Revenge porn: i primi risultati a più di un anno dall’entrata in vigore del Codice rosso. 

La legge sul revenge porn, meglio nota con il nome di “Codice rosso”, è una nuova fattispecie di reato introdotta con la Legge n. 69 del 19 luglio del 2019.  

La legge regola la “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”, dove la diffusione del materiale avviene all’insaputa o contro la volontà della persona offesa. 

Cosa succede 

Se hai avuto la geniale idea di diffondere il materiale intimo del tuo partner, amico, conoscente, compare di bisca clandestina, il revenge porn è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con una multa che va dai 5 ai 15 mila euro, nonché si è costretti a guardare Adrian a ripetizione (una pena l’ho aggiunta io, ma lascio a voi indovinare quale).

Il reato prevede due ipotesi, misura di quanto puoi essere bastardo: 

  • La realizzazione o la sottrazione e la successiva diffusione di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito senza il consenso delle persone rappresentate;
  • La diffusione di foto o video ricevuti o acquisiti. 

La seconda ipotesi è quella più nebulosa, poiché la norma richiede che si riscontri il dolo specifico di voler arrecare danno a qualcuno, quindi per contestarla basta affermare l’inesistenza di questa volontà.

Che poi mi chiedo come faccia ad essere una buona idea condividere materiale di gente nuda che hai trovato o che qualcuno ti ha girato.

A questo punto fatti una seduta di masturbazione in videochiamata, così puoi commentare e divertirti, magari su siti appositi. 

Realtà sociale 

Nonostante sia presente una legge, le persone tendono (sorpresa sorpresa) a colpevolizzare la vittima. 

Com’è comune nei crimini sessuali, alla vittima è imputata sempre una parte della colpa: come se un bel giorno non si avesse niente di meglio da fare che minare la propria reputazione in una società ancora, purtroppo, eccessivamente bigotta. 

Una realtà molto spesso iniqua, anche in casi come questi. 

Dove se la vittima è una donna, si tende a colpevolizzarla con frasi come: “Si è fatta scattare quelle foto perché lo voleva, sapeva che rischio stava correndo”. Come a dire: “Se hai un bel culo e vieni ingroppato contro la tua volontà, dovevi sapere che, uscendo di casa, stavi correndo un rischio”, trasferendo la colpa dal criminale alla vittima.

Ancora una volta l’essere puttana è più grave di un effettivo crimine. 

Le maestre non fanno sesso 

Ne è un esempio il caso della maestra d’asilo licenziata, dopo che l’ex compagno ha condiviso un loro video intimo nella chat del calcetto. 

Un caso che fortunatamente è arrivato in tribunale, facendo luce sull’orribile sgabuzzino della mentalità misogina odierna, con una difesa imbarazzante del principale accusato, che affermava: “Ha sbagliato lei a inviarlo: una maestra non deve fare certe cose”.

Perché giustamente le maestre non fanno sesso e se lo fanno non si devono divertire. In fondo, sia mai che i miei figli, nati tra l’altro anch’essi da un amplesso amoroso avvenuto magari nei bagni di una discoteca o sui sedili posteriori di qualche auto, entrino in contatto con qualcuno che faccia sesso per divertirsi. 

In una società decente, un evento del genere avrebbe portato a circondare la ragazza di innumerevoli gesti di solidarietà. Invece, di contorno ci sono state solo le mortificazioni e come piatto principale l’obbligo di licenziarsi. 

Con tanto di processo in pieno stile caccia alle streghe, con le colleghe sedute in cerchio a sottolineare la sua umiliante colpevolezza. 

La sentenza 

Il fidanzato ha ottenuto un anno di messa alla prova. 

La madre di una delle bambine che frequentava la scuola, che è entrata in possesso del materiale poiché il marito era nella chat di calcetto e che ha fatto pressioni sulla ragazza affinché non denunciasse l’ex fidanzato, è stata condannata a un anno di reclusione con pena sospesa. 

La direttrice dell’istituto ha ricevuto una condanna di 14 mesi di reclusione ed a un’altra maestra, colpevole di aver intimorito la vittima, spettano 8 mesi di carcere. 

Nonostante le sentenze, lo stigma sulla ragazza permane, non riuscendo a trovare lavoro ancora oggi, dopo anni dal licenziamento, avvenuto nel 2018. 

Questo a dimostrazione di come in questa società il sesso sia ancora fortemente un tabù, perché non sia mai che ti venga voglia di riprendere te e il tuo partner mentre fate sesso, così da rivedervi assieme nell’intimità di coppia. Soprattutto se lo fate in un modo diverso dal missionario. 

Nel resto del mondo? 

È interessante notare come in realtà siano ben pochi i Paesi che hanno emanato leggi che incriminino questa violenza. 

Solo in ItaliaAustraliaCanadaFilippineGiapponeIsraeleMaltaRegno Unito e alcuni stati degli USA esiste una legislazione a riguardo. 

È imbarazzante scoprire quanto poco siano tutelate le vittime di questi crimini nella maggior parte dei Paesi, ma si può dire che l’Italia, per questa volta, si salva, o almeno ci prova. 

Poi siamo imbarazzanti su molti altri punti di vista, però, ehi, almeno in un caso ce la siamo cavata.

Fonti:

Gazzettaufficiale.it

Laleggepertutti.it 

Torino.repubblica.it

It.wikipedia.org 


Credits:

Copertina 

 

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