Spettacolarizzare il dolore: i processi mediatici
I processi mediatici sono caratterizzati da un forte sensazionalismo.
Secondo la definizione fornita dal Treccani, per “sensazionalismo” si intende: 1. In senso polemico, la tendenza di alcuni giornali o periodici a pubblicare e diffondere certe notizie conferendo loro un risalto eccessivo e presentandole come sensazionali. 2. In filosofia, lo stesso che sensazionismo.
Quando leggiamo una notizia siamo attratti dai fatti maggiormente tragici, sensazionalistici. Siamo incuriositi, bramosi di conoscere ulteriori dettagli. Ci sono persone che si impressionano facilmente, altre che invece si appassionano alle tragedie. Per quest’ultima categoria di persone, la strada si presenta spianata.
Infatti, al giorno d’oggi esistono moltissimi programmi televisivi che si dedicano alla narrazione di fatti di cronaca tragici. Che siano scomparse, omicidi oppure rapimenti, non conta. L’importante è che le notizie a riguardo arrivino puntuali, portando la gente ad immedesimarsi con le vittime e a colpevolizzare i carnefici. I giornali si aprono molto spesso con i risvolti dell’ultima ora riguardo l’ultima persona morta in tale luogo e a tale ora.
I casi di cronaca nera e i processi mediatici
Ma per quale motivo i casi di cronaca nera ci appassionano così tanto? Cosa ci spinge a volerne sapere sempre di più?
Nel momento in cui una tragedia fa il suo ingresso nelle aule di un tribunale, spesso si entra in un processo mediatico. Qualsiasi udienza viene attesa e seguita con attenzione. I familiari delle vittime, gli indiziati e i testimoni sono accolti da un’orda di giornalisti e fotografi. Le troupe televisive sono allineate all’ingresso del tribunale, pronte per andare in onda con gli ultimi aggiornamenti.
E il pubblico è attaccato allo schermo, attento più in questi casi che davanti ad una serie televisiva appassionante. Questo perché la cronaca nera ci rende partecipi, vicini alle vittime. Non si tratta di sceneggiature fantasiose. I fatti raccontati sono tragicamente reali, palpabili. Spesso le vittime sono persone comuni, che potevamo vedere per strada fino al giorno prima. Nessuno si aspetterebbe mai di trovare il proprio vicino di casa sulle prime pagine dei giornali, eppure succede.
Quali sono i processi mediatici in Italia?
In Italia i casi di cronaca nera, seguiti da agguerriti processi mediatici, sono stati tanti. Il giornalismo italiano si è nutrito per molto tempo di interviste esclusive ai parenti delle vittime o degli ultimi indizi rilasciati dalle forze dell’ordine sull’assassino.
I casi maggiormente celebri, prendendo in considerazione solo quelli avvenuti nella penisola italica, sono quelli che riguardano spesso vittime giovani e giovanissime. Anche solo elencando Yara, Denise, Sarah possiamo renderci conto di come queste giovani ragazzine siano entrate nel nostro immaginario collettivo. Sono unite, oltre che dalla giovane età, anche dal fatto che vivevano in paesini.
Ed è proprio questa caratteristica che porta l’opinione pubblica a prestare attenzione a certi casi. Il fatto che un crimine così efferato, come la sparizione di una bambina, avvenga in un paesino di pochissimi abitanti è inquietante. Porta all’agitazione generale, con la conseguente caccia al colpevole. I crimini di ogni tipo nelle grandi città sono all’ordine del giorno, mentre sembrerebbe che nei piccoli comuni la vita possa scorrere tranquilla, senza tragedie di alcun tipo. Tutti si conoscono ed è proprio questo che stupisce, quando succede qualcosa di brutto.
Il caso di Yara Gambirasio
Nel 2011 venne ritrovato il corpo di una giovanissima ragazza. Siamo in provincia di Bergamo e la vittima è Yara Gambirasio. Le circostanze in cui avviene la scomparsa sono emblematiche: la giovane scompare molto vicino alla sua abitazione, nei pressi della palestra in cui era solita andare.
Il suo corpo riemerge in un campo, qualche mese dopo. A seguito delle indagini sul DNA trovato sugli indumenti della vittima, gli inquirenti iniziarono una raccolta mirata di prelievi, per trovare a chi appartenesse. Venne scoperto che il DNA poteva appartenere solo al figlio di un certo autista, morto anni prima.
I figli dell’autista, una volta esaminati, non risultarono corrispondenti al profilo genetico. Dopo ulteriori indagini, accuratamente seguite dai giornali di tutta Italia, si arrivò a risalire alla madre del profilo genetico. Questa donna aveva solo un figlio: Massimo Bossetti. Ed è così che, in pochissimo tempo, Bossetti dovette scoprire di avere un padre diverso da quello che lo aveva cresciuto e venne arrestato. Tutto ciò continuando ad apparire giornalmente in prima pagina sui giornali nazionali.
A seguito di un lungo processo, Bossetti venne condannato all’ergastolo, nonostante i dubbi sulla sua colpevolezza siano ancora molti. Questo caso viene ricordato, oltre che per la tragedia in sé, anche per l’incredibile ricerca svolta intorno al DNA, che ha portato alla scoperta di segreti tenuti nascosti per anni.
Il caso di O.J. Simpson
Quando si parla di processi mediatici, non si può non citare il caso di O.J. Simpson. In questo caso ci spostiamo però negli Stati Uniti. Si tratta di uno dei paesi maggiormente famosi per l’ossessione dei media nei confronti dei personaggi noti.
E la fama è proprio la protagonista di questa tragica storia. Questo caso viene definito da molti il più famoso del ventesimo secolo. Per entrare nel dettaglio della vicenda, possiamo dire che O.J. Simpson è diventato famoso per essere stato un giocatore professionista di football americano. Successivamente ha recitato in diversi film.
Il delitto e il processo
La sua fama di campione sportivo viene sporcata da un fatto tragico. Nel giugno del 1994 viene ritrovato in casa sua il cadavere della moglie di Simpson, insieme a quello di un giovane cameriere. La donna, due anni prima, aveva chiesto il divorzio dal marito, in seguito a delle presunte violenze.
I due corpi vennero uccisi da diverse coltellate. Seguendo la pista delle violenze domestiche, Simpson divenne da subito il principale sospettato. Dopo essere stato interrogato e invitato a recarsi di sua spontanea iniziativa dalla polizia, Simpson decise di fuggire insieme ad un suo amico.
Le forze dell’ordine riuscirono ad identificare la macchina in cui stava scappando l’indiziato, per le strade di Los Angeles. Ebbe inizio quindi un inseguimento che venne seguito da un pubblico televisivo composto da 75 milioni di persone.
La sentenza
In seguito, il processo vide coinvolti noti avvocati di grande fama. Inutile dire che l’attenzione mediatica era alle stelle. La difesa cercò di giocare le proprie carte, portando a pensare che l’accusa agisse per razzismo. O.J. Simpson, infatti, era un indiziato nero, in una società profondamente segnata da discriminazioni come quella americana. Alla fine, Simpson venne dichiarato innocente, dopo aver diviso l’opinione pubblica in merito. In seguito ad un processo civile, comunque, l’imputato fu chiamato a risarcire economicamente le famiglie delle vittime. In seguito alla notorietà del caso, la Fox ha prodotto una stagione di American Crime Story sul caso.
Fonti:
Credits: