La partigiana Tina Costa ai giovani, anche quelli che ne vandalizzano la memoria

I giovani devono devono prendere in mano le redini di questo Paese, devono fare come abbiamo fatto noi nel lontano ’43, stringere i pugni e andare avanti. Perché siamo dalla parte giusta, siamo dalla parte della ragione, e dobbiamo continuare a camminare sulla strada del giusto e della ragione per mantenere la libertà

A rivolgere questo accorato appello a giovani e giovanissimi è stata, nel giugno 2018, una ragazza di 93 anni, che rispondeva al nome di Tina Costa. Scomparsa nel marzo 2019, Costa era parte di quella generazione che il fascismo voleva nata e allevata nel proprio culto. Lei, invece, crebbe antifascista senza “aspettare gli errori in mezzo alle cose buone”, come scrive in un suo ritratto Il Manifesto. Diciottenne, era diventata staffetta partigiana lungo la linea gotica, sulle colline riminesi dove è nata.

È stata poi iscritta al PCI e sindacalista, ma sintetizza ancora il manifesto, “L’opposizione irriducibile alla costruzione ideologica della società categoriale e razzista voluta dal fascismo e strutturata sulla base della discriminazione «per legge» dei diritti delle donne, degli omosessuali, dei dissidenti politici e degli ebrei è sempre stata il punto centrale del suo messaggio storico-politico”. Forse proprio per questo le sue parole appassionate nei confronti delle generazioni più giovani, le ha rivolte dalla testa del Roma Pride, a cui aveva accettato di partecipare da subito, accanto a Modesto di Veglia, membro con lei dell’ANPI e della Resistenza. Una scelta che ha probabilmente stupito qualcuno, ma non lei, che spiegava la sua scelta con grande chiarezza

l’orientamento sessuale non può e non deve essere un fattore di discriminazione. Quando abbiamo combattuto per conquistare la libertà non era mica solo per noi? Io la liberazione non l’ho fatta solo per me. E poi gli omosessuali hanno dato un contributo importante, e spesso taciuto, alla liberazione. In tanti, in tantissimi sono finiti nei forni crematori.

Non solo per i cosiddetti triangoli rosa, però. “Noi abbiamo combattuto anche per quelli che oggi pretenderebbero di tornare indietro”, tuonava dal Pride Tina Costa. Per gli stessi, probabilmente, che hanno imbrattato con una svastica la targa che la ricorda, apposta nel quartiere romano di Cinecittà i primi giorni di dicembre e vandalizzata ben due volte entro Natale. Un gesto, l’ennesimo, di vandalismo fascista, per cui la presidente del Municipio VII di Roma Lozzi ha invocato l’esigenza di un maggior dispiegamento di forze dell’ordine per “tenere più sotto controllo la zona”. Eppure,  quanto poco sia utile stupirsi e cercare il colpevole tra le fila dei delinquenti, o anche soltanto di quelli che settant’anni fa sono stati nemici, lo aveva notato la stessa Tina Costa, mettendo in guardia chi si dice antifascista

Un po’ di responsabilità ce l’abbiamo anche noi perché abbiamo lasciato correre, pensando che non ci competesse difendere certi diritti acquisiti. E invece ci compete.

E allora, sempre dal palco, è proprio lei a lasciare il senso stesso di scrivere di lei e di fascismo, di dedicarle una targa che sia di monito:  “Saremo tutti noi, assieme dico, a cambiare questo Paese. Oggi avete dimostrato che si può. Bisogna avere il coraggio di osare e riprendere in mano le sorti di questo Paese”, difendendolo da quelle “istanze regressive nel cuore della nostra modernità che venivano da lei identificate prima ancora che con un «eterno ritorno» del fascismo come una profonda crisi della democrazia”, come sintetizza Guidi sul quotidiano romano.

La cui pervasività viene simbolizzata in modo chiaro e spietato da un gesto che non è ormai che uno dei tanti: Sono ormai centinaia e quotidiani gli atti vandalici, i danneggiamenti e gli attacchi più o meno violenti ai simboli della Resistenza. Per prendere ad esempio una data per tutte, il 25 aprile, quest’anno si è registrata una escalation. Solo nel settantacinquesimo anniversario della liberazione della città, a Milano veniva appiccato il fuoco alla corona posta accanto alla lapide che a Milano ricorda il partigiano Carlo Ciocca. A Roma è stata bruciata per la seconda vota la libreria La pecora elettrica, (di cui Elzevirus ha parlato qualche mese fa), e sul Raccordo è stato esposto uno striscione che recitava “25 aprile: il nostro onore. La vostra eterna sconfitta. Noi non abbiamo tradito!”. Durante le celebrazioni, sempre nella capitale, nostalgici della Repubblica di Salò si sono dati convegno con croci celtiche e fasci littori, al grido di “Mai più antifascismo”. Nello stesso giorno, riporta l’Ansa, svastiche e croci celtiche sono apparse sui muri del centro storico di Marsala, e due lapidi sono state imbrattate a Bologna e a Scarlino, nella provincia di Grosseto, dove una targa sul palazzo comunale ricordava il partigiano Flavio Agresti. Solo pochi giorni prima a Vighignolo, nel milanese, era stata data alle fiamme la statua raffigurante Giulia Lombardi, uccisa a 22 anni per rappresaglia mentre andava al lavoro. All’età di quei giovani a cui oggi, la sua storia e la voce di Tina Costa passano il testimone.


Fonti:
Targa
Video Roma Pride
Ritratto
Intervista 
Atti vandalici

Credits:

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