Segregazione femminile come risposta alla violenza sulle donne

Il 6 dicembre 2021, sulla tratta ferroviaria Milano-Varese, nei pressi di Venegono, due uomini stuprano una ragazza.

Il tragico episodio è l’ennesimo caso di violenza sui mezzi pubblici in Italia.  In un paese in cui il 70% delle donne e delle ragazze dichiara di avere subito una qualche forma di molestia sessuale nella propria vita, queste notizie sono ogni volta una goccia che fa traboccare il vaso dello sdegno. La sacrosanta indignazione per un fenomeno disgustoso da eradicare con ogni mezzo possibile, però, non sempre suggerisce soluzioni ottimali e a volte dalla sicurezza si rischia di culminare nella segregazione.

Carrozze per sole donne

A pochi giorni dalla succitata violenza sessuale si è fatta largo una petizione su change.org per istituire delle carrozze per sole donne nei treni. In questo modo, secondo i proponenti, si creerebbe uno spazio sicuro per le donne sui mezzi pubblici al riparo da potenziali uomini malintenzionati.

La proposta nel mondo

La proposta ha subito scatenato un intenso dibattito riguardo al modo in cui affrontare il grave problema della violenza di genere. Le carrozze riservate alla donne esistono già in alcuni paesi nel mondo. In Giappone, a seguito di un’ondata di proteste per l’insicurezza delle donne sui mezzi pubblici le carrozze riservate esistono dal 2004. Anche in altre nazioni è presente questo istituto: Malesia, Thailandia, Brasile, Egitto e India. Bisogna notare che nessuno di questi paesi spicca nelle classifiche internazionali per quanto riguarda tutela dei diritti femminili e uguaglianza tra i generi.

Le critiche: segregazione e victim blaming

Tornando al nostro caso si può affermare, trascorsi diversi giorni dal lancio della proposta, che questa sia stata sostanzialmente bocciata, soprattutto da parte delle donne.

La critica principale che viene fatta è che istituire carrozze per sole donne equivarrebbe a creare una sorta di segregazione “di lusso” per le donne stesse. Gli spazi a loro dedicati assomiglierebbero molto alle riserve per gli indiani in America: un luogo dove confinare una categoria bisognosa di difesa. Inoltre, i dati che provengono dai paesi dove queste carrozze già esistono non sono affatto incoraggianti. In Giappone moltissime donne non hanno mai utilizzato le carrozze a loro dedicate e non vi è stata una significativa diminuzione degli episodi di violenza a seguito della loro implementazione.

Oltre a ciò, questo tipo di misure di “difesa passiva” trasmettono il messaggio sbagliato per cui le violenze sessuali siano un fenomeno inevitabile, quasi “naturale” come la pioggia, per cui sono le vittime a doversi tutelare preventivamente.

Si può rintracciare in questa narrazione un sottile esempio di colpevolizzazione della vittima, tale da arrivare a considerare l’eventuale stupro frutto di co-responsabilità della vittima che non ha messo in atto tutte le strategie più adeguate per proteggersi.

Infine, istituire le carrozze dedicate alle donne rappresenterebbe a tutti gli effetti una sconfitta del potere pubblico e della società Italiana in generale. Non riuscire a trovare una soluzione migliore rispetto alla segregazione protettiva significa alzare bandiera bianca davanti alla cultura dello stupro e alla violenza di genere.

Cosa fare? Controlli ed educazione vs segregazione

Come si può risolvere questo drammatico problema? Come rendere la vita quotidiana più sicura a milioni di donne che ogni giorno viaggiano sui mezzi pubblici?

Innanzitutto, bisogna aumentare l’intensità e la qualità dei controlli sui treni e nelle stazioni. Il personale delle aziende che gestiscono il servizio ferroviario locale è andato diminuendo negli ultimi decenni, è necessario tornare ad aumentarlo per garantire dei presidi in tutte le stazioni. Le moderne tecnologie digitali e le telecamere possono anch’esse svolgere un ruolo importante per garantire una sorveglianza più efficace in tutto l’ambiente ferroviario.

Le stazioni devono essere ammodernate e devono smettere di essere un luogo di degrado foriero di insicurezza e crimine. Soprattutto nei centri ferroviari di minore grandezza, che spesso vengono lasciati in uno stato di semi-abbandono.

È, inoltre, importante stimolare attraverso provvedimenti normativi una cultura della sorveglianza comune nei passeggeri. In molti casi di violenze sui mezzi pubblici nessuno dei passeggeri ivi presenti ha agito per aiutare la vittima, questo rende più difficile l’implementazione di una sorveglianza efficace.

Ad ogni modo, l’unica misura che potrebbe essere veramente risolutiva è educare tutti gli uomini a non esercitare violenza di genere. Lo stupro viene ancora visto come un problema delle donne ma non è così: è un problema degli uomini che le donne sono costrette a subire. Ma solo facendo in modo che nessuno più stupri si potrà annullare il dramma della violenza di genere. Questo obiettivo si può conseguire solo attraverso una enorme opera di educazione a tutti i livelli della società alla quale tutti dobbiamo dare il nostro contributo.

 


Fonti:

www.savethechildren.it

thevision.com

www.vanityfair.it

www.ilgiorno.it

Credits:

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