successo nei paesi del Patto di Varsavia, in quelli dell’Asse, anche nei regimi autoritari del Medio Oriente invasi dalla NATO. Una statua non è (solo) un documento storico, ha una funzione celebrativa, esalta ciò che rappresenta. La sua rimozione sta a significare il radicale cambiamento dell’opinione pubblica rispetto a ciò che la statua rappresenta. Il cambio del regime politico di quella comunità.

La rimozione delle statue confederate negli USA

A seguito del massacro di Charleston del 2015, in cui un neonazista uccise nove cittadini afroamericani, ci fu un’ondata di indignazione generale. Si iniziò a parlare dell’utilità di rimuovere simboli celebrativi del passato schiavista americano, come appunto le statue di leader e generali confederati. L’omicidio di George Floyd nel 2020 ha esacerbato il clima di rabbia della comunità afroamericana. In molti casi singoli comuni statunitensi hanno adottato provvedimenti normativi per rimuovere le suddette statue. Si è dunque aperto un dibattito attorno a quella che è stata denominata “cancel culture“. La disputa è tra chi ritiene sia giusto eliminare monumenti celebrativi per gli schiavisti e chi li considera parte integrante della storia e della cultura americana.

La cancel culture arriva in Italia

Come spesso accade, ogni tendenza che si sviluppa negli States arriva, con qualche tempo di ritardo, anche in Europa e nel nostro paese. Il dibattito sulla cancel culture ha iniziato a diffondersi anche in Italia, paese con una storia ed una composizione sociale ed etnica totalmente diversa dagli Usa. In Italia il tema dell’abbattimento dei monumenti ha riguardato principalmente due fattispecie: i residuati del fascismo e la memoria del colonialismo italiano.

I residui di monumenti fascisti

Riguardo al primo caso, come detto sopra, l’Italia ha già affrontato un’ondata di abbattimento di statue e monumenti fascisti. Dopo la caduta del regime tutte le statue di Mussolini, tutti i fasci littori, quasi tutte le opere celebrative furono rimosse. Guardando attentamente i tombini di alcune città si potranno notare i resti di un fascio littorio rimosso con l’acido. Tuttavia, alcuni piccoli residui di questi monumenti sono rimasti, come la scritta “Dux” sull’obelisco del Foro Italico a Roma: in molti ne hanno chiesto la cancellazione, sollevando un intenso dibattito con chi invece ritiene quella scritta ormai parte della nostra storia nazionale.

La statua di Indro Montanelli

Rispetto alla seconda casistica, invece, il caso più eclatante è quello della statua di Indro Montanelli a Milano. Il celebre giornalista italiano partecipò nel 1935 alla conquista Italiana dell’Etiopia e sposò una bambina indigena di 12 anni. Diversi anni dopo si difese in una trasmissione sostenendo che “in Africa è un’altra cosa”. Con l’arrivo della “cancel culture” in Italia in molti hanno sostenuto l’utilità di rimuovere la statua che celebra la memoria di Montanelli come grande giornalista a Milano; altri hanno chiesto che accanto alla statua venga posta una targa che ricordi anche le violenze sessuali di Montanelli in Abissinia ed altri ancora hanno proposto di affiancargli una statua della bambina etiope. La statua di Montanelli è stata più volte imbrattata di vernice e scritte accusatorie nel corso degli ultimi anni.

Le ragioni dei sostenitori della cancel culture

Per i sostenitori di queste azioni abbattere le statue ed i monumenti celebrativi è un modo per contribuire al cambiamento dei valori condivisi in una società. Ogni comunità umana ha dei valori morali sui quali si basa la convivenza pacifica degli individui. I valori morali sono in continuo cambiamento, quello che è o meno accettabile varia a seconda delle epoche storiche. Negli USA, durante il diciannovesimo secolo, era perfettamente accettabile possedere degli schiavi e disporre della loro vita, nei decenni successivi era ancora legittimo ritenere gli afroamericani inferiori e sostenere la loro segregazione legale. Ora non lo è più, ma permangono delle disuguaglianze che gli afroamericani vogliono superare. Le statue, come detto, non sono solo una testimonianza storica, sono anche un modo per celebrare pubblicamente un individuo o un insieme di valori. Abbatterle, come quando crollano dei regimi autoritari, significherebbe superare quei valori che non rappresentano più la nostra comunità.

Venendo agli episodi Italiani, la cancellazione della scritta Dux sull’obelisco sarebbe un modo per chiudere in maniera ancora più netta i conti col fascismo. La rimozione o la modifica della statua di Montanelli un modo per affiancare alla narrazione del grande giornalista, quella dei gravi crimini commessi dal colonialismo italiano, spesso taciuti.

Le ragioni dei detrattori della cancel culture

Gli oppositori della cancel culture e dell’abbattimento dei monumenti sottolineano come sia sbagliato cancellare ed eliminare delle parti della nostra storia e della nostra cultura che non gradiamo. È difficile tracciare un vero confine tra ciò che è un documento storico e quello che rappresenta una celebrazione di determinati valori. Abbattendo le statue di tutti coloro i quali abbiano commesso crimini o azioni controverse sarebbero in poche a rimanere in piedi. In passato i valori morali erano diversi rispetto ad oggi, quindi chiunque, anche i personaggi che riteniamo più gloriosi, ha commesso azioni che oggi giudicheremmo come deplorevoli. Estremizzando il concetto di cancel culture si arriverebbe ad abbattere il Colosseo e tutte le statue greco-romane in quanto espressione di una cultura schiavista e violentissima. Inoltre, perseguendo questa tendenza, si rischia di rincorrere una logica dicotomica troppo semplicistica in cui il mondo si divide solo in bene e male; buoni e cattivi. La realtà, invece, è spesso fatta di sfumature. Personaggi gloriosi, giustamente celebrati per delle azioni, possono essere condannati  per altri atti terribili.

Conclusioni

Il tema è sicuramente complesso, liquidarlo in un modo o nell’altro in maniera sbrigativa è sbagliato. Se da una parte è difficile non comprendere le ragioni di un afroamericano discriminato per tutta la vita che vuole abbattere i simboli di quel sistema razzista e costruire una narrazione nazionale più inclusiva, dall’altra il rischio di cadere nella follia iconoclasta è reale. I confini tra storia e propaganda, tra ciò che è ancora attuale e ciò che è passato agli annali, e soprattutto tra ciò che è accettabile e ciò che non lo è sono sfumati.

Tutti saremmo d’accordo sulla rimozione di una statua dedicata ad Hitler e nessuno sull’abbattimento di un monumento ad Anna Frank. Tra questi due casi estremi, però, esiste una galassia di situazioni intermedie che rende molto complicato tracciare una linea netta tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. L’unica soluzione è forse un misto di conoscenza e democrazia. Istruire le nuove generazioni e poi lasciare che siano loro a scegliere da cosa e come essere rappresentate.


Fonti:

en.wikipedia.org

www.artribune.com

www.washingtonpost.com

www.huffingtonpost.it

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