La Shoah ci ha realmente insegnato qualcosa?

Tra dittature, campi di concentramento e genocidi, a meno di 75 anni dallo sterminio degli ebrei non è ancora cambiato nulla. Alcuni esempi attuali dal mondo.

ERITREA, una delle dittature più feroci al mondo

Il dittatore Afwerki ha realizzato una delle dittature più atroci al mondo. In Eritrea, ci sono campi di concentramento segreti e i cittadini sono costretti al servizio militare per un tempo indeterminato.
380.000 persone sono già fuggite, su una popolazione di circa 7 milioni.

In GAMBIA, il presidente minaccia di tagliare la gola

Anche gli abitanti del Gambia si trovano tra dittature, campi di concentramento e genocidi. Il Presidente del Gambia ha costruito uno degli stati più oppressivi sulla terra.
Jammeh utilizza arresti e torture come metodo di controllo preferito e ha minacciato di tagliare personalmente la gola agli omosessuali del suo paese: i gambiani ovviamente stanno cercando di fuggire.

Nei LAGER LIBICI, invece, cosa succede?

Dal 2017 l’Unione Europea finanzia la Guardia costiera libica per impedire ai migranti di raggiungere l’Europa. Queste persone restano bloccate in campi di concentramento in condizioni di vita disumane, come denunciano le ONG; sono inoltre costrette ad arruolarsi nella polizia, e rifiutarsi è impensabile. Se si rifiuta, si viene picchiati selvaggiamente e addirittura si rischia la morte.

Alcune testimonianze raccolte da Medici per i Diritti Umani e riportate da Repubblica:

L., 17 anni, dal Gambia, testimonianza raccolta presso l’Hotspot di Pozzallo, ottobre 2017:

Il mio compito era quello di recuperare i cadaveri dal mare, i cadaveri dei miei fratelli che morivano durante i naufragi. Li recuperavo e poi dovevo seppellirli. In questi due anni ho contato circa 3.000 corpi. Ho finito per farci l’abitudine. Alla fine non mi emozionavo più, non mi sconvolgevo più. Solo per le donne che erano visibilmente in gravidanza o per i cadaveri dei bambini non sono mai riuscito a farci l’abitudine.

M.I., dall’Eritrea, 22 anni, testimonianza raccolta a Roma presso la clinica mobile di Medu, novembre 2015:

All’inizio ci maltrattavano con i fucili, con i coltelli, urinavano su di noi, facevano tutto quello che volevano senza pietà. Dormivamo ammassati in un capannone senza mangiare e senza bere. Io sono cristiano, ma quando ho capito che l’unico modo per salvare la mia vita era convertirmi… l’ho fatto.

A. D, 20 anni, dal Gambia, testimonianza raccolta presso il CAS di Canicarao (Ragusa), novembre 2014:

Da lì, sono stato portato alla prigione di Al-Khums, lontano da Tripoli. C’erano più di 300 persone in ciascuna stanza, non c’era spazio per stendersi e per dormire. Ci davano poca acqua e poco cibo. Ogni giorno alle 13 ci portavano un pezzo di pane e un bicchiere di acqua. Questo era tutto ciò che abbiamo ricevuto per tutti gli 8 mesi in cui sono stato detenuto lì dentro.

Grande è anche il senso di colpa che hanno queste persone, come si può notare dalla seguente testimonianza:

A., 20 anni, dalla Sierra Leone, testimonianza raccolta al centro Medu Psychè, settembre 2017:

Il casolare dove eravamo tenuti prigionieri era a pochi chilometri dal mare, ad Al Zawiya. Quella sera le guardie entrarono nello stanzone in cui eravamo ammassati per portare via i cadaveri di alcuni di noi; poi iniziarono a picchiare selvaggiamente alcuni nuovi arrivati che, secondo loro, non obbedivano agli ordini abbastanza velocemente. Io e il mio amico approfittammo del trambusto; la porta era rimasta semi aperta. Iniziammo a correre senza guardare indietro, con tutte le forze che avevamo ancora nelle gambe. Eravamo quasi al sicuro in un campo di ulivi quando una raffica di mitra colpì il mio amico. Cadde a terra. Io mi fermai per un attimo, poi ripresi a correre perché le guardie stavano arrivando. Piango ora come allora. Lo porterò con me fino a che vivrò.

N. S., dalla Costa d’Avorio, 40 anni, testimonianza raccolta presso il CARA di Mineo, giugno 2017:

Le guardie si divertivano a vederci soffrire. Ci portavano il cibo una volta al giorno e mentre ce lo davano ci torturavano con le scosse elettriche. Durante 3 mesi sono stato picchiato ogni giorno. Le guardie venivano, mi facevano togliere la maglietta e mi picchiavano sulla schiena con un bastone, dicevano che senza vestiti faceva più male e loro si divertivano. A volte invece di picchiarmi mi bruciavano, scaldavano un ferro da stiro e me lo appoggiavano addosso.

G.O., 19 anni, dalla Nigeria, testimonianza raccolta presso l’Hotspot di Pozzallo, agosto 2017:

Vivevamo nel terrore anche perché sembrava che i carcerieri ci facessero del male per puro divertimento o per proprio piacere. A volte la notte arrivavano ubriachi e se qualcuno passava sparavano. A volte lasciavano morire le persone dissanguate.

M., dalla Costa d’Avorio, 38 anni, testimonianza raccolta presso il CARA di Mineo, agosto 2017:

Il cibo veniva preparato negli stessi contenitori dove ci si lavava e si urinava. Le guardie del centro mescolavano gli escrementi che i bambini facevano nella spazzatura con gli alimenti ed eravamo costretti a mangiare quel cibo anche perché eravamo da giorni o settimane a digiuno.

G., 18 anni, dall’Eritrea, testimonianza raccolta presso l’Hotspot di Pozzallo, novembre 2017:

Il trattamento che viene riservato agli eritrei e ai somali non è lo stesso. Gli eritrei in generale vengono trattati un po’ meglio, i somali invece vengono massacrati. Il cibo e l’acqua non ci sono per nessuno. Però ai somali fanno subire più violenze e crudeltà. Queste cose vengono fatte da Walid e dai suoi uomini che sono moltissimi. Si divertono a vederci soffrire. Di solito vengono la mattina e passano tutta la mattinata a giocare con noi. Ci costringono a far del male l’uno all’altro. Per esempio se si accorgono che due persone sono moglie e marito chiedono ad uno di picchiare l’altra nel modo più forte possibile. Oppure se una persona sta molto male le guardie vanno lì e dicono “Tu non sei né vivo né morto, ti devi decidere”. E allora lo picchiano violentemente. Così la persona deve scegliere se riuscire ad alzarsi e continuare a vivere o lasciarsi andare e morire.

A., 20 anni, dalla Somalia, testimonianza raccolta presso l’Hotspot di Pozzallo, novembre 2017:

Venivano per il cibo un giorno sì e uno no e il cibo era solo un piccolissimo pezzo di pane. Durante questi due anni mi hanno picchiato tantissimo, tutti i giorni. E non mi facevano mai alzare, ero costretto a stare sempre seduto. Ho cominciato a non riuscire più a usare bene le gambe. Non riesco più a stendere le gambe, non riesco camminare e nemmeno a stare in piedi. Mentre ero in prigione non potevo muovermi, alla fine. Non sono riuscito nemmeno a salire sulla barca che mi portava in salvo. Un amico ha dovuto prendermi in braccio…Queste persone volevano da me un riscatto ma io non sapevo come pagare. Se sono libero oggi è perché mi hanno dato per spacciato, ero vicinissimo alla morte secondo loro. Per questo mi hanno liberato. Pensavano che da me non avrebbero potuto ottenere nient’altro.

Il genocidio dei ROHINGYA

I rohingya sono un gruppo etnico di religione musulmana che vive in Myanmar: la polizia ha iniziato una dura repressione contro questo popolo. La Birmania ha ammesso violenze e crimini di guerra, ha negato però che ai danni dei rohingya sia stato eseguito un genocidio. In Malesia queste persone sono trattate come migranti illegali, spogliati di ogni diritto. Coloro che riescono a fuggire si rifugiano maggiormente in Bangladesh; la maggior parte però è stata uccisa.

La popolazione degli UIGURI in Cina

Otto milioni di persone tra dittature, campi di concentramento e genocidi: sarebbero finite senza processo in centri di rieducazione con la scusa di estirpare le idee estremiste e pulsioni separatiste. La regione degli Uiguri è uno dei posti più sorvegliati al mondo: gli abitanti sono sottoposti a controlli di polizia quotidiani. In questa regione c’è il 20% degli arresti di tutta la Cina. Hanno diffuso un’app tra i musulmani dell’area, Zapya: la polizia è in grado di controllare i file per raccogliere informazioni sulle minoranze. L’app è stata creata da una startup cinese, DewMobile: consente lo scambio di file nelle zone in cui Internet non è presente, come nella regione degli Uiguri. È usata da 1,8 milioni di persone. La polizia segna i profili pericolosi per attuare altre indagini. DewMobile ha ricevuto finanziamenti dagli Stati Uniti, il governo cinese invece dice che tutto ciò è falso.

Cosa sta succedendo in KURDISTAN?

La popolazione curda si trova tra dittature, campi di concentramento e genocidi. Nel 1988/89 il dittatore iracheno, senza che né la NATO (di cui fa parte la Turchia) né che gli USA intervenissero, sterminò 180 mila curdi. Erdogan ha perso l’opportunità di entrare in Unione Europea, perché la Francia e la Germania si sono opposte (ricordiamo che la Germania ha la maggior comunità turca europea e un numero elevato di curdi). Trump ritirò le truppe, forse perché la Turchia è alleata di USA e Israele. La Turchia, inoltre, ha permesso il passaggio di jihadisti europei ed è disponibile a riaprire il loro esodo dalle prigioni curde, riaprendo i campi profughi e facendo passare 3 milioni di profughi siriani verso la Grecia, stato debole dell’Unione Europea. In Turchia sono persino vietati i cognomi curdi e le loro città sono senza cibo, senza elettricità, senza cure mediche.

I campi di prigionia in COREA DEL NORD

Dittature, campi di concentramento e genocidi: di questo si hanno solo immagini satellitari. La maggior parte dei detenuti fa parte di famiglie ritenute colpevoli di chissà quale crimine. I prigionieri sono costretti a lavorare in condizioni deplorevoli: il cibo è insufficiente, hanno diritto a poche ore di sonno. Shin Dong Hyuk vide la sua famiglia essere ammazzata davanti a sé. Lui pensava semplicemente che se avesse denunciato, avrebbe ricevuto magari una porzione di cibo in più. Minestra di cavolo e pasticcio di mais: questo mangiò Shin fino ai 23 anni; a volte chiedevano il permesso di poter mangiare un topo, e solo se la guardia dava l’ok, lo potevano catturare e mangiare. Uccidono i bambini, le donne, gli anziani. Non risparmiano nessuno. Ci sono decapitazioni, bruciano vivi i bambini e stuprano le donne. Condannano a morte chi parla male del regime. Le guardie torturano i prigionieri.

Cosa ci dovrebbe dire tutto questo?

Ci insegnano fin da piccoli che la storia serve per non ripetere alcuni errori non vanno più commessi. Con questi pochi esempi in relazione ai tanti paesi in dittatura (anche nuova, come l’Ungheria), si è capito che in realtà non abbiamo capito quasi nulla della storia. A causa del business e tante smanie di potere, purtroppo, i campi di concentramento e le dittature esistono ancora, violente più che mai.


FONTI:

Africa Express 

Melting Pot

Repubblica

Panorama

Bitter Winter

Slides

Corriere

CREDITS:

Copertina 

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