Immigrazione: tra mafia e diritti universali

Il fenomeno dell’immigrazione interessa il nostro paese da circa quarant’anni e, da allora, è sempre rimasto al centro del dibattito politico. La strumentalizzazione di questo fenomeno, da parte della politica e dei mass media, ha tuttavia portato ad una percezione spesso alterata dei flussi migratori e di cosa essi possano comportare. La complessità e la gestione dell’immigrazione, soprattutto clandestina, si è tradotta in un’ostilità sociale largamente diffusa, facendo che venissero alimentate ideologie politiche che associassero la presenza di immigrati con il tasso di criminalità o maggiore insicurezza. Alcuni studi hanno dimostrato come alla figura del migrante vengano associati sentimenti di ostilità, disordine o devianza sociale.  

Nessuno verrà a cercarti

Ad oggi, dall’inizio del 2021 sono sbarcati in Italia 24.779 migranti. Largamente diffusa e ciclicamente riproposta è la convinzione che una volta arrivati, gli immigrati, siano soggetti ad una serie di doveri, e in quanto avendo varcato dei confini illegalmente perdano qualsivoglia diritto. Spesso viene loro negata la dignità, detenuti senza alcun motivo, venduti, uccisi. Drammatiche sono le condizioni dei campi libici dove gli aguzzini, spietati, chiedono riscatti alle famiglie di chi, senza alcuna speranza, scappava dal proprio paese.

Il lavoro di Amnesty International

I dati forniti da Amnesty raccontano ancora una volta storie di violenze ed abusi indicibili legati all’immigrazione. Si parla di “orribili violazioni dei diritti umani” nei centri di detenzione. Si parla di violenze sessuali e fisiche, torture, estorsioni perpetrate nei confronti di uomini, donne e bambini ingiustamente reclusi, riportati sulle coste nordafricane dopo aver tentato la traversata del Mediterraneo. Il trattato, dal titolo estremamente evocativo ed al contempo doloroso No one will look for you”, nessuno verrà a cercarti, ha messo in luce come queste violazioni continuino a rimanere impunite.

Il governo libico e gli stessi stati membri dell’UE, sembrano condonare tali brutalità. Un dipartimento del ministero dell’Interno della Libia non solo non ha attivamente contrastato le violenze ma ha instaurato nuove strutture detentive. Il rapporto ha inoltre sottolineato la perdurante complicità degli stati europei, che continuano vergognosamente a rafforzare e assistere i guardacoste libici nella cattura di persone in mare e nel ritorno forzato di queste ultime nell’inferno dei centri di detenzione della Libia”, e così dichiara anche la vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord, Diana Eltahawy. La cooperazione con il governo libico rende, di fatto, l’Europa complice delle brutalità che accadono. Il grido di Amnesty alle autorità è che vengano garantiti i diritti fondamentali dell’uomo ed i responsabili di questi crimini vengano equamente processati nel rispetto dei principi internazionali.

Business della clandestinità

All’interno di queste dinamiche il ruolo svolto dalla criminalità organizzata e dalle mafie è tristemente cruciale. Persone costrette a lasciare il proprio paese d’origine spesso si affidano ad organizzazioni criminali e fraudolente per compiere dei veri e propri “cammini della speranza”. I profitti stimati per il business della clandestinità sono vicini a quelli del narcotraffico, aggiratosi intorno ai cento milioni per gli sbarchi del 2013, e le parti coinvolte sono molteplici. Non si tratta infatti solo di organizzazioni mafiose presenti sul territorio italiano, bensì di cellule che operano a livello internazionale, soprattutto nei paesi di partenza ed arrivo degli sbarchi dell’immigrazione, come Nord Africa ed in Europa. Non vi sono dati ufficiali ma si pensa che le somme siano largamente sottostimate. Il costo di un viaggio in clandestinità può variare dagli 800 dollari circa sino a 3750 dollari.

‘Ndrangheta e immigrazione 

In Italia la DIA (Direzione Investigativa Antimafia) si occupa di mettere in luce le diverse inchieste da essa condotte relative al coinvolgimento della ‘ndrangheta, attiva prevalentemente sul territorio calabrese, nel meticoloso controllo e nella gestione degli sbarchi sulle coste della penisola. Le relazioni delle mafie con altre organizzazioni criminali straniere si estendono anche allo sfruttamento di esseri umani. Essi vengono indirizzati verso la prostituzione, lo spaccio ed il moderno schiavismo concretizzato dal lavoro in nero nei settori agricoli. La problematica della mancata regolarizzazione dei migranti impiegati nelle compagne da parte del governo contribuisce e condona l’abuso della mafia di questi lavoratori. Violando conseguentemente l’Art.5 della Convenzione OIL n. 143 del 24 giugno 1975, sulle migrazioni in condizioni abusive e sulla promozione della parità di opportunità e di trattamento dei lavoratori migranti. 

Per la ‘ndrangheta un migrante vivo o morto non fa nessuna differenza. L’inchiesta Rinascita-Scott, condotta nel 2017, ha mostrato come questa associazione mafiosa, priva di scrupolo alcuno, falsando numerose gare d’appalto, è riuscita a lucrare sulle tumulazioni delle salme dei profughi che avevano perso la vita in mare.  

Fonti:

repubblica.it

corriere.it

interno.gov.it

asgi.it

amnesty.org


Credits:

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