Woke: il termine
Come riporta il vocabolario Treccani l’aggettivo woke, che dà il nome al movimento ideologico woke culture, indica una persona che “si sente consapevole dell’ingiustizia rappresentata da razzismo, disuguaglianza economica e sociale e da qualunque manifestazione di discriminazione verso i meno protetti”.
Il termine deriva dall’inglese “awake”: è una variante afroamericana che dagli anni ’60 del ‘900 veniva usata con il significato di stare all’erta o essere consapevoli.
Il significato di essere sveglio e pronto a combattere le ingiustizie sociali, quali razzismo e sessismo, si è diffuso in seno ai movimenti del Black Lives Matter e del Mee Too.
Ideologia woke
L’ideologia woke nasce dunque per riferirsi a quei gruppi di persone attive nella lotta contro le disuguaglianze e le discriminazioni, ma uscendo fuori dal suo contesto originario ha iniziato a connotare altre realtà.
Il termine è stato acquisito da coloro che criticano gli effetti di questa ideologia in senso dispregiativo, rendendola sinonimo della cancel culture e attribuendogli gli stessi effetti aggressivi, censori e impositori di norme moralizzatrici che attaccano coloro che esprimono dissenso rispetto alle idee portate avanti dalla woke culture.
Ma davvero gli effetti dell’ideologia woke sono così feroci?
Effetti della woke culture
L’ideologia woke ha avuto dei risvolti sulla realtà che viviamo. Per esempio, alcuni studenti americani hanno lanciato campagne contro dei professori richiedendone il licenziamento a causa di alcune dichiarazioni considerate politicamente scorrette.
Sui social gli esempi degli effetti di questa ideologia si fanno sentire soprattutto nei casi in cui, a seguito di errori e dichiarazioni controverse da parte di personaggi pubblici o aziende, ci si aggrega con il fine di boicottarli.
Un articolo comparso su Linkiesta riporta come l’ideologia woke abbia influenzato anche l’industria cinematografica che, aderendo spesso alle sue istanze, si è resa maestra della “giusta morale”. La critica non è alle idee alla base del movimento, ritenute giuste, ma al mondo in cui queste tentano di essere imposte.
Un esempio è la famosa e longeva serie tv Doctor Who in cui il nuovo sceneggiatore Chris Chibnall ha reso i personaggi portatori dei valori morali riconducibili all’ideologia woke: la trama della serie diventa uno strumento per insegnare come pensare in modo giusto.
Gli esempi riportati nell’articolo sono numerosi ed evidenziano come l’influenza della woke cerchi di imporre un codice etico dall’alto, instillando una paura sociale in chi accenna una critica nei confronti di questi prodotti.
Risvolti
L’influenza della cultura woke sembra avere un risvolto anche economico.
Da una parte è stata coniata da John Ringo la frase “get woke, go broke” proprio in relazione a quei prodotti che, ostentando un’ideologia in linea con la woke, perdono consenso e ne risentono dal punto di vista economico. Il pubblico risponde insofferente alle lezioni moralizzatrici che sente essergli imposte dall’alto e impossibili da criticare: l’effetto è la perdita di introiti.
D’altra parte, anche la non adesione alle istanze del movimento può portare a una effettiva perdita di consensi. Su Spotify, dopo la presa di posizione di Neil Young, che ha deciso di rimuovere la propria musica poiché non poteva coesistere sulla stessa piattaforma in cui veniva pubblicato un podcast che diffondeva false informazioni sui vaccini, altri artisti hanno seguito la sua strada annunciando di voler lasciare Spotify. Per alcuni analisti non è ancora un problema, ma non si può prevedere su lungo termine gli effetti. Ciò che sappiamo è che gli abbonamenti per il primo trimestre del 2022 sono inferiori a quanto previsto.
Conclusioni
L’ideologia woke ha raccolto nel tempo diverse critiche. La vicinanza con quella che è usualmente chiamata cancel culture desta preoccupazioni soprattutto sul rischio della limitazione della libertà di espressione. Della necessità di movimenti che proteggano le minoranze e che combattano contro le ingiustizie sociali non vi è alcun dubbio; ma i metodi utilizzati per raggiungere gli obiettivi che si prefissa la woke devono rispettare i principi che sostengono: la libertà e l’uguaglianza.
È giusto e necessario aspirare a una società libera, dove i propri pensieri, per quanto possano essere giudicati sbagliati, possano essere espressi senza temere ripercussioni violente (da intendere anche come attacchi sui social o paura di un licenziamento per un’affermazione sbagliata).
E se i pensieri sbagliati generano azioni sbagliate, è la legge che deve intervenire, non un tribunale affidato all’opinione pubblica che agisce da giustiziere senza considerare circostanze e condizioni.
Nessuno nasce razzista, omofobo, sessista: è il contesto sociale in cui cresciamo a plasmarci. L’imposizione di un pensiero esterno che ci viene presentato come l’unico giusto e indiscutibile non è fruttuoso.
Per rieducare bisogna educare, non ordinare.
La direzione giusta si persegue con un dialogo libero, con il confronto che non ammette paure, con la comprensione, non con la violenza. La violenza, in ogni forma, sfuma tutte le buone intenzioni e non lascia che colpevoli.
Parliamo, convinciamo, non imponiamo.
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