Erasmus a rischio causa Brexit. Come i giovani scopriranno il mondo?

344 a 254. Questi i numeri con cui il Parlamento Britannico ha bocciato un emendamento, “New Clause 10”, parte di un disegno di legge attraverso cui le opposizioni intendevano garantire il proseguimento della negoziazione dell’appartenenza delle isole britanniche al programma Erasmus+, la piattaforma europea che contiene anche il celebre progetto omonimo, tramite cui ormai da tempo i giovani svolgono all’estero una parte della loro formazione. C’era necessità di definire il nuovo corso, perché la porzione ad oggi finanziata del progetto si conclude alla fine del 2020. 11 mesi quella che l’Unione e lo stesso Boris Johnson hanno sottolineato essere l’ultima scadenza per la cosiddetta Brexit.
Come e se sarebbe quindi cambiata la possibilità dei giovani inglesi di studiare in un continente che non appartiene loro, politicamente parlando, e come sarebbe cambiata quella dei loro coetanei europei di accedere a uno stato che, a partire da febbraio, si avvia a essere di fatto extracomunitario? La scelta del parlamento inglese non avrebbe riguardato però soltanto giovani e giovanissimi, ma anche numerose altre categorie sociali e professionali tra cui intercorrono altri scambi, a loro volta parte del sistema Erasmus+. La risposta, per ora, per tutti loro, non c’è. La netta predominanza dei no, però, fa presupporre che qualcosa cambierà, mutando anche le possibilità e potenzialmente le prospettive delle generazioni che ormai si riconoscono a pieno titolo figlie della globalizzazione.

Una prospettiva che tuttavia le istituzioni si sono affrettate a smentire. Come riporta Repubblica il sottosegretario all’Istruzione conservatore Chris Skidmore ha precisato che “non significa la fine della partecipazione del Regno Unito al programma Erasmus+ dopo che avremmo lasciato l’Ue. Ne parleremo nei futuri negoziati con l’Ue. Abbiamo grande stima dello scambio internazionale di studenti”. Un altro deputato conservatore, Michael Fabricant, sostiene di aver votato contro solo perché “una costrizione simile ci avrebbe legato le mani nei negoziati con l’Ue”. Appare quindi che anche l’Erasmus possa diventare un terreno di confronto – o di scambio – per definire i termini con i quali Johnson intende essere “fuori dall’Europa senza se e senza ma” entro gennaio. Al di là di quanto riguarda la dimensione economica, in caso di mancato accordo secondo le previsioni dell’Unione

L’UE sarà tenuta ad applicare immediatamente la propria normativa e le proprie tariffe alle frontiere con il Regno Unito, inclusi i controlli e le verifiche del rispetto delle norme doganali, sanitarie e fitosanitarie e la verifica di conformità alle norme dell’UE. Nonostante gli intensi preparativi delle autorità doganali degli Stati membri, i controlli potrebbero causare enormi ritardi alle frontiere. Inoltre, i soggetti del Regno Unito non potranno più essere ammessi a beneficiare delle sovvenzioni dell’UE né a partecipare alle procedure di aggiudicazione degli appalti dell’UE secondo le attuali modalità. I cittadini britannici non saranno più cittadini dell’Unione europea e saranno sottoposti a controlli supplementari quando attraverseranno le frontiere all’interno dell’UE.

Davanti a questa incertezza, sicuri di partecipare al proprio Erasmus sono soltanto i selezionati per il 2020, le cui borse sono state già erogate da tempo. Gli altri, per ora, sono costretti a rimettersi ai messaggi contraddittori provenienti dal Regno Unito. Jonhnson si è affrettato a dire che “l’Erasmus non è in discussione”, ma lo ha fatto 24 ore dopo che il segretario di Stato all’educazione Gavin Williamson ha commentato che sarà “materia per negoziazioni future” che non escludono lo sviluppo, spiega al Guardian, di “una nostra personale alternativa“. E poi perché, si chiede la portavoce per l’educazione dei liberal democratici Layla Moran, se l’Erasmus non è in discussione, votare contro l’emendamento che lo avrebbe garantito?

Una forzatura che ha fatto indignare molti in tutto il mondo, come i social hanno immediatamente registrato. A protestare sono tanto i cittadini comuni quanto le personalità, e a darne conto è Repubblica. Lo storico Simon Schama non ha mezzi termini: “Questa è una decisione miserabile, un furto alle giovani e future generazioni”. L’accademico Paul Bernal ha aggiunto: “Tutti quelli che sanno minimamente cosa sia l’Erasmus, sanno che quella del governo è una decisione diabolica, miope e controproducente. Tipico della Brexit”. L’ex deputata laburista Luciana Berger ha spiegato: “Ho imparato così tanto durante il mio anno di Erasmus, è stata una delle più belle esperienze della mia vita. È devastante sapere che le nuove generazioni non avranno la mia stessa opportunità”. Devastante è anche il termine che ha usato Moran, asserendo che il voto dei Tories è la certificazione che “sono pronti a buttar via i vantaggi dell’Erasmus”.

Questi ultimi, spiega in un fondo sul Guardian, sono evidenti alle migliaia di perone che hanno partecipato al programma. Ogni anno, oltre 17.000 studenti delle università del Regno Unito studiano o lavorano all’estero come parte del loro percorso di studi. Lo fanno perché l’Erasmus ha reso lo studio all’estero attraente e conveniente. L’UE concede loro una borsa di studio mensile, e giovani provenienti da contesti a basso reddito  ricevono borse di studio ancora più sostanziose e hanno un sostegno alle spese di viaggio. È davvero un’opportunità per tutti. Possono partecipare studenti universitari, stagisti, studenti adulti, scuole, ne fanno parte programmi per giovani e insegnanti. Erasmus non solo finanzia opportunità di studio all’estero, ma anche formazione degli insegnanti, partenariati tra università e college, nonché programmi per condividere le migliori pratiche in materia di istruzione e politica per i giovani. Gli studenti che vi prendono parte hanno maggiori probabilità di trovare un lavoro. Uno studente su tre che svolge un tirocinio ottiene un lavoro presso la stessa sede dopo la laurea.

L’Erasmus offre però occasioni non solo professionali, ed è questo che irrita molti, conclude Moran “Ma ciò che la gente ricorda di più del periodo di studio all’estero normalmente non è l’aver migliorato le proprie prospettive di lavoro. Ricordano l’apprendimento di una nuova lingua, l’innamoramento per una nuova cultura e la costruzione di nuove amicizie”. Quella “possibilità di fare esperienze formative e allargare gli orizzonti” che riconosce come centro del progetto anche l’onorevole Boldrini. Mettere in discussione il progetto Erasmus, infatti, significa guardare al proprio Paese, lo stesso intento che sembra muovere la possibile creazione di una propria alternativa. La risposta di Boldrini è chiara e lapidaria: “richiudersi nei propri recinti non è la soluzione, ma il problema“.


Fonti:

Repubblica

Guardian

UE

Boldrini

Credits:

Erasmus+

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *