Il conflitto che ad oggi sta cambiando la storia, ha un importante tassello in comune con l’epoca fascista: il concetto di resistenza.
Davvero i cittadini ucraini sono i nuovi partigiani? E come viene strumentalizzato il concetto di resistenza in questo nuovo e moderno contesto?
Слава Україні!
Слава Україні! Slava Ukraini! Gloria all’Ucraina.
Quante decine, centinaia, migliaia di volte, il saluto (ormai divenuto grido) d’indipendenza sarà stato scandito, nel corso delle ultime tre settimane di combattimenti fratricidi?
Indipendenza? Fratricidi?
Ebbene sì, non tutti sapranno che il sopracitato slogan ucraino è in realtà apparso per la prima volta nel corso della guerra d’indipendenza ucraina del 1917, divenendo successivamente, con le guerre di Crimea e l’odierna invasione russa, un simbolo di resistenza conosciuto in tutto il mondo.
Ben più note sono invece, le motivazioni date dal presidente Putin in risposta al perché la Federazione Russa avesse deciso di invadere l’Ucraina:
“Non ritornerò mai indietro rispetto alla mia dichiarazione che Russia e Ucraina sono un unico popolo”
Ha affermato il tre marzo, inneggiando a uno spirito comune di fratellanza, in nome dei “vecchi tempi”, che accomuna i due popoli. Ed è stata forse questa la chiave di svolta della sempre più lenta avanzata russa: sottostimare il patriottismo e il legame tra un popolo e la propria bandiera.
Resistenza
Difatti le aspettative del Cremlino sul coinvolgimento da parte della popolazione per rovesciare il governo capitanato da Zelenskij, hanno dovuto fare i conti con un effetto boomerang di notevole impatto.
I video riguardanti la mobilitazione civile a fronte dell’invasione, hanno fatto il giro del mondo.
I primi gruppi civili ad aver imbracciato le armi sono stati i collettivi ultras delle squadre di calcio ucraine, molti dei quali affiliati al temutissimo battaglione Azov, il reparto militare speciale ucraino, inizialmente incaricato di stanare i collettivi filorussi all’interno del territorio nazionale.
Lo stesso battaglione, tra l’altro, che dopo i recenti avvenimenti è stato indicato dal Cremlino come principale responsabile dei crimini di guerra commessi negli ultimi otto anni dal governo ucraino verso i popoli delle regioni autonome del Donbass.
Dal punto di vista logistico, centinaia di cittadini ogni giorno vengono istruiti dalle truppe ucraine, seguendo le più basilari tecniche di combattimento militare, su come puntare e fare fuoco.
La chiamata alle armi volontaria, considerando la complessità dello scenario, non sembra aver escluso nessuno, minorenni e over sessanta inclusi – seppur, al momento, la chiamata sia divenuta obbligatoria per quasi tutti i cittadini di sesso maschile. Circolano immagini violente, che ritraggono volti di bambini e anziani impegnati a fronteggiare l’avanzata russa con ogni forza e mezzo possibile.
Singolari sono anche le disposizioni emanate dall’esercito ucraino ai residenti delle città attaccate, su come costruire bottiglie molotov incendiarie e in che modo adoperarle per mettere fuori uso carri armati e mezzi nemici.
Resistenza web
Vecchie forme di resistenza che s’intrecciano con le nuove. I fucili diventano computer: il campo di battaglia è internet. Il Protagonista assoluto dei “combattimenti web” delle ultime settimane è senza dubbio Anonymous, il collettivo mondiale di super hacker che si è schierato in prima fila con la resistenza ucraina.
Anonymous ha dichiarato di aver reso irraggiungibili oltre trecento siti russi, compresi quelli appartenenti al ministero della difesa, alle agenzia stampa e alle maggiori aziende del paese come Gazprom, leader mondiale per quanto riguarda le forniture di energia.
Piattaforme di comunicazione social come Telegram, invece, grazie alla loro difficile tracciabilità, sono tra le più utilizzate all’interno dei gruppi paramilitari, per quanto riguarda gli scambi d’informazione, le organizzazioni logistiche e le mosse strategiche da intraprendere. Il tutto, favorito dagli stessi proprietari delle piattaforme, apertamente schierati contro la politica del Cremlino.
Nelle ultime settimane le ostilità sul fronte web tra social e Federazione Russa hanno riscosso i seguenti sviluppi:
- Facebook ha vietato a tutti i media statali russi di sponsorizzare e di monetizzare con i loro contenuti.
- Mosca ha bloccato l’accesso a Twitter sul territorio russo
- In Russia, dal 14 marzo, è stato vietato l’accesso a Instagram
- Google ha bannato RT e Sputnik e i loro canali da Youtube: significativo nella disinformazione e nella propaganda filo-russa.
Conclusioni
Mai come oggi, l’Occidente e il mondo intero si riscoprono più connessi che mai. Le resistenze e i protagonisti fisici intrecciano i loro destini con le invisibili reti telematiche sopra le loro teste: anche un click può bastare a creare danni ingenti al nemico. Tempo e spazio non sembrano esistere o intaccare come prima le dinamiche della guerra.
Siamo in una nuova era, la e-résistance epòque. Dove man mano tutto diviene a portata di click. Persino la pace.
Fonti:
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