Vince chi urla di più
Forse sarebbe più corretto chiedersi se al giorno d’oggi esiste, prima ancora di capire dove si trova, un confine tra politica e spettacolo. Soprattutto per quanto concerne il nostro Paese, è difficile trovare un programma o una trasmissione in cui il dibattito politico sia serio, rispettoso e costruttivo. Siamo ormai abituati a confronti politici che assomigliano più a scontri e battaglie al grido di chi urla o protesta di più. Ed è il gioco di coloro che avendo poche tesi a loro favore puntano a indirizzare il dibattito su toni populisti o che mirano “alla pancia delle persone”.
Alle volte si arriva a non trovare differenze fra talk show che trattano di gossip e vicende personali rispetto ad altri che in teoria dovrebbero interessarsi di temi politici più vicini e preziosi per la comunità. Si può notare inoltre il fatto che, sempre all’interno di svariati programmi televisivi, assistiamo costantemente a uno scontro simile a quello tra tifoserie calcistiche avversarie, dove appunto il tifo per un partito o per l’altro la fa da padrone.
Informazione di parte
Da un certo punto di vista è una situazione che può apparire normale soprattutto se i protagonisti di tali comportamenti sono politici o i rappresentanti dei partiti stessi. Non lo è invece quando queste situazioni le riscontriamo tra giornalisti, esperti del settore dell’informazione, oppure dai conduttori stessi, i quali avrebbero il compito di riportare e analizzare i fatti indipendentemente se a vantaggio o meno della fazione politica che supportano oppure di quella antagonista.
È ovvio che l’influenza dei maggiori partiti politici nella sfera della comunicazione e dell’informazione c’è sempre stata e continuerà ad esserci. Fa parte del gioco e della cultura mediatica e politica del nostro Paese. Allo stesso tempo però, in moltissimi casi l’evidenza di questo “tifo da stadio” che si riscontra è talmente visibile e tangibile che i discorsi che si fanno all’interno di esso perdono quasi di significato e credibilità.
Spaccature
In questa giungla mediatica si lascia poco spazio alle iniziative serie che cercano di dare un contributo alla comunità. Si preferisce nella maggior parte dei casi virare su questioni che portano ad uno scontro inevitabile e che spaccano la comunità in due. Tante volte anche per pochezza di idee e proposte. Una polarizzazione – questa – che non diventa solo politica, ma anche sociale.
Sono tanti i temi al riguardo: accoglienza vs chiusura, ampliamento dei diritti civili vs mentalità tradizionale e cieca, tagli vs investimenti e altro ancora. Non di meno in questi due anni le discussioni che infiammano i programmi tv riguardano il Covid: no-vax, no-mask, no-green pass contro la comunità scientifica o contro chi semplicemente segue le norme di questo delicato momento. Insomma, l’obiettivo primario non sembrerebbe quello di trovare delle soluzioni ma di portare qualsiasi confronto alla sfida, alla guerra politico-mediatica.
Questi comportamenti hanno portato, soprattutto in televisione, a una serie di fatti e momenti che potremmo definire trash (letteralmente “immondizia” in lingua inglese). Cioè abbiamo assistito e assistiamo tutt’ora a comportamenti volgari, indecorosi e poco rispettosi da parte dei partecipanti. Gli esempi sono diversi e imbarazzanti. Dai siparietti ormai monotoni e fuori moda di Sgarbi, all’irrispettosa e umiliante preghiera in diretta tv di Salvini e Barbara d’Urso. Questi sono solo alcuni momenti in cui, diciamolo senza peli sulla lingua, la tv italiana e gli individui stessi hanno toccato il fondo.
Nelle istituzioni
Uscendo dai salotti televisivi, addentriamoci all’interno delle istituzioni. Ovvero quei luoghi dove, in teoria, il dibattitto politico dovrebbe essere sempre garantito, civile, rispettoso e quotidiano. Dove si presume che ogni scelta venga fatta per il bene dei cittadini e non per un tornaconto personale e politico dei nostri rappresentati.
Anche qui purtroppo assistiamo a vicende e occasioni che poco hanno a che fare con comportamenti diplomatici e istituzionali che certe figure dovrebbe avere. Sembra quasi che pure in questi spazi si stia perdendo davvero il senso della politica, cioè compiere decisioni sagge ed efficienti per la comunità e il Paese. Senatori che si mettono le mani addosso, urla da stadio in Parlamento, insulti razzisti, per non parlare di decine di interventi poveri, scarsi, al limite del ridicolo, falsi, fatti in aula. Senza dimenticarsi i parlamentari che hanno ottenuto il bonus mensile previsto dai decreti Cura Italia e Rilancio per sostenere il reddito di autonomi e partite Iva in difficoltà.
Insomma, un miscuglio di superficialità, ignoranza che si sommano attualmente alla mancanza di programmi incisivi e visioni lungimiranti di buona parte della politica italiana. Le soluzioni a tutto ciò? Sicuramente un rinnovamento generazionale all’interno delle aule parlamentari potrebbe portare un po’ di aria e idee nuove. Ma sta nei politici stessi a ricordarsi il ruolo che stanno svolgendo. Oltre ad essere i rappresentanti del popolo e quindi ad avere dei doveri giuridici hanno anche dei doveri morali nei nostri confronti, e alle volte questi sembrano venire meno.
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