Razzismo: l’America post George Floyd

Il 2020, oltre ad essere l’anno della pandemia globale, sarà ricordato anche per le enormi proteste contro il razzismo scaturite da un atto spregevole ed inaccettabile in un mondo civilizzato ed evoluto come il nostro. Infatti, dopo l’uccisione di George Floyd, il razzismo è considerato ancora più fortemente una piaga sociale. A maggior ragione se si considera la posizione in merito alle discriminazioni razziali dell’attuale presidente degli Stati Uniti.

Le scelte attuate contro il razzismo

Le rivolte, che non paiono voler cessare, hanno colpito qualsiasi ambito del contesto attuale americano. Le industrie dell’economia e dell’intrattenimento non sono rimaste a guardare e si sono schierate in modo categorico dalla parte delle proteste, a volte arrivando a decisioni singolari.

“Via col vento” è un film razzista

Quando ci apprestiamo a parlare del mondo del cinema, uno dei primi titoli che ci vengono in mente è sicuramente “Via col vento”. Oltre ad essere entrato nell’immaginario collettivo, questo film è anche stato inserito tra le più grandi pellicole di tutti i tempi. Inoltre, è anche il miglior incasso di tutto il terzo millennio. Uno di quei film che sarebbe il caso di vederli almeno una volta nella vita.

È di ormai qualche giorno fa, però, la notizia che il film non è più presente sul catalogo della HBO. Questa scelta, che ha fatto discutere, è stata presa a seguito del ciclone che sta attraversando l’America in questo momento, a seguito dell’orrenda morte di George Floyd.

Il film diretto da Victor Fleming, risale al 1939. Ci troviamo quindi a pochi decenni dalla fine della Guerra di secessione americana, scaturita dalla lotta alla schiavitù ad opera del presidente Lincoln.

La guerra di secessione

Gli stati del Sud erano legati in modo indissolubile allo sfruttamento degli schiavi, e videro nella proposta di Lincoln un vero e proprio attacco alla propria economia.

Ed è proprio sullo sfondo di questa guerra civile che si snodano le vicende della pellicola, che si ritiene essere apertamente dalla parte dei sudisti, e quindi a favore della tratta degli schiavi. A ciò bisogna sicuramente aggiungere che, come era tipico di quell’epoca, il ruolo della governante è pienamente stereotipato. Ciò ha portato un alone perenne di controversie intorno a questo film, che nonostante tutto rimane un pezzo di storia cinematografica.

Il primo premio Oscar

Basti pensare che proprio il ruolo della governante ha valso ad Hattie McDaniel il Premio Oscar, facendola diventare la prima donna di colore a ricevere tale riconoscimento.

Anche solo questo aneddoto potrebbe portare ad alleviare le polemiche che si muovono continuamente nei confronti di questo lavoro cinematografico, che tuttavia continuano.

L’orèal rimuove i termini “schiarente” e “chiaro” poiché razzisti

Un’altra notizia recente e di grande rumore mediatico è la scelta del colosso L’Oréal di rimuovere dai suoi prodotti per la pelle termini come “sbiancante”, che andrebbero a valorizzare solo un modello di bellezza, ledendo le differenze etniche. Oltre all’azienda francese, che figura come la più importante a livello globale per quanto riguarda i cosmetici, anche altri marchi come Unilever e Johnson&Johnson hanno preso decisioni simili. Queste prese di posizione sono il segnale che qualcosa sta cambiando, e che la lotta al razzismo, oggi più che mai, deve diventare una questione di primaria urgenza.

Stop hate for profit

Una lotta questa sempre più agguerrita, anche a costo di danneggiare l’economia. Ed è questo il caso della campagna “STOP HATE FOR PROFIT”, portata avanti da aziende e multinazionali. Queste ribadiscono quanto sia inaccettabile trovare ancora messaggi e contenuti che incitino alla violenza e all’odio razziale sui social media. Ed ecco perché hanno deciso di interrompere, in maniera temporanea, gli accordi pubblicitari con piattaforme quali Facebook, YouTube e Instagram. Una decisione che metterà in grave difficoltà queste ultime, che basano i propri introiti in modo massiccio sugli spazi pubblicitari.

La risposta di Facebook non ha tardato ad arrivare, dichiarando:

Investiamo miliardi di dollari ogni anno per mantenere la nostra comunità sicura e lavoriamo costantemente con esperti esterni per rivedere e aggiornare le nostre policy

Tra le aziende coinvolte in questo movimento, possiamo trovare nomi quali Unilver, Coca Cola, Starbucks, Honda e The North Face. Ma non solo: con il passare dei giorni le aziende che si aggiungono all’elenco sono sempre di più e la campagna si sta espandendo anche a livello europeo.


FONTI: CREDITS:
Ansa Copertina
Fashion Network Immagine 1
Il Messaggero
Brand News

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *