Censura, controllo politico e libertà di espressione

L’articolo 21 della Costituzione recita “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.”.  

Il diritto di cronaca viene così tutelato e non può essere soggetto a restrizioni o controlli preventivi che ne possano minare la libertà, e conseguentemente la libera espressione degli individui. Questa fa riferimento alla facoltà di ogni persona di poter esprimere i propri credo e ideali senza alcuna censura. La libertà di espressione è certamente legata a doppio filo con la libertà di pensiero, altrettanto cruciale all’interno di un panorama democratico. La stampa diventa quindi espressione massima di questo principio fondamentale.  

Stampa e politica 

È importante ricordare l’influenza che la politica, nel corso della storia del nostro Paese, ha avuto sulla libera pubblicazione. Numerose sono le testate giornalistiche e case editrici che hanno agevolato non solo interessi di tipo economico, ma vere e proprie ascese al potere. L’informazione è divenuta quindi mezzo di propaganda di tipo fazioso e non più organo di espressione indipendente da ideologie partitiche.  

Libertà di stampa nel mondo

Ad oggi, la libertà di stampa ed espressione va incontro a crescenti minacce. In spaventoso aumento sono i poteri autocratici nel mondo, dove l’esercizio di questo diritto fondamentale viene severamente punito. In queste istanze, il potere politico incontra la censura violenta, il giornalismo indipendente vilipeso e calpestato. Secondo i dati del Commitee to Protect Journalists, da anni impegnato nella tutela della libertà dell’informazione, lo Stato soggetto maggiormente alla censura è l’Eritrea.  

Il governo, guidato dal 1993 dal Presidente Isaias Afewerki, è noto per essere il più spietato carceriere di giornalisti in tutta l’Africa Sub-Sahariana. Numerosi sono gli innocenti ingiustamente reclusi, molti dei quali non hanno ricevuto alcun processo. Afewerki, condannato per numerosi crimini contro l’umanità dalle Nazioni Unite nel 2016, sembra non aver intenzione di allentare la presa. L’egemonia dello Stato si estende ai media, alla stampa, riducendoli a megafono del partito. Ogni mezzo di informazione non ufficiale, inclusa la radio, viene vietato. L’unica stazione indipendente presente in tutto il paese, Radio Erena è oggetto di interferenze radiofoniche, rendendone spesso impossibile l’ascolto. L’utilizzo della rete è monitorato attentamente e, solo l’1% della popolazione ne fa uso. 

North Korea 

La Corea del Nord, inaspettatamente seconda all’Eritrea per la durezza della censura, all’interno della propria costituzione, ironicamente, dedica l’art. 67 alla libertà di stampa. Si tratta di una libertà fittizia, di tipo performativo.  

Dal 2012, anno di ascesa al potere del dittatore Kim Jon-un, il regime è riuscito con successo a mantenere il popolo in uno stato di vera e propria ignoranza. Il monopolio dell’informazione è detenuto infatti dalla Korean Central News Agency, nota inoltre come KCNA. Essa fa riferimento al potere dittatoriale e ne documenta attività e conferenze. È incaricata, inoltre, della censura mediatica di enti stranieri. A eccezione dell’Associated Press, organizzazione di libera stampa e Agence France-Presse, ai giornalisti internazionali è vietato l’ingresso nel Paese, pena la reclusione e la successiva espulsione. Nel 2017 il regime si è macchiato dell’omicidio di due giornalisti coreani Son Hyo-rim e Yang Ji-ho, condannati senza possibilità di appello.  

L’Italia 

La classifica fornita da Reporters sans Frontieres (RSF) vede l’Italia al quarantunesimo posto, fanalino di coda dell’Europa.  

Secondo i dati, circa venti giornalisti nel nostro Paese sono costantemente soggetto di scorta a causa delle minacce ricevute, soprattutto da parte della criminalità organizzata. Sempre più crescente sembra essere la violenza nei confronti dei reporters, e la concentrazione geografica vede nel mirino la capitale. Le aggressioni avvenute a Roma, a opera di membri di gruppi neofascisti, hanno messo in pericolo l’incolumità di diversi corrispondenti. Il periodo della pandemia ha inoltre acuito il livello di disinformazione e la circolazione di fake news. Come conferma RSF la minaccia più concreta al giornalismo italiano sono stati i negazionisti del virus, un gruppo eterogeneo composto da attivisti no mask, neofascisti, hooligans e anarchici, artefici di numerose aggressioni durante le manifestazioni tenutesi tra ottobre e novembre dello scorso anno.  

La Federazione Nazionale Stampa Italiana, in un articolo in merito ai dati forniti da RSF, afferma che “nel Belpaese tutto resta fermo, tranne le minacce ai cronisti”. Questa sembra essere la triste fotografia del nostro panorama giornalistico.  

Fonti:

cpg.org

cpg.org

rfs.org 

fnsi.it


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