Fecondazione eterologa e genitorialità omosessuale: come non hanno senso le posizioni più frequenti

Partiamo dalla base, cos’è la fecondazione eterologa?

È un trattamento di fecondazione assistita, in cui vengono utilizzati ovuli donati e poi fecondati con lo sperma del partner o di un donatore, per permettere la gravidanza in donne, che, per varie ragioni, non possono utilizzare i propri ovociti. 

Ok, figata. Quindi tutti possono diventare genitori? Che bello! 

No. 

Come no? 

Eh, no 

No, perché le coppie omosessuali non possono accedere a questa possibilità. 

L’articolo 5 della Legge 40/2004 ha  regolamentato le unioni civili, ma per quanto riguarda la procreazione medicalmente assistita recita:

Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1, possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi”.

C’è una cosa che mi fa sorridere particolarmente, e cioè che qualcuno abbia giustamente ipotizzato che questa operazione non possa essere usata su bambini o persone ormai sotto un cipresso, fredde come il cuore di chi non condivide le foto dei gattini con la congiuntivite, ma nessuno ha pensato che anche una coppia omosessuale potrebbe voler accedere alla procreazione medicalmente assistita.

Sul serio non ci ha pensato nessuno? 

A quanto pare, è ritenuto costituzionalmente legittimo rifiutare la possibilità delle coppie omosessuali di ricorrere alla fecondazione eterologa. 

E ti dirò di più, ai sensi del secondo comma dell’art. 12 della legge 40/2004, è punito chiunque applichi tecniche di PMA su coppie “composte dallo stesso sesso”. 

Perché, paradossalmente, si sta mettendo sullo stesso piano l’omosessualità e la pratica della procreazione medicalmente assistita su persone in età non più fertile o, addirittura, morte. 

Scusatemi un secondo, il Medioevo sta suonando alla porta e, a causa della pandemia, si sentirà subito a casa e sarà un casino sbarazzarsene.

Qualcuno pensi ai bambini 

Appena riuscita a mandare via il Medioevo, con la scusa di ripassare più tardi, che adesso non c’è nessun adulto in casa, odo già Helen Lovejoy chiedere se qualcuno pensa a quei poveri bambini. 

Perché una delle motivazioni che più si sentono per giustificare questa mentalità, tipica di chi pensa che “la terrà è piatta perché si vede a occhio che non è curva all’orizzonte” (un saluto a tutti terrapiattisti che ci leggono), è che: l’omosessualità può influire sulla psiche dei bambini. 

Se non fosse che diversi studi abbiano dimostrato come non ci sia alcuna correlazione e di come sia molto più importante la qualità della relazione interna alla famiglia a influenzare lo sviluppo e la stabilità effettiva dei bambini. 

Per dirla in parole povere, le coppie omosessuali non cresceranno a prescindere figli omosessuali, anche perché con questa logica tutti i figli di eterosessuali sarebbero eterosessuali. 

Eh, ma le conseguenze 

Un altro grande cult è che poi i bambini verrebbero presi in giro. 

Vi giuro, questa cosa mi fa spaccare dal ridere che neanche il meme “Directed by Robert B. Weide”. Adesso ripetiamo tutti insieme: “Se un bullo prende in giro non bisogna dare colpa alla vittima, ma prendere da parte il bullo e picchiarlo con un serpente a sonagli”. Va beh, l’ultima parte è come la cannella nella torta di mele, a piacere. 

Il punto, però, è sempre quello: sono le persone che devono insegnare ed eventualmente punire le persone che fanno bullismo, non sono gli altri che si devono adattare per non essere presi in giro. 

Se il vostro primo pensiero per risolvere la situazione è quello di togliere completamente il bersaglio, limitando così la libertà di altre persone, fatevi due domande su voi stessi, tanto non vi preoccupate, che di serpenti a sonagli ce ne sono anche per voi. 

Ricapitolando 

Le coppie omosessuali femminili non possono accedere alla PMA, perché tra poco è meno grave lanciare i mattoni in autostrada. 

Di coppie omosessuali maschili non possiamo neanche parlare, perché dovrebbero ricorrere a soluzioni alternative come l’utero in affitto, che è praticamente equiparabile a una minaccia interplanetaria. 

Tutto ciò in Italia non è concesso, quindi bisogna trovare soluzioni all’estero, come per esempio in Spagna, per poi eventualmente tornare in Italia e mettere in atto soluzioni alternative come la stepchild adoption. 

Un girone assurdo e al limite del ridicolo quando si potrebbe attuare una regolamentazione più equa, già esistente in moltissimi altri Paesi. 

Fonti 

Legge n. 40/2004 


Credits

Copertina 

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