Le comunità indigene rappresentano una minoranza da rispettare e tutelare, per il bene di tutto il pianeta.
Storia e memoria
La storia dell’America ed in particolare dell’Amazzonia è contrassegnata da molti particolari, ricordi di schiavi deportati dall’Africa e rivoluzione culturale, antillese e sudamericana. Fin dai tempi dei primi esploratori europei, i popoli autoctoni sono stati sterminati da epidemie, per noi semplici influenze, ma che hanno devastato popolazioni e tribù.
Sono molti i diari di viaggio che ci sono pervenuti, descrizioni e racconti di persone definite “indigene“. Questo termine ha assunto una connotazione negativa proprio durante la colonizzazione. Dunque, l’uso del vocabolo era predominante tra i colonizzatori. Le popolazioni autoctone dell’Amazzonia, delle Antille francesi e gli altri possedimenti coloniali sono state sottomesse tramite trattati, di cui esse stesse non erano a conoscenza.
Infatti, nella cultura di questi popoli c’era un altro tipo di “scrittura“. E poiché non conoscevano quella europea, erano naturalmente portati ad apporvi una firma. Questi trattati di concessione vennero poi portati in Europa e risultarono validi.
Agli albori
Agli albori della colonizzazione, i conquistatori (conquistadores in spagnolo) avviavano inizialmente un progetto di esplorazione territoriale. Quindi andavano in avanscoperta e perlustravano i territori impervi. Si rifocillavano e proteggevano nei cosiddetti comptoires, ossia dei fortini costruiti per difendersi dagli attacchi esterni.
Le comunità indigene che vivevano lungo questi territori, a partire dal nord fino ad arrivare al sud dell’America, erano molto diverse tra loro. Tuttavia convivevano perlopiù pacificamente, non essendoci pervenuti molti racconti riguardo diatribe e guerriglie interne.
Dunque, con l’arrivo degli europei, le loro abitudini e la loro vita sono cambiati. Ci sono stati innesti culturali da parte delle nazioni colonizzatrici: Francia, la Spagna, il Belgio, Portogallo. Sono nate le lingue creole, create appunto per commistione di lingue diverse e sono molti gli scrittori attuali hanno descritto questi fenomeni linguistici e culturali. Uno tra i tanti, Dany Laferrière in Je suis fatigué – in italiano Sono uno scrittore giapponese – egli affronta i pregiudizi di cui, a quei tempi, erano vittime i neri. Quest’ultimi, infatti, erano deportati dall’Africa ed in particolare dal Golfo del Benin. Perdevano la loro identità e diventano solamente un numero. A quel punto erano schiavi e venivano impiegati nella raccolta di barbabietola da zucchero.
Oggi
Oggi le popolazioni che sono rimaste e sono sopravvissute nei secoli, rischiano di scomparire per una nuova minaccia: l’inquinamento. Infatti, Stati come Bolivia, Perù, Argentina e Brasile risentono molto dei cambiamenti climatici e delle decisioni politiche prese parte dei governatori.
Il Presidente del Brasile, Bolsonaro, è stato denunciato dall’associazione austriaca AllRise, alla Corte Internazionale dell’Aja (CPI). Le accuse riguardano il fatto di aver commesso crimini contro l’ambiente e l’umanità, causando un’accelerazione nella deforestazione dell’Amazzonia. Per quanto riguardo i crimini commessi contro l‘umanità, questi sono stati attuati proprio nei confronti delle popolazioni indigene. Nella battaglia contro la crisi climatica, è necessario che i governi riescano a seguire una guida comune e accettata da tutti, non è concepibile quindi l’indifferenza dei governatori.
Rischi
Le comunità indigene della foresta amazzonica hanno subito avuto un notevole colpo a causa della pandemia; moltissime persone infatti hanno contratto il virus, nonostante abitino nel polmone verde del pianeta. Questo polmone, inoltre, risente del riscaldamento climatico, dei vari incendi sempre più frequenti. Recenti studi hanno portato alla luce il fatto che gli alberi e la vegetazione stanno iniziando ad emettere CO2, non riuscendo più a trasformare l’anidride carbonica in ossigeno. Nel momento in cui mancherà quest’ultimo, tutto il pianeta entrerà in uno stato di privazione, impattando numerosi aspetti della vita umana, e le varie pandemie ne sono una attuale dimostrazione.
Gli ecologisti di mezzo mondo e gli attivisti ambientali, guardano con molta preoccupazione l’amministrazione brasiliana e dei vari Stati confinanti. L’INPE (Istituto nazionale di ricerche spaziali del Brasile) sostiene che nel mese di ottobre 2021 siano stati distrutti 803 chilometri di foresta amazzonica; il cinque percento in più rispetto allo scorso anno, sempre nello stesso mese.
Nel 2012, ci sono state varie riforme a proposito del codice forestale e della tutela delle popolazioni indigene. I vari trattati e leggi firmate però non sempre sono rispettati, a discapito dell’intero pianeta. Ciò che si inquina e distrugge in un determinato stato, infatti, ha ripercussioni in tutto il resto del mondo. Il problema è, dunque, comprendere che l’egoismo e la superficialità personale sono come un boomerang, tutto il male che si fa, a discapito di un sistema economico capitalista, poi ritornerà.
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