Il 71% della popolazione italiana si trova al di sotto del livello minimo di comprensione nella lettura di un testo di media difficoltà.
Oltre la metà degli italiani, secondo Tullio De Mauro, lavora, si informa e vota attraverso metodi di analisi basilari, che sfuggono alla complessità e la elaborano tramite soluzioni elementari, basate soltanto sulla propria esperienza diretta.
Che ruolo ha la tecnologia?
Arbitro, acceleratore e giustiziere odierno dell’analfabetismo? Il progresso tecnologico.
Ebbene sì, l’incessabile fermento tecnologico e sociale, che nell’ultima decade ha investito la società, ha messo in luce tantissimi dati sociolinguistici. Questi ultimi sono lo specchio del divario e delle difficoltà cognitivo-funzionali mostrate da specifiche fasce di popolazione. In particolare, quelle nate a cavallo tra gli anni Quaranta e Sessanta.
Analfabetismo digitale e boomers
Per analfabetismo digitale (o informatico) si intende l’incapacità delle persone di operare mediante un computer, di leggere e scrivere in maniera critica informazioni in Internet.
Il fenomeno ha preso piede nell’ultima decade con l’avvento delle nuove tecnologie comunicative.
I gradi di alfabetizzazione digitale possono variare a seconda delle caratteristiche socio-demografiche e di contesto, così come possono variare rispetto al luogo in cui si vive.
Tuttavia, hanno registrato vette e risultati sostanzialmente omogenei tra coloro i quali, negli ultimi tempi, è stata associata l’etichetta di boomers.
Si tratta dei nati tra il 1946 e il 1964, periodo successivo alla Seconda guerra mondiale caratterizzato da un grande boom economico. Proprio da qui deriva il termine boomers. In quegli anni si assisteva all’annessione nel modo del lavoro di quasi tre generazioni di italiani, delle quali 14,2 milioni attualmente residenti e 5 milioni attivi nei vari ambiti d’impiego.
La rivoluzione digitale
La rapidissima evoluzione tecnologica che specialmente dalla fine degli anni Novanta ha completamente rivoluzionato il modo di vivere e di lavorare, ha posto non pochi ostacoli a quelle generazioni, abituate ad un mondo analogico, e chiaramente non preparate a variazioni così drastiche.
Per una fetta di coloro che al giorno d’oggi hanno tra i 56 ed i 74 anni, avere a che fare con uno smartphone o un social network risulta una forzatura, una cosa non messa in conto, alla quale non è stato dato sufficiente tempo per adattarsi.
Secondo l’OCSE, soltanto il 21% degli italiani ha un livello di alfabetizzazione digitale sufficiente, mentre in ambito lavorativo, il 40% dei dipendenti di imprese private italiane non sa utilizzare bene i software da ufficio come Office, CSM, CRM e così via.
Conclusioni
In un paese il cui divario comunicativo tra fasce sociali e d’età, sembra irreparabilmente allargarsi giorno dopo giorno talvolta per cause controllabili, talvolta per costrizioni, le soluzioni e i metodi per arginare una potenziale ecatombe sociale, culturale e conseguentemente finanziaria vanno cercate nella semplicità. Si potrebbe partire dalla semplice passione e affezione verso la cultura, l’istruzione, l’uso della propria o qualsivoglia lingua.
L’analfabetismo è una condizione, ed essa stessa, per definizione, è uno stato temporaneo. Ciò significa che può mutare in meglio o in peggio, conoscenze e abilità. Senza i giusti stimoli o costante impegno possono col tempo andare perdute, ma allo stesso tempo possono essere acquisite.
Scoprire quanto ne valga la pena è facoltativo, invogliarne la scoperta è doveroso.