I numeri
Quando si parla di pena di morte ci si concentra molto, giustamente, sui relativi numeri. A livello generale, e a seconda dei dati a disposizione, nel 2019 si contavano 56 paesi dove ancora oggi vige la pena capitale. Essa è in vigore in stati come Egitto, Arabia Saudita, India, Thailandia, USA e altri ancora.
I dati di Amnesty International riportano che il 2020 è l’anno in cui si sono registrate meno esecuzioni: 483. Sicuramente un numero che continua ad allarmare ma di molto inferiore se comparato alle 1634 esecuzioni del 2015. Minori anche rispetto a quelle del 2018 e del 2019, rispettivamente 690 e 993. Di tutti questi dati bisogna sempre sottolineare che ci sono paesi, non di poco conto, che non dichiarano mai il numero esatto etichettandolo come “segreto di Stato”. Possiamo ovviamente immaginare chi siano: Cina, Corea del Nord, Vietnam e Siria.
I casi dove viene applicata
La domanda banale è chiedersi in quali circostanze viene applicata questa norma. I motivi sono diversi, alcuni facilmente intuibili altri più delicati. Per esempio, negli Stati Uniti d’America i motivi per cui l’imputato è sottoposto alla pena capitale possono essere omicidio, traffico di grandi quantitativi di droga oppure per spionaggio.
In alcuni Stati africani invece le accuse, oltre a quelle già citate, riguardano casi di alto tradimento o di sodomia; come in Nigeria, Mauritania, Sierra Leone e Sudan. In aggiunta abbiamo anche imputazione per crimini contro lo Stato o terrorismo che ritroviamo in paesi come l’Afghanistan, Cina, Iraq e diversi ancora.
Troviamo differenze e analogie tra i paesi in questione anche per quanto riguarda le modalità di esecuzione della pena di morte. Iniezioni letali e impiccagione le più utilizzate e conosciute, ma si sono anche verificarti casi di lapidazione e decapitazione come in Medio Oriente. La “famosa” sedia elettrica viene per esempio utilizzata quasi esclusivamente negli Stati Uniti.
Il dibattito oggi
Essendo ancora presente in molti stati è automatico che il dibattito su tale argomento sia ancora acceso e all’ordine del giorno. Se osserviamo la lista dei paesi in cui vige la pena di morte possiamo trovare allo stesso tempo un’ampia serie di stati ancora sottosviluppati e poveri, ma anche Stati detentori delle maggiori ricchezze economiche mondiali proprio come Cina o Usa. Possiamo quindi affermare che non si tratta di una questione di arretratezza economica o appunto di sviluppo, ma è a tutti gli effetti un tratto culturale di una nazione.
La cosa sui cui non dobbiamo cadere è trattare la questione semplicemente in termini di pro e contro. Concentriamoci invece sulla sua utilità o meno, cioè se è necessaria ai fini giuridici e sociali di un paese e del mondo.
Un esempio
Supponendo che si tratti a tutti gli effetti di un omicidio, l’esecutore è incaricato direttamente dall’ordinamento dello Stato a sopprimere il colpevole. Possiamo quindi parlare di un omicidio reso legale dallo Stato stesso. È lo Stato, attraverso gli organi giuridici, a porre fine alla vita di un individuo. Così facendo, in automatico, si viola il diritto alla vita dichiarato per esempio nella Dichiarazione universale dei diritti umani, firmata anche da Stati che tutt’ora applicano la pena di morte.
E se si uccidesse un innocente? Si dà sempre per scontato che arrivati alla sentenza finale ci siano prove inconfutabili sulla colpevolezza del condannato. Questa sicurezza potrebbe essere credibile magari in paesi dove i sistemi giuridici sono avanzati, ben delineati e autonomi; al contrario, invece, di quelli magari più fragili, corrotti e ancora molto condizionati dalla religione praticata dove può essere più facile riscontrare un errore giudiziario.
Un’idea comune di chi supporta la pena capitale è che aiuta a diminuire per esempio il numero di omicidi. Questa tesi può essere smontata grazie a una ricerca dell’Abdorrahman Boroumand Center, un’organizzazione con sede a Washinfton DC. Undici nazioni che hanno abolito la pena di morte hanno riscontrato una diminuzione degli omicidi. In questa ricerca si sono confrontati i dati sugli omicidi dieci anni dopo l’abolizione della pena capitale e il risultato è stato, per dieci nazioni, una diminuzione media di sei omicidi ogni 100.000 abitanti. Un dato significativo che dimostra quanto la tesi sopra non sia provata e veritiera.
A proposito di questo, riportiamo una celebre frase di Beccaria che affermava:
La pena di morte, rendendo meno sacro e intoccabile il valore della vita, incoraggerebbe, più che inibire, gli istinti omicidi.
Resoconto
La questione della pena di morte è molto delicata e polarizza l’opinione pubblica. Questa questione è puramente legata alla civiltà e alla cultura. È un qualcosa che faceva, e fa parte, di alcune culture nazionali. Il processo per eliminarla definitivamente, per farla abolire anche agli ultimi paesi rimasti sarà, probabilmente, ancora molto lungo. Tale pratica deve essere bandita prima di tutto dalle nostre menti, perché solamente nel momento in cui ognuno di noi si renderà conto che è un atto inutile e medievale, potrà scomparire.
Ancora oggi è difficile estromettere tale pratica soprattutto nei paesi in cui per tradizione e storia è sempre stata utilizzata. È una sfida, quella della sua abolizione totale, che ci impegna ancora oggi e che non appare tanto facile da estirpare.
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