Dopo il carcere: la reintegrazione

Il processo di reintegrazione che avviene all’interno delle carceri italiane è molto complesso ed articolato, come è affrontato nella nostra società?

Victor Hugo e le carceri italiane

Victor Hugo affermava: “Colui che apre una scuola, chiude una prigione“. L’istruzione che viene offerta oggi nelle prigioni è un punto fondamentale per coloro che stanno affrontando un percorso di reintegrazione all’interno della società.

Quello che viene insegnato in un dato momento, infatti, può essere la salvezza e la base di una nuova rinascita per le persone carcerate.

Molti studi dimostrano che donne e uomini carcerati non hanno quasi nessuna qualifica: circa il 50% dei carcerati non ha quasi nessuna competenza sul mercato lavorativo.

Tutto ciò limita fortemente la prospettiva futura dopo la scarcerazione.

Dinamiche e contesti

Probabilmente uno degli aspetti più complessi da affrontare consiste nel fatto di trovarsi di fronte a dinamiche e contesti molto differenti tra loro.

Molte volte infatti sorgono problemi di sicurezza, come le rivolte. Questi fenomeni avvengono tra i carcerati ma non solo, poiché negli ultimi anni ci sono sempre più problemi di sovraffollamento e dunque non è per niente facile saper gestire tutto questo mondo così complesso.

Internet e normative

Un altro problema che sorge e che non è da sottovalutare è proprio il fatto che nelle carceri la connessione a internet è un dilemma molto grande.

Infatti, ci sono normative molto rigide che vietano proprio l’uso di questo strumento.

Ciò non consente di utilizzare il  Learning Management Systems, ossia sistemi molto avanzati tecnologicamente che permettono di scaricare i file e lavorare in modalità off-line.

Modelli virtuosi di reintegrazione nel mondo del lavoro

A Monza sono stati tenuti corsi di imprenditorialità, proprio dai commercialisti stessi. Questa è stata un’occasione durante la quale le persone hanno potuto accedere a una forma di apprendimento molto mirato.

Giuseppe Airò, all’epoca Presidente della sezione penale del Tribunale di Monza, ha affermato che questo apprendimento “rappresenta un modo per non ricadere nella recidiva, poiché i detenuti sono discostati dalla realtà, non hanno un aggancio con essa.”

Carcere di Bollate

Un esempio da considerare è quello del carcere di Bollate, dove il lavoro comincia fin dentro l’istituto: alcuni condannati infatti studiano, altri lavorano al call center, altri stanno dietro i fornelli.

Basta pensare a come i detenuti del carcere di Bollate, insieme a quelli di Rebibbia e Salerno, durante l’emergenza pandemica hanno prodotto più 800 mila mascherine al giorno.

Il carcere di Bollate vanta questi progetti poiché finanziati dalla regione: sono all’incirca quindici, tra cui un corso che rilascia una certificazione relativa all’utilizzo di networking e un Laboratorio informatico.

In Italia

La situazione nelle altre regioni italiane è però molto diversa poiché ogni detenuto costa all’incirca 2.9 miliardi di euro e nel frattempo, la persona carcerata dovrebbe rimborsare le spese per il proprio mantenimento in carcere. Questo però avviene in rari casi, ossia nel 2% dei casi e ogni anno 4318 detenuti richiedono la cancellazione del debito.

I dati evidenziano quindi che più del 70% delle persone carcerate non lavora.

Inserimento mirato

ASL e Comuni hanno il compito di promuovere apposite risorse al fine di favorire il reinserimento nel mondo del lavoro di cittadini svantaggiati.

Strumenti che facilitano l’inserimento nel mondo del lavoro

Ci sono alcuni strumenti che favoriscono l’inserimento all’interno del mondo del lavoro come i tirocini formativi e lavorativi o anche le borse lavoro.

Per quest’ultimo caso, si evince che l’obiettivo sia l’assunzione del dipendente, dopo un primo periodo di apprendimento, retribuito anch’esso a carico del Fondo Regionale e del Comune.

Infine

L’aspetto più importante di questo mondo così complesso da comprendere risiede nel fatto che chiunque entri in un qualsiasi carcere, debba avere la possibilità, i diritti e anche i doveri di poter riprendersi la vita in mano, senza che nessuno possa ostacolarlo. La libertà democratica nasce proprio da qui e la principale differenza con gli stati in cui vige ancora la pena di morte è proprio questa: dare una possibilità, anche nei casi più disperati.

In alcuni stati ciò non avviene, si nega dunque la libertà altrui e il diritto fondamentale di vita. Si deve, dunque, sempre lottare affinché questa libertà non venga a mancare in qualsiasi parte del mondo.


Fonti:

cup-project.eu

liviapassalacqua.com

Credits:

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