Domestiche diventano schiave in Medio Oriente

 

Spesso la vita costringe a dover fare dei grandissimi sacrifici per sostenere la propria famiglia nel migliore dei modi. Le donne provenienti dalle Filippine, dall’Etiopia e dallo Sri Lanka lo sanno molto bene. A causa della povertà sono costrette ad abbandonare tutto e tutti alla ricerca di nuove opportunità, ma presto, scoprono che il loro grande passo porta con sé solo enormi e spiacevoli conseguenze. Stiamo parlando di quella che viene chiamata “schiavitù moderna“. 

Centinaia di donne migrano nei paesi del Golfo, Dubai, Abu Dhabi, Riyadh, i quali sembrano essere piccole miniere d’oroSi aspettano di ricevere un salario minimo di 400$ al mese, di poter vivere in modo dignitoso e di poter dare un futuro migliore ai propri figli, eppure, quasi tutte si ritrovano a vivere in un vero e proprio inferno.

Mary domestica ad Abu Dhabi racconta: 

Mi veniva dato un solo pezzo di pane da mangiare durante tutta la giornata, i miei datori di lavoro mi chiudevano in casa e a volte, non mi permettevano nemmeno di usare il bagno.

Ma questo non è nulla in confronto alle estenuati, lunghissime ore di lavoro senza pause e agli abusi fisici e psicologici che sono costrette a subire. Da loro si pretende di tutto: occuparsi dei bambini (a cui viene insegnato a non comportarsi bene con le domestiche), pulire, cucinare ed essere presenti a tutte le ore, anche la notte. In compenso vengono sgridate, picchiate, bruciate con mozziconi di sigaretta e l’uomo di casa spesso esige anche favori sessuali.

Mary continua a raccontarsi:

Il bambino a cui dovevo badare un giorno mi lanciò un pezzo di metallo nell’occhio, ero piena di sangue e incapace di vedere. Chiesi di essere  portata all’ospedale, ma la mia datrice si rifiutò.

Trattate come schiave, come se non fossero esseri umani, le poche che riescono a tornare a casa, portano con sé solo un bagaglio di traumi permanenti. Sí, perché non tutte possono riabbracciare i propri cari. Dal momento che arrivano in aeroporto il loro passaporto viene confiscato. L’unico modo per trovare riparo è nei così detti “women’s shelters” – sistemazioni per tutte coloro che si sono ritrovate a scappare.

Come si arriva a tutto questo?

Nelle Filippine ci sono delle vere e proprie scuole per diventare domesticheQui le donne imparano a pulire, usare gli elettrodomestici, rifare i letti, ma anche come comportarsi.

L’insegnante spiega che bisogna essere sempre sorridenti e disponibili, niente vestiti scollati, niente makeup, potreste far ingelosire la donna di casa.

Devono essere come fantasmi e mettere le proprie vite in stallo fino alla fine del contratto di lavoro. Una volta ottenuto il certificato che le rende idonee a lavorare, esse si recano ad agenzie illegali, che le aiutino a trovare sistemazioni in Medio Oriente. Questo tipo di business è ancora un grande problema da risolvere dalle autorità competenti.

Tassi di mortalità 

Il direttore dei diritti umani del Libano Nadin Houry dice: “Normalmente ogni settimana un lavoratore è portato al suicidio o muore in un disperato tentativo di fuga”.

Jessie Paul Gabriel, una domestica proveniente dal Kenya, ammette in un’intervista: “Un giorno decisi che morire fosse meglio di tutto quello che stavo subendo”.

Prospettive future 

Non esiste nessuna regolamentazione delle condizioni di lavoro per queste donne. Così è molto più facile poterle sfruttare. Le condizioni non sembrano cambiare, e non sembrano esserci le intenzioni. La beauty blogger del Kuwait Sondos Alqattan un anno fa pubblicò un post su Instagram rivelando le sue opinioni riguardo all’argomento.

Sonods disse:

Per una domestica prendersi un giorno libero ogni settimana, sarebbero quattro giorni al mese. Quelli sono i giorni in cui uscirà. E non sappiamo cosa possa fare con il suo passaporto con sé. Come possono tenere il passaporto con loro? Se scappano e tornano nel loro paese, chi mi rimborserà? Non voglio più una cameriera filippina

Fauzia Muthoni, tornata in Kenya dopo essersi trasferita in Qatar, ora lavora con la “KUDHEIHA“, un’unione volta all’educazione delle donne sui propri diritti lavorativi.

Non solo c’è bisogno che il mondo sappia, ma che tutti prendano parte ad una rivoluzione. Forse, un giorno, potremmo dare giustizia a queste donne.


FONTI

The Why

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