Che cos’è la psicoterapia
Sicuramente avrete già intuito che cos’è la psicoterapia, o probabilmente già lo sapete. Ma io voglio spiegarvelo lo stesso. Dal punto di vista etimologico, psicoterapia deriva dal greco “psyckè“, ovvero “anima”, e “therapeia“, che significa “io curo”. Perciò, si va dallo psicoterapeuta per curare la nostra anima.
La psicoterapia serve a trattare numerose problematiche psicologiche e patologie, che vanno dal “semplice” disagio personale o disadattamento, fino a sintomatologie gravi, come problemi psicotici, ossessioni. Pertanto, questo tipo di prestazione assistenziale è a tutti gli effetti una branca della medicina, e dell’assistenza medica. Gli psicoterapeuti stessi sono psicologi o medici specializzati che si occupano di curare queste problematiche.
Branche e correnti di pensiero
Gli psicoterapeuti hanno tutti una formazione accademica poiché, come già scritto, si tratta di psicologi o medici specializzati. Tuttavia, ogni psicoterapeuta segue una corrente di pensiero, ovvero applica delle tecniche specifiche che appartengono ad una branca peculiare della psicoterapia: lo psicoterapeuta ha ricevuto formazione in quell’ambito, o semplicemente trova più affini e migliori alcuni metodi. Pertanto, possiamo distinguere le seguenti branche all’interno della psicoterapia:
- psicodinamica,
- cognitivo-comportamentale,
- adleriana,
- ericksoniana,
- psicosintesi,
- sistemica,
- umanistica,
- psicoterapia con la procedura immaginativa.
Il risultato pratico delle correnti di pensiero
In base a tali differenziazioni, a cui se ne potrebbero aggiungere altre, variano le tecniche applicate per curare i pazienti. Ad esempio, per la psicoterapia psicodinamica (o psicanalitica) “il sintomo manifestato dal paziente è la conseguenza di un conflitto inconscio” o “di un problema strutturale nello sviluppo di alcuni assetti psichici”, pertanto il medico curante cercherà di trattare i suoi pazienti attraverso il cosiddetto transfert. In questa corrente, si instaura uno stretto legame tra paziente e terapeuta.
Nella psicoterapia cognitivo-comportamentale, invece, il medico cercherà di modificare i comportamenti del paziente adottando specifici atteggiamenti interpersonali, o anche facendo delle sorte di giochi di ruolo. Questa branca ritiene infatti che il soggetto sia portatore di “convenzioni” errate, accumulate a causa delle situazioni di vita peculiari, le quali non gli permettono di elaborare in modo funzionale ciò che lo circonda. E così via.
Psicoterapia e pregiudizi
Ma non è importante sapere a livello scientifico quante e quali siano le correnti di pensiero utili ad aiutare i pazienti, anche se costituisce una buona base per essere consapevoli di che cosa si parli. Difatti, molti pregiudizi sulle persone che si sottopongono a psicoterapia derivano dall’ignoranza sul tema. Spesso “andare dallo psicologo” o dallo psicanalista è ancora considerato come un tabù, e si viene additati come “quello con problemi mentali”, “il pazzo”, “la depressa”, e tanti altri appellativi usati in modo dispregiativo e con leggerezza. Queste credenze sono totalmente sbagliate, e vanno sradicate.
Non sei depresso, sei solo triste!
Primo, perché tutto quello che viene catalogato come “essere matti” o “depressi” con eguale astio in realtà può nascondere seri problemi mentali. Ovvero malattie della mente, che vanno trattate al pari di un infortunio al ginocchio o di un problema al cuore: con l’aiuto di un medico specializzato, di farmaci (quindi ricorrendo anche a cure psichiatriche, professione diversa da quella dello psicologo), e di tanta terapia psicologica. Problemi come schizofrenia, bipolarismo o disturbo ossessivo-compulsivo necessitano obbligatoriamente di terapie mediche.
Ma il problema delle malattie o dei disturbi mentali è che vengono erroneamente sminuiti dai luoghi comuni, soprattutto quando si parla di ansia, attacchi di panico e depressione. No, essere depressi non significa “essere tristi senza un motivo valido”. Soffrire di depressione equivale a soffrire di una qualsiasi altra malattia che non esiteremmo a compiangere, come ad esempio il diabete, con sintomi più insidiosi, poiché derivano dalla mente. Perciò il caprone di turno (ehm, scusate, individuo) penserà che per guarire basti solo “pensare positivo” o “ridere un po’”. Allora perché non andate a dire a Zanardi di alzarsi in piedi e camminare?
Sei debole!
Secondo, dal lato opposto, decidere di sottoporsi ad un trattamento psicologico può voler dire al contrario che semplicemente si ha bisogno di un sostegno, o che si vuole cambiare qualcosa nella propria vita. È una scelta difficile da prendere per la persona che si è accorta di avere un problema, una difficoltà, insomma di voler esprimere un disagio con qualcuno di esterno al proprio ambiente, e che sappia accompagnarlo in un percorso di cambiamento. Innanzitutto, perché guardarsi dentro e capire di aver bisogno di aiuto richiede uno sforzo tutt’altro che scontato.
Tutto ciò è reso ancora più difficoltoso dagli stereotipi. Se si decide di andare dallo psicologo si è deboli. Non si è capaci di cavarsela da soli, di risolvere le proprie faccende in autonomia. E in una società come quella odierna, piena di filosofi tuttofare, con le perle di vita nascoste nella manica, ma anche di imprenditori, “self-made men”, founder e CEO di “STAPIPPA S.p.A.” a dettare le regole per essere una persona accettabile, secondo canoni assurdi e completamente distaccati dalla realtà, si fa fatica ad accettare che nella vita si possa anche vivere dei momenti difficili.
Psicoterapia e pandemia
In realtà ammettere di avere bisogno di aiuto richiede grande coraggio, e volontà di cambiamento. significa accettarsi con le proprie fragilità e debolezze, capire i propri problemi e cercare di risolverli dalla radice. La pandemia da Covid-19 è stato anche un altro fattore di crescita di disagio nella popolazione, soprattutto negli adolescenti, in cui la personalità deve ancora formarsi completamente. Tuttavia, la crisi sanitaria ha reso la psicoterapia un po’ meno stigmatizzata.
Siamo spugne
Ma se ci pensiamo bene, e qui vorrei lanciare una riflessione, perché ognuno di noi non potrebbe avere uno psicologo “personale”? Ho sempre pensato che ogni individuo sia come una spugna, ed assorba e metabolizzi in modo specifico ciò che gli accade, anche a seconda del contesto in cui è cresciuto e con cui viene in contatto. Un po’ come una spugna che vive alle Maldive ed una che vive nel Mediterraneo: si plasmeranno a seconda dell’ambiente marino in cui vivono. Ma due spugne del Mediterraneo saranno anch’esse differenti in molte cose, seppur simili all’apparenza. Ad esempio, una delle due potrebbe essere più porosa ed assorbire più acqua, e viceversa. O una potrebbe essere più dura all’esterno, per difendersi dagli attacchi dei pesci.
Uno psicoterapeuta per uno non fa male a nessuno
Così è anche per le persone: ognuno di noi nasce in una determinata famiglia, cresce in un contesto specifico, riceve un’educazione peculiare, e vive molteplici esperienze. Sono queste che formano il carattere, e come siamo stati abituati ad accoglierle ci differenzia. Perciò, avere una persona “altra“ con cui confrontarsi in situazioni particolari potrebbe essere un modo per osservare altri punti di vista. Per elaborare le proprie sensazioni in modo migliore, soprattutto quando si tratta di eventi spiacevoli. Andare dallo psicologo non ha mai fatto male a nessuno, anzi! A mio parere, se ognuno di noi avesse uno psicologo personale, l’umanità sarebbe un po’ più comprensibile e ci sarebbero meno disagi sociali. Curare l’anima è essenziale tanto quanto curare il corpo.
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