Oltre il Muro: la vergogna continua nel 2019

Tu stai di qua, loro di là. Noi siamo superiori, loro non possono mischiarsi con noi, sono diversi. Sono passati 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino, uno dei ricordi più tristi e dolorosi della nostra storia. La storia non ha fine, questa si ripete, ancora oggi, nel 2019. 

All’inizio del suo mandato presidenziale, così come in campagna elettorale, il neo presidente eletto degli USA Donald Trump annuncia la sua idea di costruire un muro sul confine tra USA e Messico. L’obiettivo è arginare il flusso migratorio e porre fine all’illegalità proveniente dal vicino Messico. 

Indignazione, sgomento, paura, orrore, rassegnazione, indifferenza. Sono solo alcune delle emozioni scaturite dall’annuncio, annuncio che di fatto ha solo concretizzato qualcosa che, sia in teoria che in pratica, era già presente, non solo nella terra delle opportunità.

IL MURO DELLA VERGOGNA

Il Muro di Berlino — Schandmauer, come era tristemente noto ai tedeschi. Non è l’unico: la barriera di separazione israeliana, tra Israele e Cisgiordania; la barriera che separa la zona greca di Cipro da quella turca; e oggi si torna a parlare ancora del muro tra Stati Uniti d’America e Messico.  Quando il 9 novembre 1989 cadde il Muro di Berlino, le costruzioni simili erano circa 15 in tutto il mondo. Oggi, nell’era degli scambi, di Internet e delle connessioni sempre più veloci, queste costruzioni ammontano a 70, più altre 7 in costruzione. 

Il fine di un muro è difensivo, serve a tenere lontano qualcosa di cui si ha paura, chi è diverso, “gli altri”. Scopo comune dei muri è quindi quello di proteggere chi si trova all’interno del muro, “i buoni“, mentre all’esterno si trovano “i cattivi“.

Elizabeth Vallet, a capo di un progetto dell’Università del Quebec a Montreal ha effettuato degli studi che hanno portato alla realizzazione di una mappa contenente tutte le barriere e i muri presenti oggi nel mondo.

Sebbene i muri vengano visti come un fenomeno a noi lontano, sia temporalmente che fisicamente, la storia contemporanea ci mostra che non è così. Solo in Europa sono presenti barriere lunghe complessivamente sei volte quello che era il Muro di Berlino. 

Il The Transnational Institute (Tni) ha pubblicato due report inerenti la questione muri in Europa: Building walls. Fear and securitization in the European Union nel 2018 e The Business of Building Walls il 5 novembre 2019, pochi giorni prima del 30esimo anniversario dalla caduta del muro di Berlino. 

LA LINEA VERDE DI CIPRO e la situazione Europea

Cipro ha da sempre visto la presenza di due diverse popolazioni: quella turca e quella greca, ma in seguito all’Indipendenza dal Regno Unito raggiunta dall’isola nel 1960 iniziano gli scontri tra le due culture. È necessario l’intervento ONU che aiuterà, attraverso un corpo di pace, le forze britanniche stanziate sull’Isola. Il termine “linea verde” deriva da un confine tracciato su una mappa con una matita, verde per l’appunto, dal generale britannico Young, volto inizialmente a stemperare le tensioni nella capitale, Nicosia. Solo successivamente il confine è stato allargato in tutta l’isola, creando la divisione tra nord e sud. Il sud riconosciuto internazionalmente, al contrario del nord che, invece, è riconosciuto solo dalla Turchia. 180 chilometri. Tratti di muro, filo spinato, sacchi di sabbia, torrette di guardia tagliano in due l’isola. 

Nel 2008 un punto di svolta: vengono permessi gli spostamenti da una parte all’altra dell’isola, tranne per una zona. Varosia, quartiere di Famagosta, oggi è tagliato fuori, un quartiere fantasma, completamente chiuso dal filo spinato. Stiamo parlando del cosiddetto “spazio intermedio”, dove non ci sono abitanti, solo controlli da una parte e dall’altra, osservati costantemente “dall’altro”.

Nonostante i 7 punti di attraversamento riconosciuti, ancora oggi, nel 2019, non si è trovata una soluzione e la barriera è ancora lì. 

Non è l’unico caso in Europa: Turchia e Grecia, Ungheria e Serbia, Austria e Slovenia, Francia e Regno Unito (sul canale della Manica) e persino una barriera in Irlanda, la Peace Line, nelle città di Belfast e Derry, volta a separare la comunità cristiana da quella protestante. È surreale, ma è tutto vero e accade in Europa, nel 2019. 

IL CASO USA-TRUMP

Nonostante il tentativo di costruire un “nuovo” muro sia recente, questo è di fatto già realtà da diversi anni. Al confine tra Messico e Stati Uniti è presente infatti una rete metallica, iniziata sotto la presidenza Bush, negli anni ’90, e rinforzata durante l’amministrazione Clinton, attraverso la presenza fissa di forze dell’ordine volte a garantire la sicurezza. 

Uno dei punti forti della campagna di Trump è stato proprio il voler dare giustizia a questo grande e bellissimo muro, nonostante sapesse benissimo l’alto livello di opposizione politica e l’ingente costo che avrebbe comportato l’azione. Alcuni repubblicani conservatori una volta capite le sorti tentarono di tirarsene fuori, prima che fosse troppo tardi, cercando di smorzare la situazione. A detta di alcuni la parola “muro” sarebbe stata utilizzata come un codice per indicare un rafforzamento al confine. I recenti avvenimenti ci dicono che, tristemente, non è così. Trump il muro lo vuole costruire, precisando addirittura l’uso di cemento armato per un’altezza complessiva di addirittura 9 metri. 

Mostratemi un muro alto 15 metri e io vi mostrerò una scala alta 15 metri e mezzo.

– Janet Napolitano, ex segretario della Sicurezza interna degli USA

(T. Marshall, I muri che dividono il mondo, Garzanti, 2018)

Per i 30 anni dalla caduta del Muro, il 9 novembre, un gruppo di cittadini di Berlino invia al Presidente Trump un pezzo del Muro per ricordare che nessun muro dura per sempre.

Vorremmo darvi uno degli ultimi pezzi del fallito Muro di Berlino per commemorare la dedizione degli Stati Uniti alla costruzione di un mondo senza muri. La Germania è di nuovo unita e a Berlino solo pochi pezzi sparsi ci ricordano che nessun muro dura per sempre. — riporta Agi

Perché i muri possono separare fisicamente, ma le idee, la cultura e la storia non possono essere fermate, neanche dai confini fisici. E per evitare che la storia si ripeta, ancora ed ancora, bisogna prima di tutto informare le masse, istruirle, sconfiggere i pregiudizi e dare aiuti concreti, integrare, non innalzare muri e barriere. 

I MURI DI SEGREGAZIONE (o ghetti): da Varsavia a Lima

Le barriere servono quindi per proteggere e tenere fuori qualcosa, ma cosa succede quando invece vengono fatte per tenere dentro? Si creano i “muri ghetto” come vengono chiamati da Il Post; il più noto della storia? Il ghetto di Varsavia. 

Costruito nel 1940 per tenere tutti gli ebrei al suo interno per evitare contatti con la popolazione superiore, quella ariana. Appena due anni dopo inizierà uno dei periodi più bui della storia, lo sterminio degli ebrei — l’olocausto e la Seconda Guerra Mondiale erano alle porte. 

El muro de la vergüenza

Il muro della vergogna che troviamo a Lima non è fatto per dividere gli ebrei da una razza superiore, ma per dividere i poveri dai ricchi, perché sì, oggi, nel 2019, essere povero è ancora un segno di discriminazione. Secondo l’amministrazione di Lima dovrebbe servire a scopo preventivo contro gli insediamenti abusivi, di fatti è un muro che divide i ricchi dai poveri, La Molina da Pamplona Alta, un complesso di baracche. Costruito negli anni ’80 da una comunità religiosa per evitare che le abitazioni della campagna si avvicinassero troppo, è arrivato poi a seguire il ritmo di espansione della baraccopoli. Oggi el muro de la vergüenza rappresenta un simbolo contro tutte le ingiustizie sociali in Perù. 

Le persone vivono senza un adeguato sistema fognario, senza acqua, senza elettricità. In una città con più di 9.000.000 di abitanti tutto ciò è impensabile. Il muro non ha fatto altro che complicare la già difficile vita di queste persone; se infatti prima ci volevano 15 minuti a piedi per raggiungere il lavoro, ora le persone devono farsi ore di traffico e fila al checkpoint per poter superare la linea di divisione. Molti ragazzi giovani non sono nemmeno mai riusciti ad oltrepassare il confine, non sanno cosa c’è nella città. In seguito alla crisi sociale ed economica del Venezuela la situazione non ha fatto altro che peggiorare per via dell’ondata migratoria.

Il Perù è uno di quei paesi che possiede la più alta disparità sociale: appena il 20% della popolazione totale detiene più del 50% della ricchezza del paese. Il muro non fa altro che accentuare queste differenze rendendo a chi sogna un cambiamento, a chi vuole emanciparsi, la vita ancora più difficile. 

I MURI MENTALI: xenofobia e razzismo

Perché ancora oggi si costruiscono muri? Perché si creano divisioni? La ragione è solo una: la paura. Siamo sempre stati abituati a stare con i nostri simili, tra i nostri simili ci si deve aiutare, fidare ed è un concetto noto fin dall’antichità quando i villaggi si chiudevano nelle mura per essere al sicuro, per stare con chi era simile a loro. L’equilibrio andava preservato e ancora oggi è così. L’altro è sempre visto come cattivo, diverso e perciò sbagliato. Quando costruisci un muro stai proclamando la tua superiorità rispetto a qualcun altro. In seguito agli attentati del 2001 la situazione si è fatta sempre peggio, fino ad arrivare a oggi, 77 barriere. Barriere fisiche che esistono e sono tangibili, si vedono, ma ce ne sono molte altre che non vediamo, ma chi se le ritrova davanti le percepisce. 

La globalizzazione ha accentuato ancora di più queste differenze, differenze percepite come sbagliate, pericolose. 

Gli immigrati scappano da un paese che non è in grado di gestirli come cittadini e dall’altra parte ci sono paesi che non vogliono assumersi il peso di queste persone. Con un mondo sempre in crescita, nonostante in alcune zone la povertà stia diminuendo, è logico pensare che presto la miseria e la povertà aumenteranno a dismisura. I paesi più ricchi costruiranno altri muri per non perdere il loro status e quelli poveri saranno sempre più poveri perché lasciati indietro. 

L’idea dei confini aperti

Secondo alcuni studiosi si dovrebbe adottare il sistema “confini aperti”. Nathan Smith, docente di economia alla Fresno Pacific University descrive la sua idea come un regime di libertà totale. Mettere fine ai controlli sulla migrazione potrebbe ridurre la povertà mondiale e renderebbe più veloce la crescita economica. Metterebbe in discussione i governi, su che base vengono stabiliti i criteri per la migrazione? Altri sostengono anche che consentire una cittadinanza sia immorale perché i diritti dei cittadini risultano venire prima dei diritti morali.

Secondo Tim Marhsall, seppure queste idee sarebbero, in teoria, giuste, non tengono conto di due fattori cruciali:

  • L’effetto di un movimento di massa di questa portata: i primi a spostarsi sarebbero tutti quelli che potrebbero permetterselo, quindi le persone più ricche tra le più povere che renderebbero le zone di provenienza ancora più desolate di quanto non lo siano ora. 
  • L’identità di un gruppo: se si pensa in maniera ottimistica i nuovi arrivati saranno sicuramente inclusi nel nuovo stato, ma se guardiamo alla storia sono tanti gli episodi dove ciò non è avvenuto. Un movimento di questa portata, di così tante persone che condividono valori, non verrebbe ben visto dal gruppo nel paese di arrivo, che a sua volta condivide cultura e valori. La società occidentale vuole preservare i propri valori, la parità di genere, la libertà di parola. 

La soluzione proposta da Marshall, per poter contenere le migrazioni, è aumentare gli aiuti esteri in primis. Che non è da confondere con il classico “aiutiamoli a casa loro”. Non si sta parlando di non accogliere, si sta parlando di offrire, oltre all’accoglienza, aiuti concreti per evitare che le migrazioni di massa possano portare all’accrescimento di fenomeni razzisti e xenofobi.

È chiaro tuttavia che se non trasferiremo più risorse finanziarie nei luoghi in cui si concentra il grosso della popolazione, molti abitanti dei paesi più poveri tenteranno di spostarsi dove si trovano i soldi. E aggiunge dobbiamo creare un nuovo piano Marshall per i paesi in via di sviluppo, con l’obiettivo di mettere le risorse sovrabbondanti dei paesi industrializzati al servizio di una ridistribuzione globale.[…] Abbiamo costruito grandi forum in cui incontrarci, discutere, ONU, UE, NATO … perché non è possibile una convivenza pacifica tra vicini?

Continuando su questa strada, con le migrazioni di massa dovute soprattutto alla povertà, le diseguaglianze sociali, l’odio, la paura, l’ignoranza, i paesi ricchi continueranno ad agire come succede in questi ultimi tempi. Un Muro dopo l’altro, sempre un po’ di vergogna in più. 

Quel che è stato sarà e quel che si è fatto si rifarà; non c’è niente di nuovo sotto il sole.

– Qoèlet 1,9

(T. Marshall, I muri che dividono il mondo, Garzanti, 2018)


FONTI:

T. Marshall, I muri che dividono il mondo, Garzanti, 2018.

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Il Post

Agi

Report: Building Walls

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