La povertà eterna
Il problema della povertà attanaglia l’umanità fin dai propri albori ed è sempre stato presente in qualsiasi società, civiltà ed epoca storica. La povertà è stata personificata, inserita nelle mitologie religiose; è stata percepita ed interpretata come problema pubblico, privato, come disgrazia o come manifestazione della volontà divina. Con l’affermazione dello stato moderno come forma di organizzazione politica dominante la lotta alla povertà è divenuta sempre più sistematica, centralizzata e scientifica, fino ad arrivare alla creazione del welfare state nel Novecento. Tuttavia, nonostante programmi ambiziosi e proclamazioni di abolizione, la povertà non è mai scomparsa del tutto, nemmeno nelle più benestanti società occidentali. Certo, oggi nei paesi più ricchi del mondo nessuno muore più di fame, ma la povertà si misura anche in termini relativi, attraverso le disuguaglianze.
Povertà e democrazia
Da qualche decennio a questa parte, con l’affermarsi delle politiche neoliberiste di smantellamento dello stato sociale, le disuguaglianze e la povertà relativa sono aumentate. Si tratta di un problema non solamente economico, ma anche sociale e politico. Sappiamo infatti che l’aumento delle disuguaglianze e della povertà è uno dei fattori di rischio per la tenuta democratica di un paese. Le masse impoverite che percepiscono l’ingiustizia di una distribuzione della ricchezza assurdamente iniqua si rivolgono spesso a soluzioni eversive, come il fascismo.
Il binomio povertà e solitudine
La povertà spesso è accompagnata da un altro fattore sociale problematico, ossia la solitudine. Le prime istituzioni a contrasto della povertà sono state la famiglia, la comunità e le società mutualistiche. I poveri sono quindi spesso persone sole, escluse dalle reti di protezione sociale più “naturali”. Vivono ai margini della società in una condizione di disperazione che rende impossibile qualsiasi tentativo di riscatto declamato dagli ideologi liberali. I poveri devono essere aiutati in maniera concreta convinta e sostanziale, altrimenti i principi teorici della democrazia rimangono solo carta morta.
Combattere la povertà con la buona politica
Come detto, da quando si è affermato lo stato moderno le politiche contro la povertà hanno visto un trend di sviluppo molto marcato. Dalle “poor laws” della regina Elisabetta I al welfare state moderno abbiamo percorso molta strada. Eppure, il problema è ancora presente, complice anche l’arretramento subìto dalle politiche assistenziali negli ultimi anni. L’unico modo per combattere sul serio la povertà rimane la buona politica. Sono diverse le policies che gli stati intraprendono per combattere il fenomeno della povertà, su alcune delle quali vi è un dibattito acceso.
Il reddito di cittadinanza
Parlando di povertà e di reddito di cittadinanza, la prima cosa che viene in mente è il proclama di Di Maio dal balcone di Palazzo Chigi. “Abbiamo abolito la povertà” così esclamò il leader pentastellato e così, ovviamente, non è stato.
Sparate propagandistiche a parte, però, il reddito di cittadinanza, in tutte le sue varie declinazioni esistenti in giro per il mondo è un reale strumento di lotta alla povertà. I sistemi di welfare della maggior parte dei paesi Europei, infatti, nascono nel secondo dopoguerra in una situazione di crescita economica. La disoccupazione, allora, non era un problema strutturale come lo è oggi e il welfare era dedicato al lavoratore, più che al cittadino. Si partiva dal presupposto che il capofamiglia lavorasse sempre e comunque e bisognasse più che altro aiutarlo attraverso servizi e assicurazioni sociali. Oggi la disoccupazione è invece un male diffusissimo, il lavoro è precario e spesso un lavoro non basta per mantenersi. Un sostegno universale al reddito per chiunque percepisca meno di una certa soglia è quindi una misura molto utile per combattere la povertà.
Ovviamente, come ogni politica, anche il reddito di cittadinanza va declinato nella maniera giusta. Deve infatti essere accompagnato ad un adeguato potenziamento delle politiche attive sul lavoro e dei centri per l’impiego. Lo scopo è quello di supportare economicamente i disoccupati per farli vivere dignitosamente e contemporaneamente aiutarli a trovare un nuovo lavoro, a patto che sia ben pagato.
Il salario minimo
Un’altra politica molto discussa per contrastare la povertà è il salario minimo. Si tratta di una misura rivolta a chi già un lavoro lo ha, ma spesso ciò non basta. La ratio del salario minimo è quella di stabilire per legge un minimo orario sotto il quale il datore di lavoro non può scendere. Questa misura è tanto più efficace quanto meno è diffusa ed estesa la contrattazione collettiva sindacale in un paese. Stati come la Francia hanno un meccanismo di estensione Erga Omnes dei minimi salariali stabiliti nei contratti collettivi tra sindacati e associazioni datoriali. In questi casi il salario minimo è quasi inutile. In Italia questo meccanismo non esiste malgrado la maggioranza dei lavoratori sia coperta da contratti collettivi; si tratterebbe quindi di una misura molto utile per lavoratori con contratti atipici, precari, spesso giovani.
Il terzo settore, volontariato e associazionismo
Oltre alla famiglia, le prime realtà a combattere povertà e solitudine sono state le associazioni di volontariato. Inizialmente di matrice religiosa, col passare del tempo si sono sviluppate anche diverse realtà laiche di assistenza volontaria a poveri, emarginati, esclusi. L’utilità di queste realtà volontarie era stata messa parzialmente in ombra dal secondo dopoguerra con l’impetuoso sviluppo dello stato sociale. Dopo la crisi di quest’ultimo a partire dagli anni ‘Ottanta, tuttavia, gli enti no-profit sono tornati alla ribalta ritagliandosi nuovamente un ruolo di primo piano nella lotta alla povertà. Ultimamente in vari paesi europei sono state proposte politiche di integrazione tra il volontariato e il welfare statale. Non avendo le risorse per gestire la complessità dell’assistenza sociale, lo Stato decide di lasciare degli spazi alle associazioni volontarie per occuparsene sotto la sua guida. Queste politiche possono essere molto utili per rendere la lotta alla povertà meno burocratica e più capillare, stimolando anche un sentimento di solidarietà orizzontale.
Fonti:
www.forumdisuguaglianzediversita.org
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