25 novembre: ipocrisia mascherata?

25 novembre 2021. Già dalle prime ore del mattino tutti i social presentano post e foto riguardanti la giornata contro la violenza sulle donne. Sì, anche i tizi del tuo paese che non credono davvero che le donne possano percepire un salario inferiore agli uomini. Sì, anche quelli che “le donne non si toccano neanche con un fiore”, però tirano giù valanghe di violenza verbale. Sarà forse ipocrisia?

Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

Istituita dalle Nazioni Unite col fine di sensibilizzare i governi di tutto il mondo, la giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne dà il via alla campagna dei 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere, anche questa promossa dal Segretariato generale delle Nazioni Unite.

Traduzione

La giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è stata istituita per venire a capo a un problema strutturale delle nostre società. I femminismi sono stati capaci di portare l’attenzione su un fenomeno che non veniva socialmente accettato e, dunque, di cui non si parlava abbastanza.

Come la cara Wikipedia ci sottolinea, la risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999 – che istituisce la giornata in questione per l’appunto – precisa cosa sia nello specifico la violenza contro le donne: “qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica che in quella privata”.

E quindi? Dopo questa brevissima contestualizzazione, passiamo ai dati, giusto perché ci piace mettere in evidenza quanto infido sia il sistema.

Report semestrale

A luglio 2021 il Ministero dell’Interno italiano ha pubblicato il report del primo semestre del 2021, redatto dalla Polizia criminale del dipartimento della Pubblica sicurezza e consultabile qui. Il documento, che tuttavia riguarda “solamente” atti persecutori, maltrattamenti contro familiari o conviventi, violenze sessuali e omicidi, segnala una loro diminuzione (meno l’8 percento) rispetto al primo semestre del 2020. Aumentano, invece, le violenze che hanno luogo in ambito familiare o affettivo. Infine, il documento mostra come la maggior parte delle vittime italiane sia stata uccisa da attori italiani (per l’83 percento), solo una minima parte (il 5 percento) da stranieri; per la restante parte non si è individuato il colpevole.

Traduzione

I dati sono noiosi, lo so. Ma per questo ci sono io a interpretarli. Cosa notiamo dal documento in questione? Sicuramente che gli studi condotti e il report redatto offrono un’immagine chiara di ciò che accade nella realtà, ma anche molto limitata. Come menzionato precedentemente, la violenza è fisica, sessuale e psicologica. Quindi può essere anche verbale? Certamente.

I dati sommersi relativi alla violenza sulle donne sono elevati e sono esplicativi del fenomeno che si continua a perpetuare. A questo proposito, invito a consultare un’iniziativa chiamata “Why I Didn’t Report It”, la trovate qui.

Retaggi agghiaccianti

In un’intervista di «Open» ad Angelo Zappalà, psicologo e criminologo clinico, si sottolinea quanto in realtà l’educazione non conti in maniera esaustiva. È, invece, l’impostazione culturale familiare che può cambiare le sorti delle persone. Le famiglie in cui vige un sistema patriarcale e maschilista sono quelle più predisposte a trasmettere (dis)valori che potrebbero tendenzialmente sfociare in comportamenti violenti contro le donne.

Dunque, sia uomini che donne possono essere vittime e possibili alimentatori della cultura patriarcale. In questi termini, le stesse donne potrebbero essere portate a non questionare comportamenti violenti perché abituate a vederli all’interno del proprio nucleo familiare. Questo ultimo punto potrebbe motivare la riluttanza per la denuncia verso atti di questo tipo. D’altronde, è potenzialmente difficile riconoscere i limiti derivanti da un contesto in cui proliferano aggressività e prevaricazione di un genere sull’altro.

Maschilismo, pornografia e violenza

Esiste una correlazione tra questi? Partiamo da uno studio svolto da Chiara Volpato, psicologa sociale, in cui afferma che «[…] molti studi empirici hanno fornito prove dell’esistenza di uno stretto legame tra pornografia e violenza. Guardare materiale pornografico crea un clima di accettazione della violenza sessuale e aumenta i pregiudizi legati allo stupro, come indicato da una recente meta-analisi». Inoltre, in uno studio condotto dall’Università del Nebraska, si afferma che l’esposizione precoce alla pornografia comporterebbe conseguenze in relazione allo sviluppo di pratiche maschiliste e sessiste, così come probabilità a manifestare desiderio di dominio. Tuttavia, le ricerche non sono sufficienti a fornire una spiegazione esauriente in merito a questa correlazione.

Esiste la violenza virtuale? Spoiler: sì

Quante volte dall’inizio della pandemia abbiamo sentito parlare di Revenge Porn? Quante volte, invece, di Cyberstalking? I social hanno modificato vari aspetti della nostra vita, così come sono stati in grado di modificare, o meglio adattare, la violenza trasportandola online e comportando conseguenze anche nel mondo offline. L’EIGE, Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere, sottolinea la difficoltà nel reperire dati e quantificare, in generale, quanto sia esteso e quanto impatto abbia il fenomeno sulle vittime. Difatti, la violenza virtuale non è definita chiaramente dall’Unione Europea e non esistono studi volti a valutare le conseguenze di questa forma di violenza sulle donne. Comunque, bisogna essere chiari: la violenza virtuale non è una violenza di secondo grado, è violenza e basta.

Di chi è la colpa?

Non voglio essere cinica, però…lasciatemelo dire. Pubblicare un post relativo ai dati della violenza di genere non farà di voi, maschi e femmine, degli attivisti che appoggiano la causa. Va bene, è vero che questi piccoli tasselli se uniti possono costruire qualcosa di più grande. Non lo nego. E ugualmente riconosco che la colpa non è vostra. La colpa e delle istituzioni che considerano la violenza contro le donne, e di genere, un problema marginale. La colpa è dei programmi scolastici che non forniscono un piano educativo in grado di reprimere la riproduzione di atteggiamenti violenti.

Violenza-washing

Dunque, parlando di colpe, non possiamo non menzionare il sempre più concreto sotto-fenomeno del violenza-washing, che consiste nella promozione e nel sostegno teorico alla giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (anche perché se non lo fai sei stronzo), ma che non comporta alcun tipo cambiamento a livello pratico. Per esempio, non sono nuove sfilze di app che consentono alle donne di “non rimanere sole” o di avere sempre un “aiuto virtuale”. Ma a quale scopo? L’intento è davvero modesto oppure ripercorre la scia di chi cerca di fare soldi attraverso start-up (apparentemente) innovative? Perciò mi chiedo ulteriormente, vogliamo davvero continuare ad alimentare questa strumentalizzazione declinata in termini di ipocrisia e marketing? A voi i commenti.


Fonti:

it.wikipedia.org

interno.gov.it

open.online

ibicocca.it

ifamnews.com

focus.it

European Institute for Gender Equality. (2017). Violenza virtuale contro le donne e le ragazze. Publications Office. https://doi.org/10.2839/087900

Credits:

Copertina

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *