La pandemia e i lockdown hanno incrementato un fenomeno drammatico, di cui si parla ancora troppo poco nel nostro paese: quello degli hikikomori.
Il lockdown del 2020 e il fenomeno degli Hikikomori
Il periodo del lockdown del 2020 è ormai entrato nell’immaginario collettivo. Il Covid ha costretto tutte le società globali all’isolamento. Le strade si sono svuotate, la vita sociale è stata messa in pausa. Tutti noi siamo stati confinati in casa, costretti a fare i conti con la nostra individualità. C’è chi è stato fortunato e ha potuto continuare a lavorare, tramite l’ormai famoso smart-working.
Altre persone, sfortunatamente, hanno perso il lavoro, con la conseguente drammaticità della crisi di interi settori. E’ facile ricordare quel periodo. Era consentito uscire solamente per fare la spesa o per svolgere attività fisica all’aperto. Pur di uscire di casa, anche per prendere una boccata d’aria fresca, c’era chi aveva iniziato a praticare uno sport proprio in quel periodo. Questo lockdown ci ha proiettato nella drammatica situazione che viviamo ancora oggi: l’emergenza pandemica.
Siamo ancora alle prese con mascherine, green pass e tamponi. Tuttavia, quel periodo di isolamento collettivo rimarrà nelle nostre coscienze a lungo. C’è chi ha scoperto nuove passioni, chi si è sentito oppresso dal dover stare tutto il giorno in casa. In qualsiasi caso, si trattava di un isolamento costretto, limitato e destinato a finire.
Tuttavia, c’è chi si trova in un isolamento costante e voluto, per molto tempo. Stiamo parlando degli hikikomori.
Il fenomeno degli Hikikomori
Per chi non avesse mai sentito di questo fenomeno sociale, è importante sottolineare cosa intendiamo con il termine “hikikomori”. Si tratta, infatti, di una fenomano sociale di origine giapponese.
Effettivamente, i primi casi di hikikomori sono stati rilevati proprio in Giappone, negli anni ’90 del secolo scorso. La prima descrizione medica e psicologica di questo fenomeno è stata condotta da Tamaki Saito, ancora oggi considerato il maggiore esperto riguardo questo tema. Il termine stesso “hikikomori” indica l’azione, in giapponese, di “stare in disparte“.
Ed è proprio ciò che fanno gli hikikomori: stanno in disparte, come se non appartenessero alla società. Molti di questi individui sono adolescenti, che si trovano cioè nel periodo maggiormente delicato nella vita di una persona.
Ognuno di noi, in modo molto generalizzato, ha vissuto disagi di qualche tipo durante l’adolescenza. Da sempre, fenomeni quali il bullismo e la mancanza di autostima minano la serenità psicologica della maggior parte degli adolescenti. Tuttavia, non bisogna minimizzare il fenomeno degli hikikomori, pensando che si tratti semplicemente di mancanza di autostima.
Al contrario, gli hikikomori sono profondamente a disagio nella propria società di appartenenza. Sono sprovvisti della motivazione adeguata ad affrontare gli studi o la carriera lavorativa. Vedono la società come una realtà da cui fuggire e da cui nascondersi.
Perché il Giappone?
Il fenomeno è ad oggi molto sviluppato proprio nel paese in cui è stato rilevato per la prima volta. Ciò è dovuto, si pensa, al fatto che il Giappone sia un paese estremamente sviluppato e molto legato alle regole e al perfezionismo. La società giapponese, nell’immaginario collettivo, impone aspettative sociali molto rigide, per quanto riguarda la vita lavorativa e personale dei singoli individui.
Questa rigidità porta a disagi psicologici di varia natura, tra cui proprio quello degli hikikomori. Tra l’altro, è emblematico come il Giappone sia un paese dove la depressione e il suicidio sono molto presenti e hanno un tasso di sviluppo elevatissimo.
Associazione Hikikomori Italia
Guardando al quadro completo, è importante sottolineare come questo fenomeno sociale non si sia sviluppato solamente in Giappone. Interessa, infatti, tutti quei paesi sviluppati in cui sono presenti aspettative sociali, dettate soprattutto dal capitalismo. In questo contesto, si inserisce anche l’Italia, che conta tra i suoi confini migliaia di giovani hikikomori.
Nel nostro paese esiste un’organizzazione no-profit, denominata Hikikomori Italia. Si tratta di un progetto, nato nel 2013, al fine di informare riguardo il tema dell’isolamento sociale volontario giovanile. Nelle informazioni di quest’associazione viene sottolineato come l’importante, in questo contesto, sia sensibilizzare e non curare o, peggio, giudicare gli hikikomori.
In Italia, come sottolineato, la sensibilizzazione riguardo questa tematica è ancora scarna e recente. Risulta necessario informarsi e rendersi conto della realtà dei fatti, senza sottovalutare un fenomeno di questo tipo. Ciò specialmente nell’ottica dei genitori e delle famiglie, che devono sapere come affrontare un’eventuale situazione del genere.
I miti da sfatare riguardo agli Hikikomori
Fermandosi a una visione stereotipata del fenomeno, si potrebbe giudicare chi diventa un Hikikomori. Si è tentati di pensare che si tratti di persone che dipendono dalla tecnologia, a tal punto da non potersene staccare. Si potrebbero collegare gli hikikomori a semplici soggetti affetti da depressione. Inoltre, molti tendono a catalogare questo fenomeno come un isolamento completo dell’individuo, mentre è bene ricordare come l’isolamento sia soprattutto fisico.
Marco Crepaldi, uno psicologo che si è occupato ampiamente di questo fenomeno sociale, sottolinea come gli Hikikomori non debbano essere confusi con dei semplici individui affetti da una dipendenza dalla tecnologia. Internet ha semplicemente reso la strada verso l’isolamento sociale più semplice. Dal punto di vista medico, inoltre, non sono state notate correlazioni effettive tra la dipendenza da internet e gli Hikikomori.
Un altro mito da sfatare è sicuramente quello legato alla depressione. Infatti, non tutte le persone che scelgono di isolarsi dal mondo circostante lo fanno per sintomi depressivi. Anche in questo caso, comunque, ovviamente il sintomo depressivo può sopraggiungere e aiutare il fenomeno in evoluzione.
Un disagio psicologico
L’isolamento segue sempre a un grande disagio psicologico, dettato da una situazione esterna o presente nella propria sfera emotiva. Gli hikikomori hanno paura di essere giudicati, visualizzano il mondo esterno (a partire spesso dalla propria famiglia) come un nemico da cui stare lontani. Si entra spesso in un vortice, da cui è difficile uscire, di apatia e di disagio psicologico. L’isolamento non fa altro che generare altra voglia di isolarsi.
Si tende spesso a sottolineare come gli hikikomori abbiano deciso di isolarsi. Ma cosa si intende per isolamento? Sicuramente, come sottolinea Crepaldi tra miti da sfatare riguardo questo argomento, vi è il fatto che l’isolamento avvenga a 360 gradi: è fisico ma non mentale. Infatti, gli hikikomori spesso sono interconnessi tramite i propri dispositivi al mondo esterno. Utilizzano costantemente una connessione a Internet e ciò li porta a mantenere il legame con il mondo, in qualche modo.
Cosa fare?
Risulta importante, sempre e comunque, mettersi nei panni di chi sceglie di isolarsi completamente. Giudicare e minimizzare il problema potrebbe portare solo a maggiori disagi. Bisogna trattare questo fenomeno come una patologia. La gradualità e la pazienza sono concetti chiave: non si può forzare qualcuno a uscire dalla propria stanza senza comprendere ciò che lo ha portato a isolarsi.
Inoltre, è importante ribadire come, nel momento in cui ci si trovi a dover affrontare una problematica del genere, diventa fondamentale fare affidamento su figure professionali. Potrebbe sembrare banale, ma la salute mentale ha bisogno delle stesse cure e attenzioni della salute fisica.
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