Il crepuscolo dell’uomo

L’eco del consumismo riverbera nell’aria: un rumore metallico proveniente da un abisso, verso cui l’uomo, a testa bassa, sta marciando.

Questa litania è il canto della macchina che, come una sirena, spinge l’essere umano alla deriva dell’esistenza.

Chi sono realmente queste sirene?

Un esempio è dato da Amazon, azienda di commercio digitale fondata dall’imprenditore statunitense Jeff Bezos, che vanta un fatturato annuo miliardario. Uno dei tanti colossi industriali che, cavalcando l’onda del capitalismo e strumentalizzando i lavoratori, sta fagocitando le piccole imprese, riducendo a un’immagine insipida il caleidoscopico quadro dell’artigianato, destrutturando la figura del lavoratore in quanto essere umano.

Questi fenomeni di massificazione e di dominio tecnocratico, fondati su un progresso smodato e, paradossalmente, autodistruttivo, stanno lentamente uccidendo l’Io, portando alla conseguente spersonalizzazione dell’individuo in quanto essere pensante, partecipe di un proprio ideale.

Non si fugge alla macchina

Queste sono le parole di Gilles Deleuze, tratte da Kafka. Parole tanto tragiche, quanto vere, che mettono in luce una condizione sociale di crescente declino della spiritualità dell’uomo, il quale si vede trasformato in un prodotto  abbandonato alla mercé del consumismo.

La macchina perseguita l’essere umano a tal punto che egli, dalla nascita, ne diventa suo schiavo, una sua appendice.

L’individuo, ancor prima di prendere coscienza del suo essere, viene buttato in un agglomerato di nichilismo e prostituzione ideologica, alienato fin dai primi anni da un’istruzione non inclusiva, il cui scopo è solamente quello di plasmare menti a disposizione di un sistema industriale sempre più settoriale, anti-etico e volto a distruggere qualsiasi residuo di umanità.

Le persone che riescono a distanziare la propria esistenza da questi canoni che, per loro natura, non garantiscono un’inclusione totale sono poche. D’altronde, fin quando si parlerà di canoni, non sarà possibile l’inclusione effettiva.

Queste persone, libere da preconcetti e non adulate dall’impronta edonisticamente malata della società, la cui ingordigia materialistica non ha limite, saranno in lotta costante con l’esterno e, purtroppo per loro, vivere sarà sinonimo di sopravvivere.

Soggiogati dall’adulatorio sistema industriale a sfondo consumistico, gli esseri umani si ritroveranno immersi in un panorama distopico in cui indifferenza, competitività, egoismo e codardia diventano nuove virtù etiche. Questa trasposizione di una morale malata ha preso sempre più forza, riuscendo a soverchiare il precedente status quo etico, grazie alle circostanze storiche e sociali favorevoli e all’intrinseca spinta dell’uomo a voler sempre di più.

Le parole del poeta francese e simbolo del decadentismo, Charles Beaudelaire, testimone di questo senso di non rappresentanza sociale e di brancolare nel buio, condannano, nell’opera Razzi, le persone che, umanamente, riescono a rimanere tali in una società che destruttura analiticamente la loro natura.

Quanto a me, a volte mi sento ridicolo come un profeta; so che non troverò mai la carità di un medico. Perduto in questo brutto mondo, preso a gomitate dalla folla, somiglio a un uomo fiaccato che veda dietro sé, nel fondo degli anni, nient’altro che delusione e amarezza, e, davanti a sé, solo una tempesta foriera di nulla di buono, né insegnamento né dolore.

Sono parole significative, che descrivono perfettamente l’immagine del crepuscolo dell’uomo: un individuo fiaccato dalla delusione e dall’amarezza, annichilito da una realtà che non gli appartiene. Qualcuno che, come il poeta, ha perso la sua aureola nel fango ed è ora costretto a strisciarvi come un verme per ritrovarla.

Fonti:

Diari intimi, Charles Baudeaire

Kafka, Per una letteratura minore; di Félix Guattali e Gilles Deleuze

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