Il valore del contesto
Quante volte, negli ultimi tempi, si è fatto leva su termini come “contestualizzare”, “specificare” o “strumentalizzare”?
Tutti apparentemente inerenti e pertinenti alla sfera del contesto.
Il loro conto sembra affossarsi tra i fiumi di discorsi retorici e propagandistici, nei quali però sembrano essere utilizzati con finalità meramente conflittuali al fine di ottenere consensi o vittorie su dibattiti o discussioni.
È pertanto doveroso considerare la natura del linguaggio e la necessità imprescindibile dei sintagmi (unità sintattiche aventi significato autonomo) di essere legati e connessi ad un ambiente contestuale che gli sia pertinente.
Il contesto non si fossilizza su una semplice legge linguistica. Può assumere forme e significati a seconda delle tematiche, i periodi storici e il tono attorno ai quali viene fatto ruotare all’interno di una discussione.
Il caso Montanelli
Alcuni esempi recenti di diatribe riguardanti il contesto storico, sono datati 2020. In tanti ricorderanno l’imbrattamento da parte di alcuni facinorosi di una statua intitolata ad Indro Montanelli.
L’accusa rivolta a Montanelli era quella di stupratore e razzista per aver preso in moglie, durante la sua partecipazione alla campagna di colonizzazione italiana dell’Etiopia degli anni Trenta, una bambina di dodici anni.
Questa azione che ha fatto seguito a tante altre forme di violenza verso la realizzazione di statue o simboli legati all’era colonialista in numerose città del mondo, come già accaduto ai monumenti dedicati a Cristoforo Colombo a St. Paul in Minnesota; Jefferson Davis in Virginia; e a Bristol, con la rimozione della statua del mercante e commerciante di schiavi Edward Colston.
D’altro canto, come più volte ribadito dal diretto interessato, era uso comune per un militare all’epoca prendere in sposa una bambina. Così ha dichiarato Montanelli nella celebre intervista a “L’ora della verità” (1969), e ha scritto sul Corriere della sera, nel 2000:
“No signora, guardi, sulla violenza… nessuna violenza perché le ragazze in Abissinia si sposano a 12 anni”.
“La ragazza si chiamava Destà e aveva 12 anni, particolare che in tempi recenti mi tirò addosso i furori di alcuni imbecilli ignari che nei Paesi tropicali a dodici anni una donna è già donna, e passati i venti è una vecchia”.
Un’usanza che al giorno d’oggi farebbe rabbrividire chiunque ma che, nei difatti anni Trenta, poteva essere considerata alla stregua di una prassi.
Altri esempi storici sul contesto
Collegando e decontestualizzando la vicenda, fornendo al lettore uno spunto intrinseco alla questione, si potrebbe far riferimento al forse più noto e amato Pier Paolo Pasolini.
Pasolini ha affrontato tra il 1949 e il 1952 un processo (salvo poi uscirne assolto) per atti osceni e corruzione minorile, con l’accusa di aver sedotto e adescato tre minori di quindici anni.
Questo collegamento potrebbe apparire del tutto fuorviante ai fini della discussione, poiché non si riscontra alcun nesso sociale, umano e storico tra le due epoche e le due figure. Spesso, tuttavia, le due vicende vengono paragonate nonostante le loro intrinseche differenze.
La stessa proposta avanzata qualche anno fa, di bruciare libri inneggianti alle passate ideologie fasciste, cade nella decontestualizzazione storica. Il rischio, paradossalmente, è quello di imitare quanto fatto dagli stessi nazisti nelle Bücherverbrennungen, i roghi organizzati nel 1933 dalle autorità della Germania nazista, durante i quali vennero bruciati tutti i libri non corrispondenti alla loro ideologia. Con l’aggravante però di cancellare prove tangibili dei mali commessi in passato, che hanno un solo scopo: quello di ricordare e non permettere che certi atti vengano più commessi.
Conclusione
Si può raccontare qualcosa, ma il contesto rimane fondamentale per la descrizione complessiva dei fatti. Evitando di entrare in ambiti linguistici troppo specifici come la pragmatica, che da sempre studia la forza degli atti linguistici nel contesto, c’è da dire che nella maggior parte dei casi i dialoganti conoscono le regole ufficiali e ufficiose per un corretto dibattito. Non sempre, tuttavia, è semplice tenere fede a queste regole.
La strumentalizzazione o la decontestualizzazione di parole o concetti verso ambiti del tutto sconnessi dal punto focale del discorso, sono da considerare come pratiche sleali ed innaturali poiché devianti la natura del linguaggio stesso.
“L’incomprensione del contesto, rende inutile qualsiasi concentrazione sul dettaglio”(Marco Trevisan)
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