Criminalità minorile in Italia: quanto è realmente diffuso il fenomeno?

Genesi e introduzione al fenomeno

Il fenomeno socioculturale della criminalità minorile, nonostante tratti di minori le cui individualità non sono del tutto definite, necessita di essere approcciato alla stregua di una ordinaria indagine sociale o antropologica.

Difatti, gli schemi e i pattern comportamentali adoperati dai giovanissimi, per ciò che riguarda illeciti commessi, non mostrano differenze sostanziali rispetto ai gruppi adulti. Le distinzioni semmai vanno ricercate nelle cause, nei background e nelle motivazioni scatenanti le procedure d’infrazione.

Alcuni dati

A prescindere da queste iniziali considerazioni, è anzitutto necessario sfatare un tabù. A differenza di quanto si possa pensare, l’Italia, tra tutti i paesi dell’Unione Europea, detiene il più basso numero di residenti di età compresa tra i 14 e i 18 anni, verso i quali sono state esposte denunzie per atti illeciti.

Riferendoci ai dati del 2019  – secondo quanto riportato l’ISTAT – i casi di denunzie minorili sono stati 32.549, su un totale di 2.878.978 residenti, ovvero l’1.1% del totale. Inoltre, il dato è in costante calo rispetto agli anni precedenti.

La cifra risulta essere irrisoria se paragonata ad altri paesi come Inghilterra, Francia e Germania nei quali la stessa, si attesta rispettivamente al 3,3%, 4,3% e 8,4%.

Ciò nonostante, trattandosi di un fenomeno che nel corso degli ultimi anni ha manifestato una tendenza ciclica nel raggiungere picchi e incrementare la propria attività, è sempre opportuno, secondo esperti e criminologi, tenere alta la soglia d’attenzione, monitorando e prevenendo possibili cause.

Pedagogia della criminalità minorile

Nell’ultima decade, molti studi sociologici e criminologici riguardanti illeciti minorili, hanno ipotizzato che le loro cause possano derivare dal cosiddetto concetto di devianza.

Un insieme di comportamenti adolescenziali, che esprimono il bisogno di mostrare una propria identità all’interno della società attraverso violazioni e trasgressioni di leggi e norme sociali.

Dal punto di vista pedagogico, motivi di tali azioni e gesti, sono stati più volte considerati come delle forme di emulazione.

Imitare o replicare crimini commessi da adulti sono espressione di desideri di emancipazione e cambiamento. Spesso vengono manifestati tramite affiliazioni a gruppi di adulti, oppure – il più delle volte – tramite aggregazioni tra gruppi coetanei. Li accomunano interessi simili e la condivisione di spazi come scuola, attività ricreative o amicizie in comune, dando vita alle cosiddette baby-gang.

Il Fenomeno baby-gang

 

 

 

 

 

 

Il fenomeno delle baby-gang è senza dubbio quello al quale corrisponde la più alta percentuale di segnalazioni di azioni illecite. Il suo aumento esponenziale deriva dal bisogno dei giovani di sentirsi parte integrante di un gruppo a livello sociale. Si tratta di vere e proprie organizzazioni composte da strutture gerarchiche ben stabilite, solitamente in base all’età o all’attivismo di ciascun membro. I componenti sono solitamente soggetti problematici appartenenti a scenari, contesti e fasce di popolazione medio -basse con scarso grado di educazione e alfabetizzazione.

Non è infatti un caso che le zone colpite da una maggiore “attività” siano, di norma, i centri storici. Difatti, in molte regioni, specialmente nel centro-sud, coincidono con i quartieri e rioni popolari nei quali loro stessi abitano.

Dunque, quali sono le dinamiche scatenanti fenomeni di questo genere? Cosa provoca questo senso di smarrimento e frustrazione nei giovanissimi al punto da spingerli a commettere illeciti?

Organi di tutela e dinamiche sociali

È chiaro che, in risposta a certi quesiti, il nucleo familiare è da considerarsi come elemento chiave di tutela. Si tratta del primo e più influente organo sociale addetto all’educazione, monitoraggio e crescita dei giovanissimi, avente una funzione determinate nel loro percorso formativo.

È altrettanto importante considerare come organo educativo, quasi alla pari del nucleo familiare, quell’insieme di figure che svolgono un ruolo di guida determinante nel processo di crescita dei giovani. Si tratta di amici di famiglia, parroci, vicini di casa, insegnanti, educatori o chiunque possa essere un punto di riferimento nella crescita dei ragazzi.

Rioni bunker

E se da un lato, gli atteggiamenti e le trasgressioni nascono da una scarsa attenzione o controllo familiare, d’altro canto, anche vivere ed abitare in contesti urbanistici particolarmente difficili, marcati da alti tassi di criminalità, può rivelarsi un ostacolo per la formazione dei ragazzi.

L’emarginazione e il degrado dei cosiddetti “rioni” portano spesso a delle forme di ghettizzazione e auto-esclusione degli stessi dal resto delle città. Il proprio quartiere, in questi casi, diventa una vera e propria città-stato. Trattasi di realtà autosufficienti, controllate, autoalimentate e che necessitano di manodopera criminale, in questo caso nuove leve reclutate tra i più giovani.

Esempi di questo sono stati in passato, e alcuni bonificati di recente, quartieri come Scampia a Napoli, Zen a Palermo, Librino a Catania, Quarto Oggiaro a Milano, Corviale a Roma e Begato a Genova.

Gli ambienti appena descritti sono strettamente legati a specifiche e determinate fasce di popolazione, che però non costituiscono il totale del fenomeno criminalità minorile ma soltanto una fetta.

Crimini e illeciti minorili nell’ambito digitale

Strumenti alla portata di tutti invece, sono le piattaforme digitali e siti web. La loro molteplicità. e soprattutto la poca censura a cui sono sottoposti, giocano un compito fondamentale nell’influenzare mode, atteggiamenti e attitudini comportamentali delle nuove generazioni.

È stato affermato con certezza da numerosi studi criminologici che la prolungata interazione virtuale, attiva o passiva, garantita anche dall’anonimato che godono gli utenti virtuali, è causa delle più svariate forme di trasgressioni minorili.

Secondo l’ISTAT, nel 2020, segiovani su dieci hanno affermato di essere stati vittime di cyberbullismo da coetanei. Altro dato allarmante riguarda il Revenge Porn, incubo del 53% delle ragazze: una adolescente su tre afferma di aver visto girare foto intime sue o di suoi amici, sui social network.

Concludendo

Non è possibile, attribuire il fenomeno della criminalità minorile soltanto a determinati contesti. Come si è discusso in questo articolo, essa ricopre molteplici aree e fasce sociali di popolazione. Può mostrarsi in più forme e diversificarsi in più ambienti.

Può essere però controllata e prevenuta. Come? Attraverso impegno, fiducia e soprattutto rispetto verso gli occhi e l’emotività dei giovanissimi che si affacciano per la prima volta, al mondo esterno.

“Nessuno nasce odiando i propri simili. Gli uomini imparano ad odiare, e se possono imparare ad odiare, possono anche imparare ad amare, perché l’amore, per il cuore umano, è più naturale dell’odio.”

Nelson Mandela


Fonti:

http://www.salvisjuribus.it

http://www.younipa.it

www.unicusano.it

http://www.poliziapenitenziaria.it

Credits:

http://percorsiconibambini.it

www.ladomenicasettimanale.it

www.quotidiano.net

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