Ogni mattina, pioggia o sole che sia, masse di lavoratori marciano verso la loro postazione di lavoro. Però, questo flusso di corpi, alla sera, seppur impercettibilmente, data la sua grande portata, è sempre leggermente più sommesso. Il motivo di questo deflusso serale è che non tutti i lavoratori riescono a tornare a casa.
E no, non sto parlando di straordinari. Sto parlando di morte. Quella morte che si annida nei posti di lavoro e che, ogni giorno, spegne vite; quella morte che affonda le sue radici nella trascuratezza delle norme di sicurezza e nell’obsolescenza dei sistemi di prevenzione.
Per quanto ancora la negligenza e, alcune volte, pure l’avarizia avranno la priorità su un possibile sistema preventivo efficace, che garantisca un posto di lavoro sicuro, pur di non intaccare la frenesia produttiva? Quante vite ancora dovranno essere mietute? Per quanto ancora la parola lavoro sarà vicina alla parola morte?
I dati
Nel primo trimestre del 2021, l’INAIL (Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro) ha registrato 185 denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale, 19 più del primo trimestre del 2020 (un incremento dell’11%). Mentre lo scorso sanno le morti bianche annuali sono state 1270, circa tre decessi ogni giorno. Per quanto riguarda le denunce di infortunio, del primo trimestre di questo anno, l’INAIL ha registrato un lieve calo rispetto al primo trimestre del 2020. Le denunce registrate a marzo dell’anno scorso furono 130.905, mentre nel 2021 sono state 130.905, una diminuzione di circa l’1,7%. Questo decremento, però, riguarda solamente gli infortuni sul lavoro in itinere, cioè durante il tragitto di andata o di ritorno dal posto di lavoro.
Le professioni più a rischio
Tra i settori più a rischio primeggia quello agricolo. «La Stampa» riporta che ci sono più vittime con macchinari agricoli nei campi che sull’intera rete autostradale. Non se la passano bene nemmeno i coloro che lavorano in miniera, costretti a ritmi lavorativi serrati, causa diminuzione lavoratori, che aumenta l’esposizione al rischio. Il ricambio generazionale nell’industria delle cave è sempre minore e i cavatori diminuiscono sempre di più. Pure l’edilizia non se la passa bene. Anche se in lieve ripresa, questo settore registra ogni anno ancora troppi infortuni e morti.
Malattie professionali
Le denunce di malattie professionali nel primo trimestre 2021, protocollate dall’INAIL, sono in calo. A marzo di quest’anno sono state registrate 13.583 denunce, 500 in meno rispetto al 2020. Il calo è stato riscontrato nei lavoratori italiani (da 13.088 a 12.576) e nei comunitari (da 350 a 320), ma non nei lavoratori extracomunitari le cui denunce sono aumentate (da 663 a 687).
Anche in questo primo trimestre le tre malattie più denunciate sono: le patologie del sistema osteo-muscolare, del tessuto connettivo, del sistema nervoso e quelle del sistema uditivo. Seguite delle patologie al sistema respiratorio e dai tumori.
I sindacati
Questo stillicidio non è degno di un Paese civile.
Queste sono le parole di Pierpaolo Bombardieri, segretario generale della Uil. I sindacati si sono schierati tutti sullo stesso fronte e hanno richiesto una maggiore attenzione riguardo a questo terribile fenomeno. I lavoratori devono essere tutelati, sia aggiornando costantemente i sistemi di sicurezza nei luoghi di lavoro, sia organizzando corsi per formare gli stessi, rendendoli coscienti e preparati a ogni situazione, in modo tale che ogni rischio collegato all’impreparazione dalla loro parte venga azzerato. Un altro fattore da non trascurare sono gli organismi di controllo che verificano la regolarità normativa dei vari sistemi di sicurezza, ultimamente molto rallentati dall’emergenza sanitaria Covid-19. Normative che devono essere continuamente messe in dubbio per poterle rendere sempre più efficaci, in modo da costruire un sistema normativo che tuteli al meglio la vita dei lavoratori e un ambiente lavorativo sicuro.
La manifestazione
È il lavoro, non la guerra.
Queste parole risuonavano la mattina del 7 maggio a Prato, in pazza Santa Maria delle Carceri. Parole pronunciate da Sabri Jaballah, madre dell’operaio ventitreenne morto sotto una pressa lo scorso 2 febbraio, a Montale, nell’azienda tessile in cui lavorava. La manifestazione è stata organizzata dai sindacati Cgil, Cisl e Uil, dopo l’ennesima straziante morte di una lavoratrice: la ventiduenne Luana d’Orazio, uccisa da una macchina lo scorso 3 maggio, nell’azienda tessile di Oste, a Montemurlo. Erano più di un migliaio i partecipanti, trai quali presenziavano anche alcuni rappresentanti istituzionali: il presidente della regione Toscana Eugenio Giani, l’assessore regionale a istruzione e impiego Alessandra Nardini e il sindaco di Prato Matteo Biffoni.
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