Molestie e violenza sessuale sono due concetti diversi
Nell’immaginario collettivo, tendiamo spesso a usare il termine molestie come sinonimo di violenza sessuale e viceversa. In realtà, però, si tratta di due concetti distinti, con un proprio significato e con le proprie conseguenze penali. Per iniziare a fare chiarezza, è giusto indicare la definizione precisa dei termini, secondo i dizionari.
Definizione di molestia
Secondo Treccani, il termine molestia a livello penale è un “reato di chi, con qualunque mezzo, arrechi disturbo o fastidio ad altri”. Per molestia sessuale, invece, sempre Treccani indica: “l’atto di infastidire con comportamenti, parole o atti indesiderati a sfondo sessuale”.
Definizione di violenza sessuale
Per violenza si intende “Ogni atto o comportamento che faccia uso della forza fisica (con o senza l’impiego di armi o di altri mezzi di offesa) per recare danno ad altri nella persona o nei suoi beni o diritti”.
Con riferimento al contesto della violenza sessuale si intende invece un “delitto contro la libertà personale, che consiste nel costringere con violenza o minaccia una persona a compiere o subire atti sessuali”.
Gli esempi di molestie sessuali
Le due definizioni svelano il confine, a tratti sottile, che c’è tra i due reati. Si tratta, in entrambi i casi, di atteggiamenti deplorevoli, che vanno a causare disagio e traumi alle vittime. Sia molestando che attuando violenza sessuale su qualcuno, si lede la sfera intima di una persona e si commette, senza ombra di dubbio, un reato.
Le molestie si legano a un contesto sessuale e spesso si sviluppano in forma di espressioni volgari a sfondo sessuale. Si tratta spesso di comportamenti in cui la sfera fisica non è contemplata. Tuttavia, lasciano segni sulla psiche degli individui (nella maggior parte dei casi donne) che subiscono queste molestie.
La maggior parte delle donne, durante la propria adolescenza e la propria vita adulta, diventa vittima di molestie di diversa tipologia. Secondo l’Istat, le forme di molestia verbale sono le più diffuse. Gli episodi di pedinamento, invece, si collocano al secondo posto. Altri esempi di molestie sono le telefonate e i messaggi di carattere osceno.
In alcuni casi, purtroppo, le molestie non si limitano ad approcci verbali, ma scendono sulla fisicità. Capita troppo spesso che le donne vengano avvicinate da estranei e toccate inconsapevolmente. Nella gran parte dei casi ciò accade in contesti come i mezzi pubblici, dove la vicinanza fisica favorisce atti di questo tipo. Ed è proprio nei casi di approcci fisici che il confine tra violenza sessuale e molestie si sgretola, ed è quindi necessario contestualizzare.
Il fenomeno del cat-calling
Per strada invece è molto diffuso il fenomeno del cat-calling, che è al centro di vari dibattiti ultimamente. Per cat-calling si intende una “espressione verbale e gestuale di apprezzamento di natura sessuale, rivolto in modo esplicito, volgare e talvolta minaccioso, ad una donna incontrata per strada o in un luogo pubblico”.
I dibatti sull’argomento sono molti, proprio per la facilità con cui questo fenomeno può prendere piede. Basta fare un’analisi nella propria cerchia di conoscenza per rendersi conto di come qualsiasi donna abbia almeno un’esperienza di cat-calling alle spalle. Si tratta di atti che mettono in imbarazzo chi subisce l’atto. Sono opinioni e apprezzamenti non richiesti, spesso espressi in modo volgare e fuori luogo.
La violenza sessuale e lo stupro
Secondo la Corte di Cassazione, siamo di fronte ad una violenza sessuale “ogni volta che viene compiuto un atto che consiste in un contatto corporeo (anche se fugace)”. La violenza sessuale è grave proprio perché “pone in pericolo la libera autodeterminazione della persona offesa nella sua sfera sessuale”.
Si tratta di una violazione in piena regola, che sfocia poi nella forma più grave di tutte: lo stupro. In questo caso siamo di fronte ad un vero e proprio atto sessuale costretto. Ma quali sono le pene previste in caso di violenza sessuale?
Il reato contro l’onore e il matrimonio riparatore
Fino all’agosto del 1981 era in vigore, nella nazione italiana, il reato contro l’onore. Si tratta di una legge che salvaguardava l’onore e la reputazione di chi commetteva un crimine (molto spesso di tipo sessuale).
L’onore, pur essendo un valore sociale, era in questo caso tenuto in conto anche a livello giuridico. E proprio la reputazione giustificava un marito che uccideva la propria moglie, nel caso in cui essa lo avesse tradito. L’uccisione, in questo caso, andava a salvaguardare l’immagine della famiglia.
In questo contesto va inserito anche il matrimonio riparatore. Dal punto di vista giuridico, infatti, chi commetteva una violenza sessuale ai danni di una donna, veniva assolto dalle sue colpe penali, nel caso cui avesse sposato la vittima in questione. Il matrimonio poteva nascondere il crimine, anche perché molto spesso le donne violentate dovevano affrontare anche una gravidanza. Sposandosi, quindi, evitavano di disonorare la propria famiglia, anche se in realtà erano state loro stesse vittime di un reato.
La condizione retrograda dell’Italia del passato
Ed è questo il clima vissuto nel nostro paese fino a pochi decenni fa. Le donne non ricevevano lo stesso trattamento riservato agli uomini, che non venivano colpevolizzati, come abbiamo visto, neanche nel caso in cui fossero dei violentatori.
La donna era vista come moglie e madre, succube e silenziosa. Non aveva dei propri desideri, sentimenti, aspirazioni. Tanto è vero che, addirittura, non aveva voce in capitolo nel contesto del matrimonio riparatore. Non poteva dirsi offesa da un atto gravissimo come uno stupro, ma doveva convivere con la consapevolezza di dover sposare il proprio violentatore.
Questa condizione retrograda e patriarcale sembra, fortunatamente, lontana dalla nostra società odierna. Oggi le donne, dopo moltissime battaglie, possono vedersi riconosciuti i propri diritti e sono libere di mostrare al mondo la propria forza e determinazione, in ogni campo. La battaglia comunque è ancora lunga.
La condizione attuale
I casi di femminicidi sono alle stelle, nella società contemporanea. Gli uomini pensano ancora di poter trattare le donne come propri possedimenti e di avere completo controllo su di esse. Al punto da ucciderle se esse si ribellano. Molto spesso, inoltre, assistiamo a casi in cui le donne vittime di abusi e di violenze vengono colpevolizzate.
Si sottolinea come il posto frequentato da vittime di stupro sia malfamato, come le donne si vestano spesso con vestiti attillati e provocanti. Si tratta di una mentalità chiusa e inaccettabile al giorno d’oggi. Anche perché pensare di poter giustificare uno stupro con i vestiti indossati dalla vittima, non ci rende migliori rispetto a chi praticava il reato contro l’onore.
La libertà di vestirsi come si vuole dovrebbe essere già conquistata da un pezzo. Ciò su cui bisogna invece far riflettere è la paura costante delle donne, che provano disagio e terrore anche solo camminando da sole per strada. Bisogna focalizzarsi su questi elementi, cercando di capire cosa c’è ancora da fare per rendere il mondo migliore e più rispettoso.
Il reato contro la persona per lo stupro e la violenza sessuale
La violenza sessuale è diventata un reato contro la persona, in Italia, solamente nel 1994. Prima di quell’anno, si trattava semplicemente di un reato contro la morale. Non veniva contemplata l’idea che la donna avesse una propria individualità, che doveva essere rispettata. Il corpo di una donna era ancora visto semplicemente in funzione della maternità. Le donne erano semplicemente l’oggetto del desiderio maschile.
Non ci si focalizzava sulla sfera intima e sessuale delle donne, con libertà e desideri annessi. L’uomo poteva decidere di avere rapporti sessuali con chi voleva, pur conservando l’immagine di buon padre e marito di famiglia. La donna, invece, non era neanche considerata una persona. E il fatto che la legge in merito sia entrata in vigore solo pochissimo tempo fa ci fa capire come sia una battaglia ancora lunga.
Le donne che hanno sofferto e che continuano a soffrire per casi di violenza e di molestie sono tantissime, troppe. L’educazione, la sensibilizzazione verso il rispetto di ogni essere umano va insegnata fin dalla tenera età. Bisogna arrivare a capire che i diritti fondamentali sono di tutti, senza distinzioni di nessun tipo. Soprattutto davanti alla legge.
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