Libertà reale e libertà percepita

Libertà reale e percepita

“La libertà non è star sopra un albero. Non è neanche il volo di un moscone. La libertà non è uno spazio libero. Libertà è partecipazione

Cantava così Giorgio Gaber. Il messaggio trasmesso dal cantautore milanese era chiaro: la libertà non può essere solo un concetto astratto da far rimanere in un iperuranio di idee irraggiungibili. Va concretamente perseguita attraverso la partecipazione, l’azione comune che è ciò che rende l’Umanità forte, liberandola gradualmente dalle catene impostegli dalla natura.

I limiti

Per indagare la libertà e la sua percezione umana dobbiamo infatti partire dai limiti naturali a cui la nostra specie è sottoposta. Non possiamo volare ed eludere la forza di gravità, dobbiamo continuamente mangiare, bere ed espletare una serie di bisogni fisici e, soprattutto, moriamo tutti.

È quindi innanzitutto la biologia ad eliminare al principio la concezione di libertà come assenza assoluta di confini, possibilità di fare ciò che si vuole. Questo è semplicemente impossibile, abbiamo dei limiti originali che ce lo impediscono.

Ulteriori forme di limiti sono invece sociali e politiche: viviamo tutti inseriti in un contesto comunitario che ci impone degli obblighi espliciti o impliciti. Le leggi presenti in ogni comunità politica umana ne sono un esempio, ma anche le convinzioni morali ed etiche, l’educazione, i tabù sono tanti anelli di una catena secondaria che ci lega.

Si tratta di limiti meno invalicabili rispetto a quelli della biologia: una legge è quasi sempre possibile da violare, poi però se ne pagano le conseguenze su diversi piani. Da tutto ciò deriva che la libertà può essere solo relativa: non si può essere liberi in senso assoluto; si può essere liberi da qualcosa o di fare qualcosa.

La libertà è come uno spazio, non può mai essere infinito ma si può allargare in relazione ai propri limiti.

Ad oggi

Oggi libertà è talvolta una parola molto inflazionata e spesso usata come arma nell’arena politica. Molte leggi vengono descritte come liberticide e un modo per squalificare un avversario politico è sempre quello di descriverlo come avversario della libertà assunta a valore supremo (sintomo di una società sempre più individualista).

Nasce quindi uno iato tra quella che è la libertà reale, ossia il sopraccitato spazio delimitato che siamo riusciti ad aprirci con la nostra cooperazione umana, e l’idea fallace di libertà assoluta. Capita di ascoltare discorsi che associano iniziative legali per tutelare qualche categoria oppressa (come il caso del DDL Zan) all’assenza di libertà.

La pandemia da Covid-19 ancora in corso, ad esempio, ha offerto un pretesto per fare emergere in maniera ancora più dirompente questo fenomeno.

La pandemia

Una pandemia è una situazione sociale molto particolare che stravolge gli schemi di convivenza tradizionale. Non è un caso che opere di grandi letterati come Manzoni e Camus facciano riferimento ad episodi pandemici. Durante una pandemia il concetto di libertà che finisce quando inizia quella altrui viene estremizzato.

Anche libertà che normalmente sono scontate come uscire di casa diventano un pericolo per quella fondamentale del prossimo: quella di vivere e stare in salute. É evidente che in un contesto di questo tipo la libertà assoluta, già normalmente utopica, diviene un miraggio ancora più distante, si restringono gli spazi della nostra libertà relativa e tocca scegliere tra diritti fondamentali diversi. 

Durante la pandemia da Covid-19 in Italia si sono susseguite svariate misure sanitarie per contrastare quella che verrà ricordata come una catastrofe sanitaria. Dall’obbligo delle mascherine al primo grande lockdown nazionale, fino ad arrivare al green pass. Tantissimi opinionisti hanno tacciato questi provvedimenti come liberticidi e in vari livelli governativi di velleità dittatoriali.

In molti hanno anche fatto tristi paragoni con avvenimenti storici come l’Olocausto, e in questo caso non sono necessari commenti per bollarli come idiozie.

Ciò che è emerso da questo indesiderato esperimento politico di massa, è una generalizzata tendenza a scambiare la libertà con l’egoismo. Tutta la differenza tra la libertà reale di cui disponiamo e quella percepita che appare sempre insufficiente, sta nell’egoismo del singolo che vorrebbe semplicemente “fare ciò che vuole” senza badare alle vite altrui.

Elias Canetti sosteneva che ognuno di noi avesse in una metaforica cantina un piccolo traditore della società interessato unicamente al proprio interesse e pronto a tradire lo spirito di collaborazione per questo. Se tutti ascoltassimo il nostro piccolo traditore vivremmo una vita in cantina, immagine opposta di quella di libertà che continua ad essere considerata partecipazione.

 


Fonti:

auralcrave.com

origamisettimanale.it

Credits:

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