Il رمضان, quello del Ramadan, è il mese più importante per la comunità musulmana di tutto il pianeta. Si stima che i credenti siano all’incirca 1,8 miliardi di persone, circa il 23,4% della popolazione.
La crisi economico–politica che stiamo attraversando sta mettendo a dura prova moltissime persone e famiglie musulmane nell’osservazione di questo periodo.
Pandemia e guerre
Dopo 2 anni di pandemia, crisi economica e finanziaria, il رمضان risulta essere compromesso dalla guerra in Ucraina. Infatti, in Medio Oriente sono giunti gli echi di questo aspro conflitto.
La stessa comunità musulmana ha voluto esprimere un pensiero di vicinanza ai musulmani che vivono in Ucraina.
Oltre a questa insicurezza e precarietà, si uniscono anche altri fenomeni di tensione che caratterizzano questo mese. Ad esempio, nella città santa di Gerusalemme, per i palestinesi che vivono su queste terre – soggetti ormai da anni a conflitti e barbarie.
Ma anche dentro e fuori Gaza e la Cisgiordania. Fanno eccezione i paesi più agiati economicamente, come ad esempio Kuwait, Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti.
Elemosina
Durante il mese di Ramadan (رمضان), molte persone hanno deciso di sfruttare l’elemosina, ossia Zakat al – Fitr, il terzo pilastro per le persone maggiormente colpite dai conflitti, in particolare quello attuale, e anche per coloro che ne hanno più bisogno.
Nimatova, originario della Crimea e capo della lega musulmana in Ucraina, afferma che a causa di questo conflitto “si deve riadattare tutto”.
Infatti, durante un periodo come questo, non è facile professare la propria fede, ci si deve adattare al coprifuoco, alle bombe, al pericolo imminente.
Restrizioni nel Ramadan
Le modalità con cui si può professare una religione, cambiano da contesto a contesto e non sempre risulta facile adattarsi a quello che succede.
Basta pensare a come negli ultimi due anni, infatti, la pandemia ha modificato radicalmente le nostre visioni.
Sono state attuate, infatti, una serie di misure restrittive per limitare la diffusione dei contagi. In alcuni paesi, come ad esempio in Turchia, i medici avevano chiesto un lockdown nazionale per il Ramadan.
Il caso dell’Azerbaigian
Il caso dell’Azerbaigian è emblematico, poiché ha deciso di distaccarsi da Mosca per quanto riguarda il Ramadan. Infatti, si è deciso di modificare di qualche giorno la data di inizio del mese – e seppur la modifica sia minima, si tratta comunque di un evento significativo.
Baku, capitale sunnita di non poca rilevanza, ha deciso dunque di non seguire il calendario degli iraniani sciiti bensì quello seguito dai turchi.
Gli azeri, infatti, sono un ceppo di origine turco e la loro repubblica è ex–sovietica. Gli azeri, invece, sono nell’orbita di Mosca da metà dell’Ottocento.
Europa e Ramadan
Anche in Europa, si percepisce una situazione di tensione e paure poiché oltre alla guerra che imperversa in Ucraina ormai da quasi due mesi e che smuove le nostre anime, anche in Israele non si vive un’aria pacifica.
In otto giorni, undici persone hanno perso la vita in tre attacchi terroristici che hanno colpito nel il paese a Beer Sheva, nel profondo sud del deserto del Negev.
Questi attentati a catena, rivendicati dall’ISIS e perpetrati da arabo-israeliani, non avvenivano da diversi anni.
Diverse condanne sono arrivate da molti paesi, tra cui anche l’Egitto, che ha esortato a mantenere un clima più possibile pacifico e di dialogo, cosa che attualmente non sta avvenendo.
Oltre a ciò, all’incertezza, si aggiunge l’aumento dei prezzi del carburante e dei beni essenziali, i quali negli ultimi mesi hanno raggiunto cifre molto elevate.
Tutto ciò non fa altro che peggiorare la crisi delle famiglie: molte di queste, infatti, hanno fatto molte rinunce, si stima che le spese sono diminuite notevolmente. Si consuma di meno, dunque.
Speranza e futuro
Tutta la comunità internazionale si augura quindi che le tensioni e i conflitti possano cessare e si possa ritornare a un periodo di relativa pace e sicurezza.
Il dialogo e la diplomazia, al momento mancanti, sono il principio primo e ultimo per poter convivere pacificamente, anche laddove le culture (e quindi anche la religione) siano diverse.
Quello che si deve comprendere è che la diversità interculturale non è fonte di deficit bensì di accrescimento culturale.
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