La società odierna, composta soprattutto da giovani poco fiduciosi nel futuro, è inglobata in due fenomeni economico-sociali molto complessi, ossia il consumismo e il capitalismo.
Pasolini e il consumismo
Pasolini, sceneggiatore e drammaturgo, considerato tra i maggiori intellettuali del Novecento, ha affermato: “lo credo, lo credo profondamente, che il vero fascismo sia quello che i sociologi hanno troppo bonariamente chiamato “la società dei consumi“”.
In questo momento, dopo aver letto questa affermazione, verrebbe da porsi un’ulteriore domanda: cosa potrebbe pensare Pasolini della definizione obsolescenza programmata o modificata?
Cos’è l’obsolescenza programmata?
L’obsolescenza programmata rappresenta il sistema per cui ogni dispositivo elettronico oggi ha un ciclo di vita stabilito ancora prima che tale oggetto o strumento venga fabbricato.
Capita spesso infatti di comprare un oggetto completamente nuovo poiché il fatto di poter cambiare dei meccanismi di questo comporterebbe una spesa maggiore.
Questa è l’aberrazione della nostra società capitalistica e consumistica.
Soggetti del capitalismo e del consumismo
I principali soggetti di questo sistema creato dall’uomo per arricchire le multinazionali sono le generazioni Millennial e Z.
La prima include principalmente i giovani che sono nati tra il 1980 e il 1994, coloro i cui genitori sono “boomer”, cioè figli del boom economico dopo la Seconda Guerra Mondiale. Sono vittime della crisi economica, climatica e della guerra. Sono adulti che hanno vissuto anche gli anni migliori, dopo la Guerra, cresciuti con la consapevolezza di poter raggiungere molto, inseguendo i propri sogni.
La seconda generazione, invece, include le persone nate tra il 1995 e il 2010. É un mondo nato durante l’epoca del digitale senza il quale risulta quasi impossibile persino respirare o ascoltare i battiti del proprio cuore (se non attraverso il cellulare e le sue applicazioni). Questa generazione viene spesso definita con aggettivi che non li rappresentano, come ad esempio fannulloni, bamboccioni, perditempo. Sono in realtà vittime del capitalismo e della depressione che ne provoca, e molti tra essi cercano di evaderne tramite diverse forme e mezzi.
Il mercato del vintage
Quest’ultimo ha conquistato, soprattutto negli ultimi anni, una categoria molto vasta di produttori, tra cui anche la generazione Z.
La generazione Z (e in parte anche millennials) apprezza ed è anche affascinata da questo mercato.
Infatti, se da un lato il fast fashion produce 92 milioni di tonnellate di rifiuti legati ad abiti venduti ogni anno, tra cui mezzo milione di tonnellate di microplastiche (che sono state trovate sul Monte Everest e perfino nell’aria che respiriamo) e il 20% di acqua reflua, dall’altro il vintage cerca di frenare questo aumento drastico di numeri e percentuali che danneggiano ogni giorno il nostro pianeta.
Secondo il Report thredUP 2020, la moda vintage supererà quella fast fashion entro il 2028.
Sperimentazione e consumismo
Prolungare il più possibile la vita di un abito o di qualsiasi altro oggetto che fa parte della nostra esistenza permette quindi ai giovani di inquinare meno, risparmiare e sperimentare.
Questo concetto, che caratterizza una parte dell’infanzia e che forse si perde un po’ durante la crescita, viene completamente smembrato con la fast fashion.
É il principio del capitalismo e del consumismo, il fatto di omologarsi, creando copie su copie senza alcuna differenza.
Quest’ultima spaventa molto gli esseri umani e tra i mezzi con cui combatterla emerge proprio la sperimentazione. Se la moda impone un certo tipo di abbinamenti, la sperimentazione cancella ogni schema fisso e ogni regola imposta dalla società capitalistica.
Nel momento in cui una persona spende un intero pomeriggio in un negozio o centro commerciale, si aliena e quel posto diventa un non luogo (Marc Augé).
I giovani, sempre più numerosi, si riversano dunque nei negozi dove si possano trovare vestiti usati, vintage, colorati, dove ci si possa sentire a proprio agio, indossando ciò che più ci aggrada, senza sentirsi giudicati, fisicamente e mentalmente.
Le immagini e le foto che vediamo nei negozi delle grandi catene commerciali costringono il consumatore a pensare al proprio corpo.
Questo processo può avvenire naturalmente, non sono necessarie le immagini ma un ambiente neutrale come il negozio vintage, animato solo dai colori degli abiti aiuta la persona a costruire la propria immagine e a fantasticare.
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