Da zero al saluto romano

 Guida semiseria per aspiranti dittatori (parte 2)

Quindi la prima parte della guida ti ha convinto a voler intraprendere la carriera di dittatore, eh?

Sì, lo so. Il potere ha sempre esercitato un ascendente quasi erotico su di te ed è per questo che sei ancora qui, vero, perché ne vuoi di più!

In qualunque dittatura che si rispetti c’è bisogno di un leader, ma non uno tipo quelli della sinistra italiana, che pensano che l’invenzione più all’avanguardia nel nostro tempo sia la calcolatrice scientifica, no no no!

Quello di cui necessita un regime autocratico come si deve è un capo forte e carismatico, che sia una fonte di ispirazione per i propri seguaci, in grado di convincerli a compiere tutte le peggiori nefandezze della storia al posto suo.

Non vorrai certo che, una volta conquistato il potere, i tuoi colleghi dittatori di altri stati ti ridano alle spalle per quanto poco sai essere autorevole e risoluto, vero?

Lascia che ti racconti una storia

In un freddo pomeriggio, nella città tedesca di Monaco di Baviera, durante la grande recessione, un giovane pittore squattrinato sta entrando gonfio di gioia nell’edificio dell’accademia delle belle arti.

Se lo sente, questa è la volta buona, lo accetteranno finalmente all’accademia, e il suo sogno di diventare un grande artista riconosciuto e, magari, di fama internazionale si avvererà in futuro.

Pieno entusiasmo, mostra i suoi dipinti alla commissione che, però, li valuta delle opere scadenti e non gli riconosce la possibilità di studiare li.

Abbattuto, amareggiato e pesantemente adirato abbandona la struttura, convinto di dover tornare nella topaia dove alloggia e rassegnarsi alla decisione dei professori della scuola.

D’improvviso, come un’illuminazione si impadronisce di lui, il sangue bolle…

Si dirige verso il palchetto usato dai venditori di giornali che si trova poco distante e, dopo esservi salito, inizia a dare voce alla sua rabbia.

Il nostro sistema è corrotto fino al midollo! in qualunque livello della società si sono infiltrati dei nemici della nazione tedesca, che sono gli stessi responsabili della nostra crisi economica.

Hanno tra le mani tutti i maggiori interessi dello stato, amici in qualunque istituzione che li favoriscono!

Dobbiamo porre rimedio a questa situazione, gli ebrei agiscono contro gli interessi dell’intero popolo tedesco

La gente che si trovava lì intorno, prima per scherzo, poi seriamente si riunisce nei pressi del palchetto, per prestare orecchio a quel ragazzo che, con così tanta veemenza, stava dando voce non solo alle sue frustrazioni, ma a quelle di tutta la collettività.

Quell’uomo si chiamava Adolf Hitler.

Ora, ti immagini come sarebbe andata diversamente la storia se quel giovane pittore avesse iniziato a piagnucolare come una femminuccia e si fosse limitato a tornare a casa, ubriacarsi e picchiare moglie e figli, come tutte le persone normali?

Le virtù del capo

Ciò che ha contraddistinto quel ragazzo sono stati una serie di elementi che non si ritrovano in molte persone, come l’autorità e la forza che comunicava.

Queste due caratteristiche potrebbero, da sole, bastare a spianarti la strada verso la presa del potere, poiché ti rendono temuto.

Esistono, tuttavia, altre qualità che ti assicurano obbedienza  a lungo termine da parte delle masse, rendendoti amato da quelle masse che con tanto amore opprimerai.

Noi vogliamo che il tuo governo duri il più a lungo possibile, mica siamo li per fare i democratici.

E’ importante capire una differenza fondamentale nel gioco della politica, ovvero quella tra comandare e condurre e chi meglio di  Juan Domingo Perón  ce la può spiegare?

condurre non è, come molti credono, comandare.

Condurre è diverso da comandare.

 Comandare è obbligare, condurre è persuadere.

Gli uomini è sempre meglio convincerli che obbligarli.

Nella leadership politica, questa è una regola che non può in alcun caso essere infranta.

Tornando al nostro nazista preferito, quello che ha fatto lui con il suo discorso è stato appunto persuadere la folla che la sua idea fosse giusto, avendo creato precedentemente empatia.

L’empatia, infatti, è uno degli strumenti più potenti che il dittatore (o aspirante tale) possa padroneggiare, perché è quello che crea connessioni e legami tra le persone.

Ti faccio una domanda, perché un politico, mettiamo caso, molto popolare a livello nazionale, dovrebbe  farsi fotografare in pose da deficiente con i kaNioLini!1!, oppure farsi paparazzare con la felpa unta di olio che cola dal panino con la mortazza che si sta scofanando?

Perché crea empatia, tonto!

Un’immagine del genere lo rende, nell’immaginario dell’italiano medio, molto simile a lui, in qualche modo è come se il politico gli comunicasse “hey guardami, sono come te!”, che poi è solo una forma diversa di quello che fece Hitler nel suo discorso, dando voce ai pensieri della massa che sostava sotto il palchetto.

Se hai seguito fino a qui e hai avuto un momento di eccitazione, ti starai chiedendo come sia possibile acquisire quelle capacità chiave che hanno permesso a queste persone prima di te di arrivare lontano.

Per quanto riguarda la persuasione, esistono tantissimi libri che si possono comprare anche online, che ti spiegano i concetti chiave di come parlare in pubblico.

Se sei alla canna del gas vai in biblioteca che è gratis. 

Nel caso tu sia veramente interessato a diventare un dittatore, avendo compreso che non è un evento ma un processo, esistono alcuni corsi di public speaking che, a fronte di un investimento di qualche centinaia di euro, garantiscono l’accesso a quelle famigerate capacità.

Per quanto riguarda l’empatia, non la puoi imparare andando a scuola, poiché essa è come un muscolo: va esercitata ogni giorno, con le persone che conosci o che incontri.

C’è da dire, però, che diventare empatici è più semplice che acquisire delle complicate tecniche di public speaking, basta iniziare una conversazione, chiudere la bocca e aprire le orecchie, ascoltando la persona che hai di fronte con interesse.

Buon allenamento, nella prossima parte vedremo come si individua un nemico di successo o, in mancanza, se ne crea uno.

 

Alessandro Procacci


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