Il sole sorge sempre ad Est ma si sposta inevitabilmente ad Occidente fino a tramontarci. L’Italia è il paese del sole e i romani vengono dalla levantina Troia secondo Virgilio. Tutto sembra tornare. E infatti gli appelli di “ritorno all’Atlantismo” nei panegirici al governo Draghi si sprecano. Ma è mai venuto meno questo atlantismo?
Dal 1945 l’Italia è alleata degli Stati Uniti, chi non ama il politicamente corretto potrebbe dire che ne è una provincia imperiale, ma noi ci fermiamo alle definizioni ufficiali. L’influenza degli Usa, rappresentanti maggioritari di ciò che oggi chiamiamo “Occidente”, è fortissima e si vede in ogni aspetto della cultura popolare. Dalla musica al cinema, dai fast food alla moda ci troviamo ad essere italoamericani senza avere mai passato l’Atlantico ne posseduto una mitragliatrice in casa.
Per fortuna in alcuni ambiti riusciamo ad opporre una strenua resistenza culturale. La nostra avversione per i caschi ci impedisce di abbandonare il calcio in favore del football americano, il burro di arachidi lo utilizza al massimo qualche muratore che ha esaurito il calcestruzzo e ci risparmiamo l’ansia sociale dovuta al doversi trovare un compagno o una compagna per il ballo scolastico di fine anno. Ma aldilà di specifici bastioni culturali irriducibili la nostra cultura si è americanizzata all’inverosimile negli ultimi 75 anni.
Tendenze culturali
Il rock è stato uno dei primi esempi di fenomeno culturale americano importato e trapiantato nella fertile terra del bel paese, come in tutto il resto dell’Occidente. Il problema è che ogni espressione culturale, fin dalla notte dei tempi, proviene da uno specifico contesto e ha senso se inserita in esso. L’Italia del dopoguerra era ancora un paese in fase di transizione tra la tradizione e la modernità. Un paese ingenuo fatto di paesini montani, nonne che compravano pannocchie calando cesti di vimini dal balcone. La trasgressione rockeggiante dei vari Presley, Springsteen e Morrison proviene da un contesto postmoderno, in rivolta con i propri schemi morali antichi. Noi eravamo pronti? Gli esempi di rock italico emersi in quegli anni, a mio modestissimo parere, fanno propendere per la risposta negativa.
Lo stesso discorso si potrebbe fare per il rap anche se i tempi più moderni possono averne facilitato la presa. Ma possibile che dopo l’isola felice del cantautorato non riusciamo ad avere una moderna cultura musicale squisitamente italiana che non sia il Sanremismo ammuffito?
Per quanto riguarda il cinema e altre arti più “colte” si può fare un discorso in parte simile ma per fortuna le tradizioni nazionali rimangono abbastanza forti. A meno che Sorrentino non si metta a girare un western ambientato a Bari vecchia.
La politica e l’economia
Le influenze dell’Occidente non si limitano solo agli aspetti strettamente culturali. Purtroppo, ogni amenità che proviene dalla sponda opposta dell’oceano Atlantico influenza la nostra struttura politica ed economica. No, Trump non è stato rieletto e quindi ci siamo scampati Mattarella arancione, ma il problema persiste. Durante la Prima Repubblica, con le fortissime identità politiche dei partiti costituenti, la nostra democrazia aveva le proprie specificità parlamentari. Oggi che si è perso tutto questo siamo alla ossessiva ricerca di riferimenti e li troviamo oltreoceano. Il modello politico americano è notoriamente presidenziale con due grandi partiti a monopolizzare de facto la scena. Da vent’anni in Italia si tenta di scimmiottare questo modello, scrivendo il nome del “candidato premier” nei simboli di partito o dando gli stessi nomi dei partiti statunitensi a quelli italiani.
L’economia è forse il tasto più dolente. E no, non stiamo parlando dell’esame di finanza da passare. Nella nostra Costituzione, grazie ad un compromesso tra le visioni economiche comunista, socialista, liberale e democristiana vi è scritto che l’iniziativa economica è pubblica e privata, e che l’impresa privata deve avere una funzione sociale. Ma agli americani questa impostazione piace meno di un pasto inferiore alle 1500 calorie. Negli anni Ottanta hanno inventato il neoliberismo, una dottrina economica che si può sintetizzare nelle seguenti parole: “essere stronzi”. Privatizzare più aziende pubbliche possibile, diminuire i diritti dei lavoratori, abbassare le tasse ai ricchi e tagliare il welfare state. E noi, seppure con qualche resistenza, abbiamo seguito i nostri amici americani anche in questo. Dagli anni Novanta è stato un tripudio di aziende di stato vendute, garanzie per i lavoratori rimosse e spesa sociale ferma al palo.
Un bilancio
Certamente, gli Usa – cioè l’Occidente – “hanno fatto anche cose buone” al nostro paese. Il fascismo è stato sconfitto anche grazie all’intervento americano (per nulla disinteressato, visti gli amorevoli rapporti con Pinochet e Franco negli anni seguenti) ed il piano Marshall è stato fondamentale per il boom economico.
Tuttavia, come cantava Renato Carosone, “tu vo’ fa l’americano ma sei nato in Italy” dobbiamo ricordarcelo ogni tanto. Anche se quella stessa canzone è stata trasformata in una trashata da discoteca. Dagli americani.
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