Il fenomeno dei desaparecidos argentini

Immaginatevi di trovarvi davanti 30.000 persone. Ora immaginate l’improvvisa scomparsa di queste persone. Immedesimatevi nelle famiglie, che non hanno notizie dei propri cari. Ecco, ora potete entrare nell’ottica dei desaparecidos argentini e della tragica storia che li caratterizza.

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All’origine dei desaparecidos: la dittatura in Argentina

Per capire questo fenomeno, dobbiamo andare alla sua origine: l’inizio della dittatura argentina. Nel marzo del 1976 l’Argentina venne interessata da un importante colpo di stato militare. Venne instaurato un autentico regime, denominato “Processo di riorganizzazione nazionale”. Questo regime viene ricordato, in particolare, per la sua brutalità e per la violenza repressiva, con cui si eliminarono sistematicamente tutti gli oppositori (attivisti, studenti, intellettuali). Questa situazione, che porterà al drammatico fenomeno dei “desaparecidos”, continuerà per anni, fino al 1983.

Il colpo di stato del 1976 venne organizzato dai comandanti delle forze armate. Quasi immediatamente venne ristabilita la pena di morte per chiunque si fosse ribellato al regime. Come in qualsiasi dittatura, inoltre, il paese venne interessato da una pesante censura di tutti i mezzi di comunicazione. Moltissime persone decisero che l’unica via di fuga era l’esilio. Gli oppositori che rimasero nel paese diventarono presto vittima di una vera e propria persecuzione, che non teneva in alcun modo conto dei diritti fondamentali.

Il centro di detenzione dei desaparecidos: l’esempio dell’ESMA

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Gli oppositori al regime venivano rapiti e mandati in veri e propri centri di detenzione, che si moltiplicarono a dismisura con il tempo. All’interno della Escuela de Mecanica de la Armada, in particolare, venne istituito il più famoso tra questi centri di detenzione. Questa struttura, conosciuta anche come ESMA, si trova a Buenos Aires e, prima della dittatura, fungeva da struttura per la formazione degli ufficiali di marina.

Con l’inizio del regime militare, questa struttura venne completamente rivoluzionata. Qui i detenuti venivano violentemente torturati, per poi essere uccisi tramite esecuzioni. Si è stimato che, all’interno di questa struttura, siano state imprigionate circa 5.000 persone. Attualmente, all’interno dell’ESMA è presente un memoriale per le vittime.

I superstiti di questa tremenda esperienza sono, purtroppo, pochissimi. La strategia maggiormente usata per togliere la vita ai detenuti era rappresentata dai cosiddetti “voli della morte“.

I voli della morte

I detenuti, a cui si decideva sistematicamente di togliere la vita, venivano sedati e caricati su alcuni aerei. Successivamente, venivano brutalmente gettati in mare aperto. In questo modo i corpi non potevano essere ritrovati. Solo recentemente sono stati identificati e processati alcuni piloti e comandanti, colpevoli di aver partecipato a queste pratiche disumane e tremende. Tuttavia, questo non basterà a restituire giustizia, specialmente perché ai parenti dei desaparecidos non è concesso nemmeno un luogo dove ricordare i propri cari.

La storia di Estela Barnes de Carlotto

Il mare e l’acqua hanno cancellato le tracce dei corpi. Nei fatti, si può solo osservare l’immensità dell’oceano e pensare a quanto abbiano sofferto le vittime. Eppure, ci sono delle donne che non vogliono arrendersi. Si tratta delle “Abuelas de Plaza de Mayo“, un’associazione che unisce le madri e le nonne delle vittime. La loro unica speranza è la ricerca della verità, cercando di capire cosa ne è stato dei propri figli e nipoti.

Tra queste “abuelas” c’è Estela Barnes de Carlotto. La sua è una storia di sofferenza e di avversità, che però l’ha portata a diventare presidentessa delle “Abuelas de Plaza de Mayo“. Infatti, Estela ha dovuto sopportare il rapimento e l’uccisione di sua figlia, Laura, da parte del regime militare argentino. Il dettaglio maggiormente atroce, però, è che Laura era incinta al momento del rapimento. Dovette quindi affrontare la gravidanza in detenzione, per poi partorire e venire uccisa brutalmente. Del bambino si persero le tracce.

Era molto usuale rapire i bambini delle detenute, per poi farli crescere in famiglie favorevoli alla dittatura. Molto spesso le famiglie adottive non conoscevano le origini dei bambini, ignorando quindi il trattamento orrendo riservato ai genitori biologici. A questo punto, Estela decise di dedicare tutta la sua vita alla ricerca di suo nipote, per restituire giustizia a sua figlia. Nel frattempo sono passati 36 anni ed Estela non si è mai arresa, unendosi alle altre nonne e madri e cercando, insieme, i figli dei desaparecidos. Finalmente, nel 2014, Estela è riuscita a ritrovare suo nipote.

Il lavoro delle Abuelas de Plaza de Mayo

Questa storia struggente ha ridato speranza a tutte quelle donne che sono ancora alla ricerca dei propri parenti. Il lavoro delle “abuelas” risulta, in questo contesto, fondamentale.

L’organizzazione si impegna a manifestare pubblicamente, sensibilizzando sul tema dei desaparecidos. Ogni settimana le donne dell’organizzazione si ritrovano in Plaza de Mayo, la maggiore piazza di Buenos Aires. Ormai le loro riunioni sono al centro dell’attenzione mediatica, riunendo tantissime persone e non solo i parenti delle vittime. Inoltre, la ricerca dei scomparsi avviene tramite test del DNA e raccolta di documenti e testimonianze. In questo modo sono stati ritrovati ben 120 dei 500 bambini rapiti durante la dittatura.


Fonti: 

win.storiain.net

it.wikipedia.org

repubblica.it

it.gariwo.net

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