Tra suscettibilità e libertà di espressione: il peso delle parole sui social

Oggigiorno i social media sono sempre più al centro dell’attenzione. Stiamo evolvendo insieme a loro. Ma cosa succede quando la suscettibilità e la mancanza di libertà di espressione complicano la scena online?

Limiti

Alcune domande che è necessario porsi per affrontare il tema di questo articolo sono: esiste un limite sui social network tra libertà di espressione e offesa? Ognuno di noi può davvero esprimere fino in fondo un suo pensiero inneggiando a questa apparente illimitata libertà di parola? E chi riceve un parere o un commento altrui a che punto può ritenersi offeso e impedire all’altra parte di esprimersi?

Viviamo in un mondo virtuale dove è possibile dire praticamente tutto. Dove migliaia e migliaia di commenti, post, inserzioni sono perseguibili per legge ma passano inosservati, senza subire sanzioni. Opinioni estremiste, non consone e offensive vengono esposte ogni giorno su tutti i maggiori social network mondiali.

Sappiamo bene che le parole, come si dice spesso, molte volte sono più taglienti e distruttive di un coltello. E allora perché tutto è possibile? Perché non esistono ancora oggi, nonostante il problema sia decennale, una serie di regole e norme ben precise che scattano ogniqualvolta ce ne sia bisogno? Forse proprio perché non è stato ancora definito un limite. Ma si può limitare effettivamente la libertà di espressione? Possiamo impedire a qualcuno di non dire qualcosa?

Oltre a queste domande dalle mille risposte è necessario sottolineare quanto le parole abbiano un peso. Un peso che varia in base alle persone. Un peso che può essere come un macigno per certi o leggero come una piuma per altri. Anche la suscettibilità è soggettiva, dipende da una persona e da diversi fattori. Quindi, tornando al discorso precedente, è possibile imporre un limite, o un qualcosa di simile, che sia valido per ogni singola situazione o comportamento?

Far Web

Nel cosiddetto “Far Web” le parole prendono il posto dei proiettili e purtroppo mietono realmente delle vittime. Cyberbullismo e derivati sono un problema con cui la società ha a che fare da decenni ormai. Ma nonostante questo sembra che sia sempre un passo indietro, o meglio, alle volte la sensazione è quella che non impari mai la lezione. Quante persone devono ancora soffrire, patire o nel peggiore dei casi farla finita perché sono state attaccate senza ritegno sui social network? Proprio come nel Far West, anche sui social, sembra che le regole valgano in pochi casi o addirittura non ci siano proprio. È questo il lato oscuro dei social e di tutto quello che li riguarda. Strumenti potentissimi, all’avanguardia, che allo stesso tempo si rivelano una macchina di odio e degrado.

Un dato vale la pensa di essere menzionato. Nel 2020, nello scorso anno, i casi di cyberbullismo segnalati sono stati 412 (quelli ufficialmente dichiarati tali). Questo dato, purtroppo, è accompagnato da un altro: sempre nel 2020 le vittime di questo fenomeno sono state 52. Questi numeri sono utili per rimarcare il fatto che, come si evince dal titolo, le parole hanno un peso non da poco sugli individui. Ogni nostra azione ha delle ripercussioni sugli altri e questo dobbiamo capirlo. Anche la battuta più banale o un commento sottile e superficiale può ferire qualcuno.

Sui social

Sui social network assistiamo frequentemente a delle vere e proprie battaglie online, dove ci si scontra per qualsiasi argomento e internet diventa un ring virtuale. Siamo inondati di parole al veleno ed è difficile trovare un luogo sicuro online, dove poter discutere serenamente e civilmente. La colpa di questo malessere virtuale è da attribuire tutta a coloro che si scagliano per primi contro chi la pensa diversamente da loro, o anche da chi, forse, non apprezza il fatto che gli venga fatto notare un parere diverso e a loro volta entra a far parte dei cosiddetti “haters”?

Sembrerebbe un circolo vizioso dal quale è difficile uscire e dove ognuno ha le sue colpe. Tale scontro viene combattuto non tra chi alza più la voce, ma tra coloro che gettano più odio tra le righe dei social.

Come fare quindi per provare a mettere un freno a tutto questo? Cosa si può escogitare per uscire da questa giungla online e non trovarsi di fronte a un mare di odio e disprezzo online?

Serve “semplicemente” maggiore educazione, maggiore senso civico, una dose di istruzione e non guasterebbe nemmeno una sorta di guida all’uso dei social media. Tutti questi ingredienti devono essere sommati a una grande quantità di empatia e rispetto verso il prossimo. Chi la pensa diversamente da noi non significa che stia sbagliando, in primis perché potremmo essere noi quelli in torto, e soprattutto perché ognuno di noi ha il diritto farsi delle idee proprie e differenti da quelle altrui.

È necessario dunque difendere la libertà di espressione e di parola anche in luoghi virtuali come i social network, ma allo stesso tempo dobbiamo impedire che tale libertà venga usata per fare del male o diventi un mezzo di diffusione e trasmissione di minacce, odio e violenza.

 


Fonti:

rainews.it

Credits:

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