Proteste a Cuba: facciamo chiarezza

Da giorni a Cuba la tensione è molto alta e, tutt’ora, non sembra attenuarsi. La popolazione cubana, stremata da anni di oppressioni e povertà, è scesa in strada per protestare contro la dittatura. Era da trent’anni che non si verificavano proteste di tale portata. Più precisamente, dalla prorompente dimostrazione antigovernativa del 1994. Ad oggi, sono migliaia le persone scese in strada: cittadini stremati che danno voce al malcontento di un popolo che da anni è immerso in un grave stato di indigenza, inasprito dalla pandemia.

Situazione a Cuba

La situazione economica dell’isola, già poco stabile in precedenza, con la pandemia ha avuto un tracollo devastante. La crisi sanitaria ha portato a una carenza di cibo, benzina e turismo, molto importante per l’economia cubana. I rifornimenti alimentari scarseggiano e le persone si ritrovano a dover fare file infinite per poter comprare da mangiare.

Cuba importava circa i due terzi dei prodotti alimentari, ma – a causa della crisi – secondo quanto riportato da «Le Figaro», l’isola avrebbe ridotto le importazioni del 75%. L’isola è uno stato socialista, che ha come presidente Miguel Diaz-Canel, e la cui economia, oltre ai problemi interni, risente molto dell’embargo imposto dagli Stati Uniti.

L’embargo

Dopo la Rivoluzione castrista, gli Stati Uniti, con il Proclama 3447 del 1962, imposero l’embargo a Cuba. I rapporti commerciali, economici e finanziari vennero interrotti. Negli anni, solo il presidente Barack Obama ebbe l’intenzione di porre fine a tale provvedimento, ma il Congresso americano, prevalentemente repubblicano, non acconsentì. Con la presidenza di Donald Trump l’embargo è stato rinnovato; oggigiorno, con il nuovo presidente americano Joe Biden, l’embargo perdura, andando ad infossare ancor di più l’economia cubana.

Le proteste

Le proteste, iniziate domenica 11 luglio, con il passare dei giorni, hanno scaldato il clima cubano sempre di più. Sono decine di migliaia le persone scese in strada per protestare contro il governo, il quale ha risposto in modo particolarmente violento. I cittadini chiedono maggior disponibilità di cibo e il controllo dei prezzi.

Le manifestazioni hanno preso vita in una piccola località chiamata San Antonio de los Baños, dopo di che si sono diffuse in 25 città, tra le quali l’Havana. In poco tempo, causa la reazione violenta del governo, le manifestazioni si sono trasformate in vere e proprie ribellioni, dettate dal malcontento generale. I manifestanti hanno iniziato a lanciare pietre, rovesciare automobili e saccheggiare i negozi gestiti dal governo. Quest’ultimo ha disposto l’esercito nelle città per placare il caos, ma il loro intervento è stato a dir poco brutale, causando un gran numero di feriti e circa 20 morti, oltre alle più di 200 persone scomparse.

Le forze dell’ordine sono intervenute con manganellate sulla folla e spray al peperoncino, mentre alcune pattuglie persino con dei blindati muniti di mitragliatrice. Il governo, in seguito, ha privato i cittadini di internet ed elettricità per impedire la diffusione dei video che testimoniano la brutalità delle forze dell’ordine.

Gli arresti

Molti sono stati gli arresti negli ultimi tre giorni di protesta, oltre 5.000, 120 dei quali giornalisti e attivisti. Arresti che hanno fatto scalpore, poiché non conformi alla tutela del diritto di espressione. L’Unione europea non ha tardato a farsi sentire.

Siamo al corrente degli arresti avvenuti a Cuba di attivisti politici e anche di giornalisti e siamo molto preoccupati, è un fatto assolutamente inaccettabile. Chiediamo alle autorità cubane di rilasciare immediatamente tutti i detenuti per convinzioni politiche, il loro posto non è in prigione ma nel discorso pubblico. Queste persone devono essere in grado di esprimere le loro opinioni e, in caso dei giornalisti, di lavorare senza limitazioni”

Queste sono le parole dell’Alto rappresentante Ue Josep Borrell, che continuerà a controllare la situazione e, allo stesso tempo, a mantenere il dialogo con Cuba.

In particolare, fa discutere l’arresto di Camila Acosta, corrispondente del quotidiano spagnolo «Abc», fermata all’Havana e arrestata per crimini contro la sicurezza dello stato. La giornalista è stata intercettata da diversi poliziotti cubani mentre stava uscendo di casa con il padre, nel pomeriggio. I due si stavano dirigendo verso una struttura per un test anti-covid.

Gli agenti, secondo quanto riportato, sarebbero entrati nell’abitazione della giornalista e avrebbero perquisito tutta la casa, confiscando tutta la sua attrezzatura professionale. Ora è detenuta in una stazione di polizia, nel comune di Cerro.

Modalità che ricordano il regime sovietico, modalità che hanno portato allo stremo i cittadini, che, ora, stremati da anni di indigenze e difficoltà, marciano per le strade urlando a voce unanime: “Abbasso la dittatura!”.

 

Fonti:

adnkronos.com

rainews.it

tempi.it

italiaoggi.it


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