Iran: la lotta senza fine dei manifestanti.

Iran: la lotta senza fine di manifestanti

Successivamente alla morte di Masha Amini, una ventiduenne curda, in Iran si sono susseguite svariate manifestazioni pacifiche in opposizione al regime integralista. La ragazza è stata uccisa il 16 Settembre, in seguito all’arresto da parte della polizia morale di Teheran per non aver indossato correttamente il velo.

Il movimento, cappeggiato da giovani donne, lotta per ottenere i diritti umani fondamentali e per richiedere la fine del velo obbligatorio. In uno dei video selezionati e verificati da “La Repubblica“, viene inquadrata una ragazza senza velo e con i capelli sciolti dinanzi ai cannoni ad acqua, utilizzati per neutralizzare le proteste. Il supporto nei confronti dei manifestanti iraniani ha oltrepassato le barriere linguistiche; il gesto di protesta a livello globale, è divenuto quello di recidere una ciocca di capelli.

Bita Malakuti, poetessa iraniana, spiega che il taglio dei capelli equivale a un atto di lutto. Un simbolo di rabbia irrefrenabile contro un regime che tramite la propria propaganda soffoca la voce del popolo. Le mobilitazioni sono però state caratterizzate dalle repressioni violente perpetrate dalle forze di sicurezza dell’Iran; questa violenza intenzionale ha portato a ulteriori vittime, più di 481, di cui circa 64 minori e 35 donne secondo l’Ong Iran Human Rights.

Pugno di ferro del regime iraniano

Dopo mesi di lotte, violazioni dei diritti umani e arresti, le proteste continuano imperterrite, così come il pugno di ferro del regime. Le autorità hanno infatti cominciato a eseguire le esecuzioni in pubblico, nel tentativo di spaventare coloro i quali hanno ancora intenzione di combattere. Per ora, sono quattro i ventenni la cui vita è stata recisa. Mohsen Shekari e Majid Reza Rahnavard, ad esempio, sono stati uccisi mediante impiccagione. Il processo nei confronti di entrambi era stato sommario, svoltosi in poche settimane. Gli avvocati dei due condannati, inoltre, erano stati assegnati dal regime stesso, il quale sembra aver utilizzato delle confessioni estorte mentre gli uomini erano detenuti.

L’obiettivo primario di ciò sarebbe quello di fermare i manifestanti bloccando dunque tali insurrezioni, ma senza alcun risultato. Nel lasso degli ultimi tre mesi la Repubblica islamica ha arrestato circa 14 mila persone, secondo le Nazioni Unite. Di queste ultime, sono 109 quelle che rischiano la pena di morte, mentre i condannati effettivi sono 17. Nonostante alcuni segnali rassicuranti sull’ammorbidirsi del regime, quali la volontà di eliminare la polizia morale o di alleggerire le norme relative al velo, non si è ancora arrivati a un risultato concreto. Sembra infatti che queste proposte fossero un modo per testare la reazione della popolazione, nella speranza di placare e sedare le contestazioni.

 Il controllo da parte della Repubblica islamica in merito ai social network

Nel mirino delle autorità e delle forze di sicurezza iraniane, vi sono inoltre anche gli account social dei detenuti. La Cnn ha infatti raccolto la testimonianza di una ragazza detenuta nella prigione di Evin, alla quale, durante gli interrogatori, sono state presentate le proprie chat come prove della sua colpevolezza. La giovane ha affermato di essere stata accusata di gestire un gruppo di attivisti anti-regime su Telegram.

Gli agenti iraniani, durante la detenzione di Negin (nome di fantasia) avrebbero inoltre riattivato il suo profilo Telegram, così da poter controllare gli ulteriori utenti che tentavano di contattarla. Conseguentemente, sarebbero riusciti a mettere in luce la rete di attivisti collegata alla ragazza. Oltre alle perquisizioni dei social, vi è inoltre la difficoltà da parte di ragazzi e ragazze di poter accedere a siti internazionali. Il controllo esercitato dunque da parte delle autorità iraniane è esteso a qualsiasi ambito della vita sociale, ed è volto a limitare le proteste.

Una delle vittime della repressione in Iran

Masooumeh, una ragazza iraniana di quattordici anni, ha pagato con la vita il suo gesto di protesta in classe. Dopo essersi tolta il velo come simbolo di contestazione nei confronti del regime, l’adolescente è stata presa in carico dalle forze di sicurezza, le quali l’hanno riconosciuta tramite i filmati delle telecamere della scuola. In seguito all’arresto, la ragazza è stata stuprata. Masooumeh, trasferita in ospedale dove hanno rilevato lacerazioni vaginali e una grave emorragia, è morta poco dopo.

La madre della ragazza aveva affermato di voler denunciarne la scomparsa e la morte, solo per poi scomparire lei stessa. Tale ferocia e brutalità continua a mietere vittime, tentando di silenziare attraverso la paura le voci dei manifestanti.

La gravità delle ripercussioni è progressivamente aumentata nel corso degli scontri. Mohseni Ajaei, capo della magistratura iraniana, ha richiesto che le condanne definitive vengano svolte “senza indugio”. L’alto magistrato, parlando nella riunione del Consiglio Supremo della magistratura iraniana, ha affermato che “le condanne emesse per persone che hanno commesso reati gravi, in qualsiasi area, di sicurezza e non, devono essere documentate e motivate oltre che essere un deterrente.” Ha successivamente sottolineato che per “una sentenza definitiva non dovrebbe esserci alcun ritardo nell’esecuzione”.

Solidarietà anche in Italia

L’11 gennaio, successivamente all’incontro con il neo ambasciatore della Repubblica iraniana, Sergio Mattarella ha espresso la ferma indignazione per la repressione brutale e le condanne a morte dei manifestanti. Il Capo dello Stato ha inoltre aggiunto il proprio sdegno personale sollecitando Reza Sabour affinché si ponga fine alle violenze rivolte contro la popolazione. Conclusosi il breve incontro, in una nota del Quirinale si legge che

“Il rispetto con cui l’Italia guarda ai partner internazionali e ai loro ordinamenti trova un limite invalicabile nei principi della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”.

Non è in realtà la prima occasione in cui Mattarella esprime la propria contrarietà rispetto ai metodi del regime iraniano. Circa un mese fa, quest’ultimo li aveva infatti definiti come “ripetuti, brutali, tentativi di soffocare le voci dei giovani che manifestano pacificamente per richiedere libertà e maggiori spazi di partecipazione”. Aveva poi successivamente sottolineato che “si condanna da sé uno Stato che respinge e uccide i propri figli”.

Unione Europea: porte socchiuse nei confronti di Teheran

Vista la situazione, chiunque si aspetterebbe che i rapporti dell’Unione Europea con l’Iran siano ai minimi termini; nonostante ciò, la diplomazia ha prevalso. Secondo gli esperti, impegnati a osservare il dossier sul nucleare iraniano, questa risulta essere la scelta migliore. Le informazioni di intelligence indicano una vera e propria corsa dell’Iran nel programma di arricchimento dell’uranio, mentre i siti specializzati indicano come possibile la realizzazione di una bomba nucleare. Il ministro degli Esteri Tajani ha confermato la necessità di mantenere delle relazioni aperte e un canale di comunicazione con le istituzioni iraniane. Ha infatti affermato che “Resta aperta la porta del dialogo sul nucleare, dunque nessuna posizione aggressiva”.

Arrestati, controllati e condannati a morte in Iran

Nonostante i soprusi, la paura e le esecuzioni pubbliche, la voce dei manifestanti non è ancora stata silenziata. Essi continuano imperterriti a scendere in piazza, a recidere una ciocca di capelli, a togliere il velo.

Fonti:

  1. Tpi.it
  2. IlFattoQuotidiano.it
  3. Skytg24.it
  4. Msn.com
  5. IlFattoQuotidiano.it

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