L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, recita il primo articolo della nostra costituzione. Lo sanno pure i boomer evasori fiscali che attaccano i giovani “pretenziosi” sui social per non accettare contratti da fame come si faceva “ai loro tempi”. Quello che la Costituzione non fa, con grande delusione nei confronti dei padri costituenti, è dire quale lavoro. Su quale tipo di lavoro è fondata la nostra Repubblica?
Vanno bene tutti i lavori? No, questo è assolutamente impossibile. Non potete farci credere che il manager smart formatosi a suon di corsi privati e video di Marco Montemagno abbia la stessa dignità costituzionale di un operaio o di uno spazzino, pardon, operatore ecologico. Deve esserci sotto qualche complotto.
La piramide del lavoro
Una gerarchia tra lavoratori esiste, deve esistere. E la forma stessa della piramide metaforica ci da delle indicazioni pratiche su quale dev’essere. La gente si ricorda del faraone, un tizio nato potente con un copricapo eccentrico e un ego, appunto, faraonico. Mica dei quattro poveracci che crepavano per costruire la sua piramidona per compensare chissà quale mancanza fisica. Per cui, attualizzando dal basso regno egiziano all’alto impero nostrano, è chiaro che Elon Musk vale un miliardo di Gianni il muratore.
Vediamo di costruire una gerarchia scientifica dei lavori più o meno dignitosi.
La gerarchia
Al primo posto ci mettiamo gli influencer, veri leader culturali del mondo contemporaneo, assieme ai cantanti (ruoli che spesso si sovrappongono).
Un gradino più in basso tutti i ruoli accettati e formati nelle università private di Milano che abbiano rigorosamente nomi in inglese incomprensibili da chiunque non abbia fatto un periodo di exchange a Boston: Account seller manager, Human development and mozzarella cheese accountant, apecar illegal driver in Ostia Beach e via discorrendo.
Andando verso il basso troviamo tutte le professioni da gente noiosa, inutili per il mondo moderno come il medico, l’avvocato, il ricercatore, l’impiegato d’ufficio ecc.
Proseguendo nella nostra discesa verso gli inferi troviamo i creativi che non hanno voluto mettersi al passo coi tempi per diventare influencer e sono rimasti nell’800, vale a dire: attori, musicisti, scrittori, artisti e lavoratori dello spettacolo. Siete, però, ancora in tempo per iniziare a scalare posizioni a suon di reels.
Al penultimo gradino i lavori da poveracci: operai, muratori, spazzini, stagisti, giornalisti e qualsiasi cosa che presupponga lavorare in senso stricto, per costoro non c’è speranza.
In fondo alla scala sociale troviamo ovviamente loro: la causa di tutti i mali del pianeta, dal riscaldamento globale, alla guerra in Ucraina fino alla decadenza sportiva della Juventus: i dipendenti pubblici. Quanti servizi delle Iene, quante battute di Colorado, quante imprecazioni qualunquiste per ricordarci ogni giorno di disprezzare questi Paria del lavoro, colpevoli di avere un minimo (sempre più ridotta) di tutela lavorativa senza essere schiavizzati come tutti i lavoratori dovrebbero.
Tutta questa piramide posa ovviamente sulla base, indegna di essere chiamata umana, dei disoccupati che percepiscono il reddito di cittadinanza. Una assurdità per cui chi non ha un lavoro, non viene lasciato morire di fame.
Assurde pretese
Alcune teste calde degli strati inferiori pretendono, o’ Contessa, delle assurdità che non stanno né in cielo né in terra. Come si può realmente pensare a un salario minimo che tuteli universalmente ogni lavoratore a prescindere dalla categoria in cui è inquadrato? Come farebbero, se passasse questa proposta strampalata, i poveri imprenditori a schiavizzare ogni tipo di lavoratore inventandosi di volta in volta contratti atipici “creativi”? Possiamo forse accettare che i braccianti africani che sfruttiamo per un euro l’ora possano organizzarsi in sindacati per ricattare i loro onesti e integerrimi datori di lavoro?
Inoltre, è mai possibile che un tizio che vendeva le bibite allo stadio San Paolo come qualsiasi poveraccio, diventi ministro del lavoro e addirittura degli esteri? Come se la politica fosse anche una questione di rappresentanza e non solo di supposta competenza.
Dove andremo a finire?
Insomma, è ora di rimettere in riga questi sovversivi sprovveduti, incapaci di vedere la realtà con competenza e di leggere i dati. La realtà è, infatti, che i lavoratori poveri vengono sfruttati per il proprio bene, perché non sentano addosso il peso di avere dei diritti e una voce in capitolo. Sono cose che è meglio lasciare agli influencer e ai cripotinvestitori avveniristici che mandano missili su Marte.
Diciamo che sarebbe meglio che anche la Costituzione si aggiorni e specifichi che l’Italia è fondata solo sui lavori dignitosi, altrimenti potrebbero sorgere equivoci pericolosi.
Sia mai che un domani tutti i lavoratori pretendano di avere gli stessi diritti.