Strage di piazza Fontana, neofascismo, servizi segreti e massime cariche dello Stato

Fino a qualche anno fa capitava che, tra amici, si potesse discutere sulla necessità di dichiarasi antifascisti o se fosse invece una dichiarazione inattuale, dato che il fascismo era ormai stato sconfitto. Dubbio valido ma spazzato via dal radicalizzarsi, negli ultimi anni, di una nuova corrente neofascista e neonazista, non solo in Italia ma in tutta Europa.

E in Italia ci sono vari campanelli di allarme. Non è un caso, infatti, che centinaia di sindaci si siano messi in marcia per sostenere la senatrice sotto scorta Liliana Segre. Molto preoccupanti sono inoltre i recenti ritrovamenti di arsenali bellici sia in Toscana che in Piemonte (Torino), tutto passato sotto silenzio. Immaginiamo invece se un tale arsenale fosse stato ritrovato in una casa islamica, ci sarebbe stata tutta questa indifferenza da parte dei media?

E allora perché coi neonazisti non succede mai nulla? Perché su di loro vige una tolleranza che non è giustificata da nulla, né dalla Storia del primo Novecento, né da quella de secondo? Perché contro forze che praticano violenza indiscriminata – sprangate a giovani di sinistra, pestaggi agli omosessuali, caccia all’immigrato – non si agisce mai, mettendole fuori legge per eversione, se l’apologia di fascismo fa tanto schifo? Perché si è deciso di non usare il pugno di ferro verso realtà come quelle delle curve ultras che oltre a inneggiare a Hitler e Mussolini hanno legami provati con esponenti e clan mafiosi?

In questo contesto vale la pena allora tenere ben presente quello che rivelarono le inchieste sulla Strage di piazza Fontana, poiché la storia ci parla da anni lontani ma che in un attimo possono diventare il nuovo presente.

Con la Strage di piazza Fontana si dà inizio agli anni di piombo. Era un venerdì 12 dicembre del 1969, la detonazione fu alle ore 16.37, nella sede della Banca nazionale dell’agricoltura di Milano. I morti furono 17 e 80 i feriti. Contemporaneamente altre 3 bombe scoppiarono a Roma, e un’altra venne poi ritrovata a Milano inesplosa. L’unica bomba a fare vittime fu quella milanese.

Iniziarono da quel momento le indagini, ma il 12 marzo 2004 si conclude l’ultimo processo per la Strage di piazza Fontana con l’assoluzione di tutti gli indagati. Fu un’indagine trascinata negli anni in maniera misteriosa, con depistaggi, e che partì subito col piede sbagliato.

Il primo ad essere accusato fu Giuseppe Pinelli, morto misteriosamente durante l’interrogatorio alla Questura di Milano, lanciato da una finestra. Il secondo accusato fu Pietro Valpreda. L’accusa veniva da un tassista, al quale però è dimostrato venne fatta vedere una foto del Valpreda dicendogli “questo è l’uomo che devi riconoscere”. Nonostante le evidenti interferenze nelle indagini, Valpreda viene rinviato a giudizio come uno dei responsabili della strage e nel telegiornale del 16 dicembre vediamo infatti Bruno Vespa che lo dichiara colpevole degli attentati di Roma e di Milano, insieme a Mario Merlino, Roberto Gargamelli e altri esponenti del circolo anarchico. Saranno però in seguito tutti assolti in maniera definitiva.

Subito dopo le indagini, per una svolta clamorosa, si concentrarono su due veneti, appartenenti a un gruppo terrorista neofascista: Franco Freda e Giovanni Ventura, entrambi di Treviso. In una soffitta al di fuori della città furono ritrovate armi e dei timer di uguale fattura a quelli usati negli attentati, le armi risultarono di Ventura. Tra gli imputati appartenenti al gruppo neofascista veneto, inoltre, c’è chi parlò di una riunione del gruppo fatta a Padova nell’aprile del ’69, e a cui partecipò anche un importante uomo venuto da Roma, che secondo i magistrati sarebbe Pino Rauti, fondatore di Ordine Nuovo. Si presentarono però, a deporre a favore del politico, il direttore de “Il Tempo” e altri quattro giornalisti, i quali dichiararono che Rauti quella notte era a Roma.

Un’ulteriore svolta nelle indagini si ebbe quando venne scoperto che le borse usate per l’esplosivo erano state acquistate proprio a Padova due giorni prima dell’attentato ma stranamente la polizia padovana aveva scelto di non mettere al corrente i magistrati di questa nuova informazione.

Arrivati a questo punto i magistrati pensano quindi di avere abbastanza prove per dimostrare la colpevolezza di Freda e di Ventura non solo per quanto riguarda gli attentati del 12 dicembre, ma anche per altri 22 attentati dinamitardi compiuti nel ‘69. Freda continuò a negare, Ventura a sorpresa iniziò a parlare.

Da quel momento in poi vediamo sfilare sul banco degli imputati servizi segreti, massime cariche dello stato, giornalisti, militari. Tra quelli che depongono al processo si alternano nomi quali quello dell’allora ministro della difesa Giulio Andreotti, il Presidente del consiglio Mariano Rumor, il ministro della difesa Mario Zagari. Nonostante tutte queste testimonianze il processo si conclude con un nulla di fatto, gli imputati vengono tutti assolti.

La strage di piazza Fontana al giorno d’oggi rimane impunita. Nel susseguirsi delle inchieste sembra però delinearsi sempre di più l’ipotesi che la strage sia una strage di Stato. Pare infatti che i servizi segreti e gli apparati statali fossero a conoscenza di quello che stava per accadere.

Uno dei maggiori protagonisti della vicenda sembra essere Ordine Nuovo, un gruppo politico neofascista che aveva forti legami con alcuni apparati statali e che ambiva alla costituzione di un nuovo Stato autocratico. Si legge in alcuni documenti dei Servizi Segreti che l’intenzione era quella di infiltrarsi nei gruppi di estrema sinistra armandoli e portandoli a compiere degli attentati (Valpreda quindi era un colpevole fabbricato a tavolino), di modo da far ricadere la colpa su di loro e poter così dichiarare lo stato di emergenza e attuare uno slittamento a destra del governo italiano. La strage di piazza Fontana sarebbe servita proprio a questo. Alla stessa doveva infatti seguire una manifestazione del MSI (Movimento Sociale Italiano) che avrebbe dovuto creare ulteriore scompiglio. Lo stato di emergenza non viene però dichiarato per il deciso intervento di Aldo Moro e del Presidente del Consiglio Mariano Rumor (sappiamo però che in seguito l’obbiettivo diventeranno proprio Moro e Rumor).

Dalle dichiarazione di alcuni esponenti dei servizi segreti sembra inoltre che anche il governo americano avesse il suo ruolo nell’armare e nel finanziare i gruppi neofascisti. Non dobbiamo dimenticare infatti che siamo nel periodo della guerra fredda e i gruppi di destra che provassero a contrastare il comunismo erano visti con benevolenza, nonostante la radicalizzazione violenta. Sembra così prendere sempre più forza l’ipotesi che alcuni apparati statali, in combutta con i servizi segreti, stessero applicando la strategia della tensione, della Strage di Stato.

Ad oggi non sappiamo ancora se riusciremo a concludere le indagini, se ad alcuni documenti verrà tolto il segreto di Stato o se si deciderà di mettere da parte l’omertà. Certo è che se non si fa giustizia, se non si viene a conoscenza della verità, simili tragedie saranno per sempre dietro l’angolo perché rimaste impunite. Simili tragedie saranno sempre probabili perché se non si conoscono i meccanismi attraverso i quali si alimentano sarà impossibile fermarli.


FONTI

La storia siamo noi

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La Repubblica

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