Il XXI secolo potrebbe essere descritto come l’apogeo della tecnologia e della modernizzazione. Infatti, le realtà agricole stanno vivendo un periodo di grande declino, i lavori manuali vedono un eclissi notevole. Questo avviene tramite le nuove macchine, più veloci e tecnologiche.
Agricoltura della civiltà romana
Nel V secolo a.C. le terre a Roma erano a conduzione familiare, le dimensioni delle aziende agricole potevano variare, da 18 fino a 500 iugeri. Lo iugero corrispondeva all’area di terreno che era possibile arare in una sola giornata di lavoro con una coppia di buoi aggiogati.
L’agricoltura nell’antica Roma era considerata non solo una necessità, ma anche come uno stile di vita. Ci sono stati moltissimi uomini importanti che hanno dedicato le loro opere ed il loro pensiero alla campagna e all’agricoltura. Tra questi occorre ricordare Cicerone che affermava “fra le occupazioni nelle quali il guadagno è assicurato, nessuna è migliore dell’agricoltura”. Il pane rappresentava il prodotto principale dell’epoca romana, assieme al grano.
Catone, uomo politico e generale romano, scrisse che il vigneto era il prodotto migliore dell’agricoltura, seguito da un campo di grano, un bosco di alberi di ghianda, un pascolo ed un uliveto.
Pratiche dell’agricoltura romana
I Romani utilizzavano quattro metodi di conduzione dei terreni agricoli, tra cui: il lavoro e la gestione diretta, ossia gestita direttamente dal proprietario e dalla famiglia. Poi vi era la gestione affidata a terzi che consisteva nella suddivisione dei prodotti tra il mezzadro e il proprietario. Il lavoro poteva anche essere affidato agli schiavi che appartenevano ai signori aristocratici. Questi effettuavano dei controlli continui sugli schiavi stessi.
Commercio
Alcune province che erano possedimenti del territorio romano, si specializzarono nella produzione del grano. L’esempio più noto è quello della Sicilia, il granaio dell’impero. Altri prodotti molto importanti e diffusi erano: il carciofo, la senape, la menta, il timo, il fico, l’uva, la lattuga.
Rivoluzione agricola in Italia ed Europa
Nel corso del 1700, in Europa avviene una notevole crescita demografica, favorita dai progressi dell’agricoltura e dei trasporti. Aumenta infatti la superficie coltivata, soprattutto in Europa Orientale. L’Ungheria e l’Ucraina, libere dalla minaccia turca, estesero notevolmente le coltivazioni. La rivoluzione agricola interessò i campi, che vennero riuniti in fondi.
Molti contadini dovettero vendere ai Lord i campi e se ne andarono in città. La rotazione divenne quadriennale, ossia fu divisa in 4 parti invece che 3. Le grandi tenute dell’aristocrazia furono suddivise in campi recintati. Inoltre, i ricercatori adoperarono nuovi attrezzi per coltivare la terra, nuove razze e produzioni di capitali.
Da ricordare poi le enclosures, recinzioni per gli animali anch’esse innovative rispetto al passato.
Oggi
Al giorno d’oggi, le nuove tecnologie hanno permesso di sviluppare macchine e tecniche agricole molto più innovative, capaci di sostituire la mano umana. Questo fenomeno si muove verso una diminuzione delle emissioni inquinanti. Tra il 2016 e il 2018 sono cresciute le richieste per la vendita delle vetture elettriche nel mondo. L’e-mobility, però, fa fatica ad affermarsi data la scarsa presenza di colonne elettriche per la ricarica delle vetture.
Il declino dei lavori manuali
Si assiste, inoltre, ad un declino molto ampio dei lavori manuali. Si considerano di serie B molti lavori tra cui quello artigianale poichè non garantiscono un profitto a lungo termine.
Basti pensare a tutte le produzioni artigianali napoletane che in periodo pandemia hanno subito una notevole crisi, soprattutto durante il periodo natalizio. Infatti, in Campania così come nel resto d’Italia è stata interrotta in numerose città la produzione artigianale di manufatti, in assenza di fondi e aiuti o comunque di poche risorse, questi lavori non potranno avere un futuro.
Crisi e sopravvivenza
Coloro che cercano di sopravvivere si trovano ad affrontare una crisi notevole. Le prime difficoltà che si possono incontrare sono quindi le numerose tasse imposte dallo Stato, la pandemia che imperversa ormai da un anno e la paura di un futuro opaco.
Molti lavoratori perciò tentano di salvarsi in qualche modo, non pagando le tasse e mettendosi in proprio. Questo fenomeno negli ultimi anni è sempre più emergente e riguarda i lavoratori artigianali, le estetiste, parrucchiere, coloro che fabbricano pelletteria e anche i meccanici stessi. Sono sempre i giovani che intraprendono i lavori manuali.
In campo agricolo sono moltissime le persone che vengono sfruttate nei campi, soprattutto al sud, per la raccolta degli agrumi. È necessario che vengano rivalutati sia i lavori manuali che sono la base della prima produzione umana, sia l’agricoltura, fonte di sostentamento primario per l’uomo.
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