Cos’è la Fast Fashion
Da ormai diverso tempo ha preso forma l’idea della “fast fashion“, la moda veloce che fa riferimento a tutte quelle aziende di abbigliamento, per lo più multinazionali, che producono in maniera esponenziale capi e accessori a cifre irrisorie.
A cavalcare questo fenomeno ci sono alcuni dei marchi di moda più conosciuti del momento, come ad esempio Zara, anche se il primato spetta al colosso cinese Shein.
Seppur possa sembrare un fenomeno recente, l’idea della moda veloce nasce già nell’Ottocento, quando le industrie tessili dell’epoca iniziarono a realizzare i primi vestiti economici e in serie, destinati alle donne appartenenti alle classi medie (essendo che le donne dell’alta borghesia potevano acquistare capi unici e pregiati nelle botteghe di sartoria).
Da questo momento storico in poi iniziò a prendere piede lo sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici all’interno dell’industria tessile; nonostante i primi tempi rimase comunque abbastanza contenuto.
Un cambiamento definitivo nella diffusione e nell’acquisto di capi d’abbigliamento prodotti in serie avverrà negli anni ‘50 del Novecento, dopo la Seconda Guerra Mondiale.
In particolare fu tra i più giovani che si diffuse il desiderio di indossare degli abiti che si potevano trovare già pronti nei negozi, e che essendo prodotti in grande quantità, diventavano di moda tra coloro che li acquistavano.
Il termine fast fashion apparve però per la prima volta nel 1989, quando venne utilizzato dal New York Times in un articolo per far riferimento all’apertura del primo negozio Zara a New York.
Secondo l’articolo in questione bastavano solo 15 giorni affinché un capo di abbigliamento della linea Zara passasse dalla mente dello stilista, quindi dall’idea, alla vendita in negozio.
Il modello Shein
Shein rappresenta il colosso della fast fashion più famoso al mondo, con un fatturato che conta oltre 10 miliardi di dollari nel solo 2020.
Questo è reso possibile grazie a molteplici fattori, tra cui la scelta dei prezzi, molto più bassi rispetto ai vari competitor, lo stile sempre alla moda dei capi proposti, ma anche un’ottima strategia di marketing.
Si è diffuso, così, un nuovo modo di approcciarsi alla moda basato su un modello usa e getta, che avviene proprio tramite l’acquisto di vestiti a una cifra esigua per essere indossati all’occorrenza ma poi, non appena compare una nuova collezione, finiscono con l’essere inutilizzati o buttati perché non più in linea con le tendenze.
I principali problemi della fast fashion: etica e sostenibilità
Produrre per vendere capi di abbigliamento a basso costo comporta una serie di problemi.
In primis la produzione smisurata volta alla distribuzione sul mercato a un prezzo difficilmente superabile dalla concorrenza si ritorce sulla mano d’opera.
I lavoratori sono i primi a farne le spese, finendo per lavorare con un salario basso e costretti in condizioni spesso degradanti, con scarse garanzie e tutele.
In ultimo, ma non meno importante, un sistema produttivo così intenso e massiccio ha un serio impatto sull’ambiente.
La fast fashion, infatti, produce ogni anno più di un miliardo di tonnellate di gas serra, ovvero tra il 2 e il 10% delle emissioni totali, mente il trattamento e la tintura dei tessuti causano il 20% di inquinamento delle risorse idriche del pianeta.
Comprare o non comprare: il dilemma
Negli ultimi tempi è tuttavia in atto un’inversione di rotta (soprattutto tra le nuove generazioni) attraverso un ritrovato interesse verso il vintage e la moda sostenibile, sia grazie a piattaforme di compravendita di abiti e oggetti di seconda mano come Vinted o Wallapop, sia tramite i flea market, i mercati delle pulci dove è possibile acquistare pezzi d’usato unici.
Rimane comunque preoccupante l’indifferenza e la noncuranza di chi continua ad acquistare in maniera del tutto consapevole da queste multinazionali.
Nonostante la fast fashion costituisca un processo di democratizzazione della moda che permette a tutti di seguire le tendenze senza spendere troppo, i ritmi di produzione mastodontici di queste aziende possono essere realizzati solo in paesi per lo più in via di sviluppo, in cui il costo del lavoro è relativamente basso.
Può l’indossare capi in linea con le tendenze stagionali essere più importante dei diritti di una persona?
FONTI
CREDITS