Vediamo, in questa seconda parte, come si è evoluta la questione israelo-palestinese nel XXI secolo. Con gli accordi di Oslo del 1993, sembrava intravedersi uno spiraglio di luce per un concordato di pace tra Israele e Palestina, ma non è stato così.
Nuovi accordi a Camp David
Con questa speranza di ottenere una pacificazione in Medio Oriente, nel 2000, Bill Clinton ha mediato dei nuovi accordi tra Israele e Palestina. I due rivali sono stati nuovamente convocati a Camp David per finalizzare i risultati ottenuti con gli accordi di Oslo, in modo tale da chiudere definitivamente la trattativa e stipulare un accordo di pace.
In veste di rappresentante palestinese vi era, anche questa volta, Arafat, mentre per Israele il nuovo leader del partito laburista Ehud Barak. Israele, sotto pressione di Bill Clinton, propose l’istituzione effettiva dello Stato di Palestina nelle zone della Cisgiordania e nella striscia di Gaza, con capitale Gerusalemme Est. La proposta sembrava soddisfare quasi del tutto le richieste della Palestina, ma Arafat, inaspettatamente, rifiutò.
Questo rifiuto scaturì soprattutto dal malcontento dell’opinione pubblica palestinese, che, stremata da anni di sofferenza e di accordi andati male, si aspettava di più, e non quello che loro consideravano un premio di consolazione. Gli accordi furono, quindi, un fallimento bello e buono.
Likud e Hamas
Il malcontento generato dal fallimento degli accordi di Camp David fece perdere la speranza di un dialogo pacifico in entrambe le fazioni. Nello stato di Israele, infatti, iniziò ad acquisire sempre più consenso e potere la destra israeliana: il Likud, un partito affermatosi al posto dei laburisti israeliani, con un’impronta assai violenta, non molto propensa al dialogo. Una cosa simile successe tra i palestinesi. Il partito di Hamas, di stampo religioso e considerato un gruppo terroristico, si pose come partito principale, stabilendosi, anch’esso, su una linea molto più dura e violenta, rispetto ad Arafat.
Seconda Intifada
Dal 2000 al 2004 i palestinesi si ribellarono, scatenando la seconda Intifada. Gli scontri furono violenti e causarono la morte di migliaia di persone, soprattutto palestinesi. I motivi principali di questa ribellione furono principalmente due, uno simbolico e l’altro politico. Rispettivamente, il primo fu una provocazione del leader del Likud, Ariel Sharon, che fece una passeggiata nella spianata delle moschee, a Gerusalemme Est: proprio la zona che spettava alla Palestina secondo gli accordi dell’ONU. Questa area di Gerusalemme, popolata maggiormente da palestinesi, era, e tutt’ora è, sacra per entrambe le fazioni. Di conseguenza, i palestinesi non poterono non interpretare l’accaduto come una provocazione. L’altro motivo riguardava i coloni israeliani di destra, che, nello stesso periodo, stavano comprando territori palestinesi e costruendoci abitazioni per aumentare la loro presenza in territorio nemico. L’intento espansionistico israeliano è ben evidente.
Lotte interne in Palestina
Nel 2005 Sharon, dopo essere stato eletto capo del Governo, decise di ritirare l’esercito e i coloni israeliani dalla striscia di Gaza e dalla Cisgiordania. In queste zone, libere dagli Israeliani, nacque lo Stato palestinese, che, successivamente, nel 2012, venne riconosciuto dall’Unione Europea e ricevette dall’ONU un seggio da osservatore permanente.
A questo punto, le tensioni si spostarono però all’interno dello Stato palestinese. Nel 2006 iniziarono a scontrarsi i due partiti palestinesi principali: Fatah, un partito più moderato, molto forte in Cisgiordania, e Hamas, che aveva tutti i consensi nella striscia di Gaza. Così, nel giugno 2007, Hamas, forte del consenso palestinese di Gaza, attaccò Fatah proprio in quei territori. Gli scontri furono durissimi, ma durarono pochi giorni e videro vincitore Hamas, che prese possesso della zona.
2014: operazione margine di protezione
Hamas, che non voleva arrivare a compromessi con Israele, una volta stabilitosi nella striscia di Gaza, iniziò a lanciare missili verso le città israeliane principali, per scatenare una guerra. Dunque, l’8 luglio 2014, Israele iniziò a sua volta a rispondere agli attacchi, con dei missili militarmente più avanzati, mettendo in atto l’operazione Margine di protezione. In poco tempo gli israeliani si aggiudicarono la vittoria, ma i civili palestinesi uccisi furono moltissimi, circa i due terzi delle 2000 vittime della striscia di Gaza.
2021: nuovi bombardamenti
In questi ultimi giorni, a maggio 2021, si sono verificati dei nuovi conflitti tra Hamas e Israele. I motivi di questi scontri erano concentrati, soprattutto, nella parte Est di Gerusalemme. In particolare, il luogo di massima tensione è stato il quartiere Sheikh Jarrah, in cui i coloni israeliani hanno cercato di sfrattare alcune famiglie palestinesi. In più, sempre all’inizio di maggio, in modo provocatorio, dei cortei israeliani di estrema destra hanno sfilato in Gerusalemme Est, per celebrare l’anniversario della Guerra dei sei giorni, conflitto in cui Israele conquistò la parte palestinese di Gerusalemme, appunto la parte Est.
Quest’ultimo avvenimento è andato a fomentare, ancora di più, il malcontento palestinese che, infatti, subito dopo, ha iniziato a protestare contro le ingiustizie di Israele. La reazione dell’esercito israeliano è stata dura, arrivando addirittura a utilizzare bombe stordenti e gas per disperdere la folla.
La risposta alle violenze dell’esercito è arrivata quasi immediatamente, il 10 maggio, quando Hamas ha iniziato a lanciare missili contro Israele. I danni, ciononostante, non sono stati molti. Infatti, lo stato ebraico dispone di un sistema di sicurezza missilistico molto avanzato, l’Iron Dome, che è riuscito a disinnescare circa il 90% dei missili palestinesi.
Il leader del governo israeliano Benjamin Netanyahu non ha desistito a controbattere e ha risposto al fuoco con dei missili intelligenti, che sono andati a colpire vari punti sensibili della striscia di Gaza. Il conflitto, in totale, è durato undici giorni, fino al 21 maggio, giorno in cui è entrato in vigore il cessate il fuoco.
Durante gli scontri di maggio, si sono registrati 192 morti e 1225 feriti palestinesi, tra cui anche molti civili. Israele ha, invece, registrato 10 vittime e circa 600 feriti.
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