Informazioni, i social e il loro monopolio

I social e il monopolio delle compagnie private sulle informazioni personali stanno diventando un problema di fondamentale importanza se si pensa alla nascita dei social media.

Il mondo negli ultimi anni ha visto una grossa spinta verso la digitalizzazione.

Quest’ultima ha avuto un impatto notevole, non solo sulla vita di tutti i giorni, ma anche nel mondo economico: la digitalizzazione è una grande risorsa a favore delle imprese. Affidarsi a processi digitali e a un flusso costante di dati permette alle singole aziende di rimanere competitive sul mercato. L’inevitabile direzione digitale che l’intero pianeta oggi sta sperimentando e vivendo pone però anche dei problemi.

Il data mining

Secondo l’enciclopedia Treccani, il data mining è:

 l’insieme di tecniche e metodi per estrarre dati significativi ancorché impliciti, rispetto a un particolare scopo, da un database o comunque da una qualunque fonte informativa.

La disciplina è fortemente utilizzata nel marketing, dove la clientela viene divisa per tipologia in base alle sue abitudini, oppure per identificare tutti quei clienti non fidelizzati (costumer retriever).

Gli ambiti di applicazione poi spaziano dalla finanza, alle decisioni di ordine farmacologico in ambiente clinico, fino alla statistica, dove il data mining diventa fondamentale nelle indagini demografiche.

Il problema della privacy

Il processo del data mining ha la finalità di creare una serie di algoritmi sempre più precisi e, quindi, di ottenere indagini statistiche sempre più accurate. Il problema nasce qui: il data mining viene usato anche nel marketing, di conseguenza per organizzare una campagna pubblicitaria necessita di una serie di dati sul cliente.

Tutte queste informazioni che vengono estrapolate possono essere anche molto personali e possono non rispettare la privacy del cliente. La questione riguarda personalmente i social media: qualsiasi preferenza, anche il semplice like, può finire in una banca dati e contribuire a creare un profilo molto accurato.

Il caso simbolo: Cambridge analytica

La vicenda di Cambridge Analytica è uno scandalo che ha riguardato Facebook e la pratica del data mining.

La società fu fondata da un imprenditore statunitense, legato all’estrema destra degli Usa. La sua specializzazione era proprio quella del data mining associato al marketing. L’algoritmo creato dalla società poteva produrre pubblicità altamente mirata per ogni singolo individuo, quasi come se i likes messi dall’utente potessero tracciare un completo ritratto psicologico di ogni singola persona.

Cambridge Analytica fu in grado di compiere quest’azione grazie all’opera di Aleksandr Kogan, il creatore dell’applicazione This is Your Digital Life, in grado di creare un profilo psicologico degli utenti in base alle loro interazioni sui social. Per accedervi bastava effettuare il login con il proprio account Facebook.

Il secondo attore: Facebook

Il funzionamento dell’applicazione di Kogan rispettava le regole di Facebook: l’utente, infatti, accettava che alcune informazioni fossero lette dall’applicazione. Il vero problema sorse quando This is Your Digital Life di Kogan fu ceduta a Cambridge Analytica: i proprietari di app non possono per nessun motivo condividere con altre società i dati e le informazioni raccolte. Il noto social media, tuttavia, non agì in alcun modo per tutelare le persone.

Facebook si attivò in questo senso solamente in seguito all’autodenuncia di Cambridge Analytica, dopo che l’azienda di marketing venne messa a conoscenza della prossima pubblicazione di numerose inchieste portate avanti da una serie di testate giornalistiche, nel marzo 2018. Zuckerberg comparì in audizione al Congresso americano il 18 aprile 2018. Questo è l’evento che forse per la prima volta ha messo tutti davanti all’uso che le società possono fare dei nostri dati.

Cambridge Analytica e la propaganda su Facebook

L’azienda di Mayers utilizzò i dati ricavati dai profili Facebook per organizzare una campagna elettorale mirata, fabbricando  una serie di fake news su Hillary Clinton e creando una serie di account fasulli pro-Trump.

Nel 2017 Cambridge Analytica utilizzò la stessa tattica per favorire la campagna a sostegno della Brexit. Le informazioni di Facebook furono utilizzate per indirizzare fake news nei confronti dell’Unione Europea e dell’immigrazione. Una domanda sorge spontanea: il data mining e le informazioni personali che si trovano sui nostri social media, sono un pericolo concreto per la democrazia?

Per quanto riguarda l’intera vicenda di Cambridge Analytica il termine appropriato è quello di guerra ibrida:

strategia militare, caratterizzata da grande flessibilità, che unisce la guerra convenzionale, la guerra irregolare e la guerra fatta di azioni di attacco e sabotaggio cibernetico

La guerra ibrida non è solamente spionaggio, sono attacchi informataci condotti per destabilizzare un intero Paese. La propaganda e le fake news diffuse in Inghilterra per orientare il voto verso la Brexit ne sono il tipico esempio.

 

Fonti:

Treccani.it

Treccani.it

Intelligenzaartificiale.it

Bigdata4innovation.it

Ilpost.it

Agi.it


Crediti:

Copertina

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