Il salario minimo come strumento di tutela del lavoro

Il salario minimo tutela il lavoro 

L’implementazione di un salario minimo è una delle maggiori tutele nei confronti dei lavoratori. Sapere che, una volta entrati nel mondo del lavoro, si ha il diritto ad una somma di denaro minima è un sollievo per chi si appresta ad iniziare a lavorare. 

Il salario minimo può aiutare i lavoratori ad avere fiducia e sicurezza nello stato. Inoltre, bisogna sottolineare come ogni mestiere abbia la propria dignità e la propria importanza nel contesto sociale generale. Ed è per questo che il lavoro, in ogni sua forma, è necessario sia tutelato e regolamentato.  

salario minimo

Tutte queste motivazioni hanno spinto molti stati ad adottare un modello che prevede l’istituzione di un salario minimo, valido su tutto il territorio di competenza. Ma in Italia come siamo messi da questo punto di vista? Perché non è ancora stata istituita una regolamentazione del genere, nonostante le richieste siano numerose?  

Un dato di fatto c’è ed è preoccupante: l’Italia è uno dei pochi paesi europei a non disporre di un salario minimo. Si tratta di un primato di cui non andare fieri, sicuramente. Anche considerando la posizione di rilievo, a livello economico e sociale, che l’Italia aspira ad avere nella comunità europea.   

I paesi che hanno applicato il salario minimo 

Prima di addentrarci nei vantaggi e svantaggi di un salario minimo, specialmente nel contesto italiano attuale, è bene conoscere quali paesi abbiano applicato questa norma.  

Concentrandoci sulla situazione degli stati membri dell’Unione Europea, possiamo osservare come ben ventitré paesi membri, su un totale di ventisette, applicano il salario minimo. Tra di essi, lo stipendio minimo più alto si raggiunge nel Lussemburgo, in cui ci si attesta intorno ai 2.202 euro al mese. 

Secondo i dati, il paese che al momento ha il salario minimo più basso è invece la Bulgaria, con 332 euro al mese. Questi dati devono essere comunque calati nel contesto economico e sociale di ogni paese. Le nazioni con uno sviluppo economico più alto sono portate ad alzare la quota dello stipendio, per permettere ai cittadini di gestire il costo medio della vita quotidiana.  

I paesi europei che continuano a non adottare la norma del salario minimo sono: Italia, Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria, Cipro. La Germania è stata, per ora, l’ultimo stato membro dell’UE ad aver implementato un salario minimo, prendendo questa decisione nel 2015. 

Nel mondo  

Spostando l’attenzione sui paesi di tutto il mondo, possiamo illustrare la situazione della vicina Svizzera. Con un referendum, che si è svolto nel 2015, il paese ha votato per l’entrata in vigore di quello che, ad ora, è il salario minimo più alto al mondo. E’ stato fissato, infatti a 3.400 euro al mese.  

La prima nazione ad aver introdotto una legge sul salario minimo, ormai nel 1894, è stata la Nuova Zelanda. Ad oggi, il novanta per cento degli stati, in tutto il globo, adotta una regolamentazione di questo tipo. 

La situazione dell’Italia 

La Costituzione italiana recita che “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro”. Questa retribuzione deve arrivare a coprire tutte le spese che si presentano durante la vita quotidiana.  

Nonostante ciò, al momento gli italiani devono contrattare il proprio salario a seconda di regole stabilite dai sindacati.  

Esiste la contrattazione collettiva, che indica un contratto di lavoro standardizzato tra un datore di lavoro ed un’organizzazione di lavoratori. Si stabiliscono, in questo modo, le condizioni di lavoro a cui adeguarsi nei contratti individuali, tramite vincoli ed accordi. Tra i parametri analizzati dalla contrattazione collettiva, ovviamente c’è anche il salario.  

Questo tipo di contrattazione è l’unica regolamentazione del salario attualmente presente sul territorio italiano. In diversi casi, comunque, i contratti collettivi prevedono dei salari minimi superiori a quelli previsti dalle norme europee.  

Le resistenze nel nostro paese

Ciò spiega le resistenze, nel nostro paese, riguardo all’adozione di un salario minimo. Infatti, adottando questa misura, si rischia di livellare ed abbassare i salari. In risposta a ciò, una soluzione proposta da molte fazioni politiche è quella di applicare il salario minimo solamente alle categorie di lavoratori che non sono coperte da una contrattazione collettiva, in modo da tutelarle.  

Ad oggi, comunque, il tredici per cento dei lavoratori italiani percepisce un salario che si presenta al di sotto dei minimi contrattuali. Nonostante la maggioranza al parlamento a favore dell’approvazione di un salario minimo, una legge a proposito non è stata ancora messa in atto. 

Un altro problema che preoccupa è una delle conseguenze della regolamentazione, che potrebbe andare a diminuire il tasso di occupazione. Infatti, solitamente il salario minimo viene fissato prendendo il cinquanta per cento del salario mediano del paese in questione. 

Poiché in Italia il salario mediano si aggira intorno ai dodici euro l’ora, la soglia calcolata per quello minimo risulterebbe troppo alta, portando il tasso di occupazione a scendere inesorabilmente.  

Nonostante le tante proposte e le tante discussioni attuali, quindi, gli italiani restano tra i pochi a non avere un salario minimo garantito dalla legge. Questa situazione porta ad una mancanza di equilibrio economico e di conseguenza sociale: è necessario trovare gli strumenti più adatti per arginare al più presto questo fenomeno. 

 


Fonti:  

wikipedia.org 

rainews.it

dizionari.simone.it

openpolis.it

Credits:

Copertina

Immagine 1

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *