Giovani: la discriminazione sul luogo di lavoro

L’Italia e il lavoro. Due parole che negli ultimi anni sembrano stare su due rive opposte. È inutile negare che il lavoro sia uno dei grandi temi sociali con cui tutti, e in particolare noi giovani, ci scontriamo; il problema non sembra solo trovare un lavoro stabile, ma come la giovane età per alcuni rappresenti una forma di discriminazione.

La Pubblica Amministrazione

Andiamo con ordine. Il famoso Recovery Plan, anche se il vero nome sarebbe Next Generation Eu, indica come sia cruciale per la ripresa dalla seconda crisi economica, che ci ha colpito dopo quella del 2010, la riforma della Pubblica Amministrazione. Lo scopo è quella di renderla più efficiente e rispondere meglio alle sfide che il cambiamento tecnologico, e non solo, sta producendo nel nostro mondo. Inutile dire che, quindi, dare spazio alle nuove generazioni per svecchiare il settore burocratico italiano sia essenziale per la ripartenza del paese.

Il D.L. 44/2021

Il nuovo D.L. 44/2021 ha introdotto una preselezione per titoli ed esperienza nel settore pubblico, che crea il rischio concreto di porre fine alle speranze dei candidati più giovani e, quindi, in teoria, più consapevoli della società e del mondo che cambia. Una soluzione potrebbe essere, semplicemente, quella di considerare come la formulazione della nuova norma sia di dubbia costituzionalità.

Il punto più dibattuto del nuovo decreto è l’articolo 10. Qui, infatti, si introduce in fase di concorsi pubblici

“una fase di valutazione dei titoli legalmente riconosciuti ai fini dell’ammissione alle successive fasi concorsuali”.

La nuova norma introduce così una fase preselettiva, per soli titoli, che escluderebbe la partecipazione di un neolaureato alle fasi successive. La norma prevede quindi come il titolo prevalga sulla meritocrazia.

L’occasione mancata

La nuova norma serve, in teoria, a snellire e rendere più veloci le procedure concorsuali pubbliche. Quello che però, al di là dei motivi legislativi, desta moltissima delusione è il continuo scostamento tra le norme e i continui proclami politici. I giovani, ancora una volta, sono i primi discriminati nel mondo del lavoro: quelli costantemente menzionati come i costruttori del futuro del Paese sono i primi penalizzati. Grosse banalizzazioni come quella del D.L. 44/2021 avviliscono e impoveriscono le speranze di nuove generazioni, che tanto cambiamento positivo potrebbero portare nella Pubblica Amministrazione e, di conseguenza, in tutta Italia.

La discriminazione sul luogo di lavoro

Come visto prima, anche le nuove leggi penalizzano i più giovani e la discriminazione avviene costantemente sui luoghi di lavoro. L’indagine The Workforce View 2020 – Volume Uno, realizzato da Adp, multinazionale attiva nella gestione delle risorse umane, mette in luce numeri che parlano chiaro. Sul campione dei lavoratori intervistati, a fronte di un 67% che si dichiara non discriminato sul posto di lavoro, l’altro 33% ha risposto invece di sentirsi discriminato e i motivi sono vari.

L’analisi dei numeri

La discriminazione colpisce di più le donne, che spesso si sentono emarginate sul luogo di lavoro (39% contro il 33% degli uomini). Concorrono anche i motivi di gender, oltre che la gestione dei figli e l’aspetto fisico. I numeri, però, danno un’altra chiave di lettura. Se, infatti, analizziamo il campione dei lavoratori dal punto di vista dell’età, con il 45% che dichiara di essere discriminato, è la fascia tra i 18 e i 24 anni a soffrirne maggiormente. È evidente, quindi, come l’occupazione giovanile in Italia sia un problema non di poco conto. Sul luogo di lavoro le discriminazioni toccano i giovani e questo è un grave problema, il futuro del Paese passa dai giovani, eppure inevitabilmente questi sono discriminati.

La retorica contro i giovani

È inevitabile, poi, parlare di un certo tipo di retorica che circonda il mondo giovanile. Molte volte sembriamo schizzinosi che rifiutano offerte di lavoro perché non amano il sacrificio e la fatica. Una retorica che, però, riduce il dibattito e oscura i problemi socioeconomici e culturali. La questione, infatti, riguarda la formazione, il mancato incontro tra domanda e offerta, le condizioni di lavoro, i criteri di reclutamento e il ruolo che l’Italia vuole dare ai giovani. Il tasso di occupazione giovanile (under 35) è inferiore solamente a quello di Spagna e Grecia, le giovani generazioni sono quindi schiacciate da questa situazione complessiva, che conduce anche al loro impoverimento.

Le cause profonde

La genesi di una situazione catastrofica che rischia di spezzare le gambe al nostro futuro e a quello dell’intero Paese va ricercato a partire dalla metà degli anni ’90. Le riforme che si sono susseguite hanno puntato sul consentire alle imprese di offrire contratti al massimo ribasso e con la possibilità di fare a meno dei neoassunti. In breve, quindi, puntare sull’abbassamento del costo del lavoro piuttosto che sulla valorizzazione del capitale umano e sulle capacità di innovazione delle generazioni più giovani. Il XXI secolo vede cambiamenti susseguirsi uno dietro l’altro e, in questo sistema globale incerto e in continuo mutamento, sono le nuove generazioni che devono ricevere gli strumenti per instaurare una visione di lungo periodo per lo sviluppo del Paese e non di una navigazione a vista.

Fonti:

Altalex.com

Ilfattoquotidiano.it

Avvenire.it

Valigiablu.it


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