Genitorialità deviata

Stanno aumentando genitori, in Italia ma anche nel resto del mondo, responsabili di omicidi e atti di violenza nei confronti dei figli, perché?

Tra miti e attualità

Il mito di Medea, donna rabbiosa che era disposta a tutto, pure a uccidere i propri figli, pur di portare a termine la vendetta contro il marito.

Per i greci è una straniera, una “barbara“, poiché le sue origini provengono da un mondo ignoto e poco conosciuto per l’epoca, l’Asia Minore.

Medea rappresenta dunque una figura dalla doppia personalità.

Infatti, da una parte afferma che le donne “incapaci, per natura, di fare del bene, ma espertissime in ogni specie di male“.

Tramite questa affermazione diventa rappresentazione del misogino sguardo greco.

Invece, dall’altra parte, è protagonista di monologhi in cui condanna la sua stessa figura, quella femminile, soggiogata al volere degli uomini e si commuove al pensiero della morte dei figli.

Viene però cacciata da Corinto e trova nella vendetta nell’uccisione della figlia di Creonte, ossia Creusa, l’unica possibile via di rinascita dopo il torto subito.

Lei si dispera, secondo Ovidio che le conferisce questa personalità, per un amore infranto, ingannato, impossibile da risanare.

Il nostro immaginario

Secondo uno schema classico, che ricorre ancora oggi da Arianna a Clitennestra a Deianira, sarebbe l’infedeltà maschile a trasformare l’essere femminile.

Queste sono le regole del gioco, nel mondo classico, ma nel nostro?

Oltre la storia, anche l’antropologia sociale oggi afferma che l’uccisione dei figli in molte civiltà è ed era tollerato, incentivato da valori sociali e culturali.

Per portare alcuni esempi, si può fare riferimento all’uccisione della piccola Elena, a Mascalucia, in provincia di Catania, avvenuto a giugno 2022.

Secondo gli investigatori, la madre, colpevole del delitto, era gelosa del presunto rapporto che potesse esserci tra la bambina e la nuova nuova compagna del papà.

Un altro delitto che ha segnato la storia dell’Italia, risale a gennaio 2002, a Cogne, in Valle d’Aosta. L’arma del delitto non è mai stata trovata e anche in questo caso, la madre venne incolpata, nonostante abbia sempre negato l’infanticidio.

Filo rosso

Queste storie, così come molte altre, sono legate tutte da un filo rosso: dal punto di vista antropologico e criminologico, studi recenti hanno affermato che è difficile definire un quadro omogeneo e unico che possa definire la figura della madre assassina. 

Uccisione e neonato

Nell’immagine della puerpera che uccide il neonato, si evince la volontà di commettere un aborto tardivo, attuato a causa di situazioni difficili, che impediscono alla donna di affrontare serenamente la maternità.

Gravidanze indesiderate

Un fenomeno molto diffuso, inoltre, riguarda le madri che uccidono i figli indesiderati, quelli che sono nati da violenze sessuali o che si trovano in uno stato di indigenza economica, sociale e culturale.

Il diritto all’aborto, fa parte di tutta una serie di diritti che può prevenire, in parte, questi atti, in cui spesso è la lucidità a comandare ma alla base si nascondono problemi di depressione e solitudine.

Sono donne che somatizzano sul figlio tutte le loro frustrazioni, lo considerano infatti causa della loro insicurezza.

Scalpore

Le notizie riguardo le uccisioni della prole, creano sempre scalpore, sgomento e tristezza.

La società vuole essere in possesso di più informazioni possibili, le voci si espandono come in un teatro, la maggior parte degli spettatori pensa di conoscere le ragioni per cui una donna abbia compiuto tale gesto, i giornali collaborano anch’essi nel fomentare il fuoco.

Processo

Molte madri che uccidono il proprio bambino per il meccanismo della rimozione, si trovano in un primo istante in una condizione di apparente tranquillità. Dopo questa fase, detta di negazione, entra in gioco il reale, la vera coscienza emerge e la donna si rende conto che è l’unica responsabile dell’omicidio.

Questa fase è molto delicata poiché alcune commettono suicidi improvvisi, dunque dopo il processo, sarebbe necessario osservare attentamente il comportamento della donna, anche se potrebbe sembrare tranquilla.

Conclusioni

Probabilmente, il problema alla base di questi atti, è la società stessa che non pone abbastanza cura e attenzione alla nascita, al percorso stesso di una gravidanza fino alla crescita dei figli.

È giusto condannare chi compromette la vita di un altro essere vivente, ma come insegnano sempre i classici, deve esserci sempre una morale, qualcosa da imparare, non basta punire sperando che non ci siano più altri omicidi, occorre insegnare, ad amare e a essere amati.


Fonti

storicang.it

repubblica.it

aipgitalia.com

Credits

copertina

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